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Ottobre/2007 - Laboratorio
La solita storia...
di Massimiliano Valdannini

Chi mente? L’esecutivo ai suoi massimi livelli? I partiti della coalizione? Il tecnico governativo? Confindustria o l’Inps?
L’economista Luciano Gallino invita la stampa a pubblicare una tabella contenuta nel rapporto dove l’Inps risulta in attivo di 7 miliardi (2005) e negli ultimi sei anni ha fornito ben 42,5 miliardi al bilancio dello Stato, con chiara evidenza della sostenibilità del sistema pensionistico, e vien da sé che le risorse per tagliare lo scalone c’erano e ce ne erano tutte.
E’ assolutamente immorale scaricare sempre solo e soltanto sui lavoratori dipendenti e sui pensionati i dissesti finanziari dei governi che di volta in volta si avvicendano al timone dell’azienda Italia. Questa di tartassare i lavoratori e pensionati è una litania che si sopporta sin fa tempi atavici, ma nel medio periodo possiamo indicare, senza ombra di smentite, le date in cui lavoratori e pensionati hanno già dato. Non rammentare queste date è come negare di esser nati. Abolizione della scala mobile (1984-1992), riforma Dini (1995), riforma Amato (2000), riforma Maroni (2004), governo Prodi (2007) peggioramento della riforma Maroni.
Torno sempre a pormi la domanda sul perché ci stiano mentendo sapendo scientificamente mentire.
Le riforme che sempre ci hanno propinato quali eventi a favore dei lavoratori e dei pensionati, di fatto hanno favorito solo la grande industria, poteri forti e politici, che dall’indotto delle riforme e tagli al welfare traggono linfa vitale per i loro bisogni. Ogni governo, però, ha il suo eretico di turno.
Nel 2003 fu la volta del sottosegretario Alberto Brambilla che venne “sfiduciato” dall’allora ministro Maroni, per il solo fatto di aver affermato che la riforma del ’95 aveva funzionato e che i conti erano sostanzialmente in regola. Sfatando un altro luogo comune che voleva l’Italia più spendacciona sul tema delle pensioni rispetto alla media europea. Brambilla non fece altro che proporre una soluzione, e che null’altro è che quella che i sindacati invocano da sempre, sin dall’avvento della legge 88 del 1989, ma che nessuno ha mai portato a compimento e che consiste nella separazione delle spese per la previdenza da quelle per l’assistenza.
Ci sarà pure un perché se dal 1989 nessun governo ha sentito la necessità di effettuare questa separazione. Quale sarà?
Rimanendo sempre in tema di “eretici” anche l’attuale esecutivo ha i propri e che dai più (i media, parte della maggioranza e tutta l’opposizione) sono stati etichettati come “sinistra estrema”.
Gli attuali “eretici” stanno rivendicando cose diverse dall’esecutivo non solo e soltanto perché probabilmente hanno usato per i conti una calcolatrice differente rispetto a quella in uso al tecnico governativo, in uso a parte della maggioranza e a Confindustria, ma essenzialmente perché nel programma che l’Unione ha presentato alle sue elettrici e ai suoi elettori (da Prodi a D’Alema, da Veltroni a Marini, da Dini a Rutelli, da Mastella alla Bonino, da Capezzone a Damiano e a tutti gli altri esponenti dei partiti della coalizione “sinistra estrema” compresa) tra i tanti impegni assunti, vi era anche quello prioritario di abolire lo scalone Maroni senza se e senza ma.
Ora, ai partiti cosiddetti della “sinistra estrema”, ci si affanna a chiedere coerenza, senso di responsabilità, senso dello Stato. Ma la coerenza che l’Unione aveva ed ha nei confronti di noi tutti che abbiamo contribuito ad inviarli al governo della nazione, dove sta?
Ci sono altri argomenti che però non sembrano raggiungere mai le alte vette del potere, tipo le relazioni annuali della Corte dei Conti o dell’Inps. La Corte dei Conti ha giudicato l’evasione un vero e proprio scandalo. La Corte dei Conti non è il popolino lamentoso e piagnucoloso cui non sta mai bene nulla.
