Alberto Intini: “La qualità garantita delle analisi di laboratorio
e delle procedure è fondamentale. Abbiamo contatti con i nostri
omologhi nazionali e internazionali, con le Università, e con i grandi
studiosi di scienze forensi, per uno scambio che ci vede
sempre più in primo piano”
Alberto Intini, romano di 51 anni, è diventato il nuovo direttore del Servizio Polizia Scientifica. Un investigatore con la “i” maiuscola, ha iniziato la sua carriera dalla questura di Bolzano, passando al I° commissariato “Trevi-Campo Marzio”, alla Sala Operativa della Questura di Roma, fino alla Cooperazione Internazionale di Polizia della Direzione Centrale della Polizia Criminale per approdare, fino a qualche settimana fa a capo della Squadra Mobile di Roma.
Ha all’attivo numerose pubblicazioni, una in particolare “Investigazione di Polizia Giudiziaria” è un libro di testo di tutte le scuole di Polizia.
Lo incontriamo per Polizia e Democrazia.
Dalla Mobile alla Scientifica sembra un salto enorme, è veramente così?
Considero la mia esperienza alla Squadra Mobile di Roma molto funzionale alla gestione del Servizio Polizia Scientifica. L’attività investigativa è intimamente legata all’attività della Scientifica, e quest’ultima sarebbe inutile da sola. Due specificità, quella della “Mobile” e della “Scientifica”, in simbiosi e devono sempre di più cooperare strettamente.
Grazie alla mia esperienza precedente, penso di conoscere cosa la scientifica può dare, per implementare al massimo l’aiuto all’investigazione.
Da un po’ di tempo sembra che senza “prove” scientifiche le investigazioni non procedano…
Fino a 25-30 anni fa l’apporto della scienza alle investigazioni era veramente modesto, tutto era affidato all’acume investigativo, ora con gli ultimi sviluppi tecnologici, il ricorso alla Polizia Scientifica si è fatto costante ed in molti casi decisivo, perché fornisce all’investigatore indizi certi su cui basare le proprie ricerche.
Sia chiaro, l’investigatore è sempre determinante anche se, giornalisticamente, a volte, passa in secondo piano.
Quali cambiamenti ha in progetto di apportare in questo nuovo incarico?
La Polizia Scientifica ha una storia di oltre 100 anni, la sua composizione, in termini di risorse umane e di mezzi, è di alto livello, non ha bisogno di interventi strutturali. E’ ovvio che struttura e conoscenze dovranno sempre migliorare per stare al passo con il progresso scientifico, per mantenere gli elevati standard attuali.
C’è da sottolineare che il progresso, ormai, vive una dimensione internazionale, gli scienziati lavorano in collaborazione e si confrontano spesso i risultati ottenuti. Anche noi andiamo in questa direzione, sono anni ormai che abbiamo contatti con i nostri omologhi nazionali ed internazionali, con le Università e con i grandi studiosi di Scienze forensi, per uno scambio che ci vede sempre più in primo piano.
Con quali partner internazionali v’interfacciate di più?
A livello scientifico abbiamo rapporti con tutti i nostri omologhi internazionali, in alcuni casi per interscambi, soprattutto con i servizi di _Polizia Scientifica europei con particolare riguardo ai tedeschi, francesi ed inglesi, non dimenticando gli ottimi rapporti con le Agenzie statunitensi.
In alcuni casi forniamo addestramento nelle Scienze forensi ad altri, dell’area del Mediterraneo soprattutto.
Il Servizio Polizia Scientifica, per primo, si sta dotando di certificazione di qualità. Come mai questa scelta così innovativa per un Ente statale?
Una conseguenza del Codice di procedura penale italiano è quella di fornire, all’Autorità giudiziaria, fonti di prova che provengono da processi tecnico-scientifici che abbiano il più alto standard qualitativo possibile. Dobbiamo fornire un “prodotto” corretto, con una qualità garantita.
La qualità garantita, delle analisi di laboratorio e delle procedure, è fondamentale, soprattutto negli scambi con i nostri partner internazionali; si richiede un modo comune di processare e custodire i reperti, standardizzando i protocolli d’analisi. Tutto questo ha bisogno di un processo comune, controllato e garantito.
A quest’appuntamento non possiamo mancare, avere standard comuni significa avere risorse più ampie, una cosa è avere, ad esempio, una banca dati nazionale a cui poter attingere, diverso invece, avere accesso a quelle di tutta l’Unione Europea.
E’ dispiaciuto per aver lasciato la Mobile romana?
Dal punto di vista personale-affettivo, sicuramente sì. Ho lavorato per anni a contatto con persone splendide, un gruppo affiatato con cui ho diviso esperienze ed emozioni uniche, indimenticabili.
Quale sarà il futuro, dopo aver lasciato un ufficio così particolare, per approdare al comando della Scientifica nazionale?
La mia professione m’impone il cambio d’incarico dopo un certo lasso di tempo e io accetto di buon grado questa regola. Ho sentito il nuovo incarico come un’evoluzione dell’esperienza pregressa, un passaggio logico e significante, funzionale rispetto alla mia storia personale.
Considerando che dirigere il Servizio Polizia Scientifica rappresenta un mandato prestigioso, di alto livello di responsabilità e, speriamo, di soddisfazioni.
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