Con lo sviluppo industriale e lo sfruttamento della terra mediante l’agricoltura intensiva, sono aumentate le emissioni di gas nocivi nell’atmosfera, in particolare di anidride carbonica e di ozono, che hanno procurato la ritenzione di calore proveniente dalla terra impedendogli di defluire verso strati atmosferici più alti e creando così il famoso “effetto serra” con conseguente riscaldamento abnorme della superficie terrestre.
Questo procura anche l’innalzamento della temperatura del mare e l’espandersi di zone desertiche.
Oggi costatiamo che il clima è decisamente cambiato, le mezze stagioni sono quasi scomparse, l’inverno appena trascorso è stato un autunno che ci ha accompagnati alla primavera. Non sappiamo se questo tipo d’inverno diverrà una consuetudine o una eccezione. Secondo gli studi sul clima, effettuati dal Consiglio nazionale delle Ricerche, l’ultimo inverno è stato il più caldo degli ultimi 200 anni. Non si possono azzardare previsioni, ma attraverso dati scientifici questo fenomeno si può comunque definire una anomalia che comporta un cambiamento climatico. Nel 2003 l’estate è stata straordinariamente calda e questi eventi fanno sorgere una certa inquietudine.L’Istituto di Scienze dell’atmosfera e del clima, e l’interessamento sulle condizioni del pianeta di 2.500 scienziati, hanno prodotto un documento sul cambiamento climatico. Negli ultimi cinquanta anni l’aumento della temperatura è imputabile all’uomo e sarà l’uomo a risentirne le conseguenze.
Ondate di caldo e di freddo, alluvioni che si ripeteranno con sempre maggiore frequenza. Se l’ozono, che protegge il nostro pianeta, verrà distrutto, ne risentirà la nostra salute con il diffondersi di malattie infettive che colpiranno i più deboli.
Il riscaldamento globale può procurare, tra l’altro, l’istituzione di specie vegetali o mutamenti e spostamenti di piante verso altitudini maggiori. Uno studio di questo fenomeno tende a giustificare il comportamento di piante che tendono a cercare temperature più fresche che ne garantiscano la sopravvivenza.
Gli studiosi dell’argomento, Gilberto Pardo e Graziano Rossi dell’Università di Pavia, si sono interessati al fenomeno, giungendo alla conclusione che le piante migrano di circa 20 metri ogni dieci anni. A quote più basse, saranno fiori e alberi a soffrire progressivamente del mutato clima.
L’uomo, la vita e le sue attività sono influenzati dal clima del luogo in cui vive, ma se per sua negligenza cambiano i classici fattori climatologici (piovosità, soleggiamento, radiazioni solari) verrà compromessa la sua stessa esistenza.
Il pianeta Terra su cui viviamo ha bisogno di essere curato nelle sue varianti climatologiche senza abusare, per scopi economici, con pratiche che possono mutare la sua natura.
Lo studio per la preservazione del clima deve tendere a conservare temperatura, umidità, eccetera, per il controllo dei fenomeni termici, che garantiscono una vita sana, anche a costo di sacrificare i moderni confort artificiali ai quali ci stiamo abituando, ma che danneggiano la nostra salute, dimenticando la nostra salute, dimenticando il polmone verde dell’Italia che ci interessa sempre meno.
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