Anche su questo specifico argomento chi mente?
La Corte dei Conti per bocca del suo presidente Tullio Lazzaro ha dichiarato che l’evasione “è la più alta di tutto il mondo occidentale. Uno scandalo intollerabile a cui bisogna porre rimendio”. Probabilmente quanto dichiarato dall’alto magistrato contabile non credo fosse diretto ai lavoratori dipendenti e ai pensionati, perché di certo queste due categorie non possono provocare la voragine che ogni anno la Corte contabile non può fare altro che registrare e denunciare.
Lavoratori e pensionati non hanno vie di fuga per evadere, le loro buste paga sono un ghiotto bottino da dove attingere mese dopo mese sino all’ultimo centesimo.
Ma per l’alta Corte contabile la questione non termina di certo all’evasione, e nella sua relazione mette a nudo altre “criticità italiane” puntando il dito contro gli “alti livelli di corruzione” che ancora proliferano portando ad inevitabili “sperperi e sprechi”.
Nel 2003 si parlava di un’evasione fiscale di oltre 16.000 miliardi delle vecchie lire (3/4 di una Finanziaria), ma non si è fatto nulla per recuperare i danari sottratti allo Stato italiano. E’ per questo che è più facile controllare il ceto medio basso, applicando la pratica mai andata in disuso di essere forti con i deboli e decisamente deboli con i poteri forti.
Passando dalla Corte dei Conti all’Inps il passo è breve e pur essendo due entità diverse, le loro relazioni annuali pare che leggano uno stesso spartito. Non l’uomo qualunque, anche in questo caso, ma l’Inps per tramite i suoi alti funzionari ci dice che i fondi pensione 2007 Inps hanno un avanzo di circa 3,5 miliardi di euro. L’Inps, aggiunge anche un’altra cosa, che naturalmente l’esecutivo e i sostenitori dell’attacco dello stato sociale non dicono, ed è che il deficiti dell’Inps deriva dalla gestione di fondi impropri, come quella dei dirigenti di azienda che da solo ha un disavanzo di 2,8 miliardi di euro. L’Inps è un fiume in piena, e nella sua relazione prosegue indicandoci che l’evasione contributiva stimata è di circa 34 miliardi di euro nel solo 2006.
Non credo che questa enorme voragine possa e debba essere imputata a lavoratori a reddito fisso e pensionati. Però, questo buco, di Finanziaria in Finanziaria, viene scaricato sul fondo dei lavoratori dipendenti, che quindi non può che andare in rosso, e da qui le leggende metropolitane dei vari esecutivi che per risanare i bilanci dello Stato, devono necessariamente andare ad incidere sullo stato sociale, pensioni, stipendi, sanità, scuola, sicurezza, ecc....
Tagli allo stato sociale, mai però ai privilegi e agli abusi, e men che mai una seria politica per un recupero dell’evazione, che gli Enti, testè citati, con mera freddezza notarile, anno dopo anno, denunciano.
Studi di settore hanno portato a valutare l’esperienza dei Paesi angloamericani, rilevando che mentre da un lato si aumenta l’età pensionabile, dall’altro aumenta la precarizzazione ed il part-time nel settore occupazionale, portando conseguentemente ad un impoverimento delle pensioni.
Quella sulle pensioni non è un provvedimento di squisita natura previdenziale a tutela dei giovani ed anziani, ma è solo e soltanto un’operazione di recupero di danaro su fondi certi che sono stipendi, pensioni e tagli allo stato sociale, per risanare voragini che altri hanno creato.
L’esecutivo ascolta l’Europa per ritoccare pensioni e stato sociale, ma non prende minimamente in considerazione le relazioni annuali della Corte dei Conti e dell’Inps, grazie alle quali emergono chiaramente da dove arrivino i disavanzi. Se l’esecutivo riuscisse, una volta tanto, ad invertire la tendenza del prelievo impositivo, riuscendo a recuperare i 16.000 miliardi del 2003, il disavanzo del 2006 dei dirigenti di azienda pari a 2,8 miliardi di euro e l’evasione contributiva del solo 2006 pari ad altri 34 miliardi di euro, probabilmente sarebbe in grado di mantenere gli impegni sottoscritti nel programma.
Mi sto accingendo a chiudere il pezzo e mi rendo conto che solo alcuni dipendenti a reddito fisso ed alcuni pensionati saranno chiamati a pagare l’ennesimo sacrificio, chiesto dall’esecutivo, dall’Europa e da Confindustria.
Nel n. 33/2007 del settimanale “l’Espresso” si affrontano le caste d’Italia, nel caso specie il personale di Montecitorio e di Palazzo Madama, sperando che prima o poi il settimanale affronti altre caste, tipo il Quirinale, Palazzo Chigi, Banca d’Italia e così via.
“L’Espresso”, nel suo articolo, sviscera stipendi, ma non è la prima volta che ciò accade, e mettendo a nudo i salari di alcuni dipendenti dei due rami del Parlamento che riescono a guadagnare più del Presidente della Repubblica, più dei Presidenti dei due rami del Parlamento, più dei Ministri in carica, mentre altri dipendenti, sempre di Camera e Senato, con mansioni prettamente manuali, hanno stipendi più alti di quello di un “magistrato o di professori universitari ordinari a tempo pieno”.
Altro privilegio emerso è che i dipendenti presi in esame, con meccanismi vari, possono andare in pensione al compimento del 50° anno con ricchi scatti (che di fatto sostituiscono la vecchia scala mobile sottrata a tutti gli altri lavoratori dipendenti) e corpose indennità e “con criteri di conteggio di sfacciato favore”, mentre l’esecutivo e i poteri forti continuano a invocare l’innalzamento dell’età pensionabile, ben oltre i 60 anni, e senza alcun benefit in termini positivi per il lavoratore.
Ma non finisce qui! I dipendenti di Camera e Senato, nonostante le varie riforme che hanno colpito tutti i dipendenti pubblici e privati, vanno in pensione con il 90% delle competenze tabellari (gli altri lavoratori pubblici si devono accontentare di circa l’80%). Non tralasciando inoltre una clausola d’oro, che personalmente definirei di platino, che è quella della pensione dei dipendenti di Camera e Senato che rimane sempre agganciata al salario dei dipendenti rimasti in attività di servizio.
A giudicare dalla levata di scudi, dopo l’inchiesta de “l’Espresso”, a difesa dei privilegi dei dipendenti di Camera e Senato, vien da sé spontanea la constatazione che anche in questo caso sia stato usato il metodo dei due pesi e delle due misure, mettendo alcuni dipendenti pubblici e alcuni pensionati al riparo della scure dei vari esecutivi, ed altri messi sul piatto dei condannati al sacrificio perenne e continuo.
Anche in questa occasione l’esecutivo ha dimostrato che sarà pronto a spremere una parte di popolo, lasciandone indenne un’altra, ritenendo carta straccia l’art. 3 della nostra Costituzione, laddove è prevista l’uguaglianza tra i cittadini e l’obbligo per la Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, ed il successivo art. 53 che recita: “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”.
Pertanto, il rispetto del patto racchiuso nelle 281 pagine, chiamato Programma dell’Unione 2006-2011, dopo un anno, ancora non c’è stato.
Il mio voto, assieme a quello di tante altre elettrici ed elettori, non è consistito soltanto nel sacrificare una domenica e nell’andare al seggio per mettere una crocetta, ma è stato un atto importante di delega che abbiamo fornito in virtù di un “programma” sottopostoci, da noi accettato, ed in particolar modo da voi sottoscritto, approvato e quindi divenuto vincolante per i cinque anni di governo dell’Unione.
Noi lo abbiamo accettato, ma su come attuarlo e su come arrivare a dei risultati non è un nostro problema. Voi avete avuto la nostra delega, ma alla luce dei fatti tale fiducia non sembra essere stata ben riposta.
A tutt’oggi vale più un bisbiglio di Confindustria, che milioni di crocette depositate nelle urne, da elettori che sentono irrimediabilmente di essere stati traditi.

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