Pubblichiamo alcune parti della sceneggiatura
del film di Giuseppe Ferrara su Guido Rossa,
l’operaio comunista e sindacalista dell’Italsider,
ucciso dai brigatisti nel 1979. Tra gli interpreti
Massimo Ghini (Guido Rossa), Anna
Galiena (Silvia Rossa), Marco Tognazzi (Riccardo
Dura), Mattia Sbragia (Mario Moretti).
Sceneggiatura di Giuseppe Ferrara
con la collaborazione di Daniele Aliprandi
All’alba del 24 gennaio 1979 in via Fracchia a Genova il brigatista rosso Roberto Dura è appostato con altri due compagni in attesa che il sindacalista e operaio dell’Italsider Guido Rossa esca da casa per andare al lavoro. Tre mesi prima Rossa ha denunciato un suo collega di lavoro, Francesco Berardi, per aver diffuso volantini delle Br all’interno della fabbrica. Arrestato e processato per direttissima, Berardi è stato condannato a 4 anni e mezzo di carcere. Alle 6 e 40 Rossa appare in via Fracchia e fa per salire sulla sua 850, quando uno dei tre brigatisti gli spara alle gambe, così com’aveva stabilito il comitato esecutivo dei terroristi. I tre si allontanano, lasciando il sindacalista ferito all’interno della sua auto. Ma Dura ha un ripensamento. Torna alla 850 e uccide Rossa.
Nella storia del brigatismo rosso, che l’anno precedente ha eliminato Moro dopo aver sterminato la sua scorta, questo epidosio ha un significato particolare. Per la prima volta un rappresentante della classe che le Br vorrebbero al potere si è ufficialmente e duramente opposto ai loro disegni; e per la prima volta questo rappresentante del proletariato viene dai brigatisti ferocemente assassinato. Con l’omicidio di Rossa le Br firmano la loro inadeguatezza, la loro immaturità politica. Un’ondata di sdegno e di rabbia scuote la classe lavoratrice del Paese che, partecipando unanime ai funerali di Rossa - duecentocinquantamila presenze da tutta Italia sotto una pioggia battente - esprime la più ferma condanna del terrorismo, e ne segna l’inevitabile dissoluzione. Interpretando tempestivamente questo giudizio, il presidente Pertini, a feretro ancora aperto, appunta sul petto di Rossa la medaglia d’oro al valore civile.
Guido Rossa, Roberto Dura. Il film vuole raccontare in parallelo, mettendole a confronto diretto, le rispettive vicende nei mesi precedenti il loro tragico incontro. Si tratterà di seguire passo per passo l’attività di un sindacalista mentre normalmente dentro l’ambiente di lavoro vive le sue giornate costruttive, e l’attività di un eversore che all’opposto tenta eccezionalmente di logorare, corrodere, mettere in crisi l’ordinamento democratico. Il confronto tra i due sistemi di vita, tra le due ideologie, tra le due prospettive, risulterà in modo schiacciante a favore dell’operaio sindacalista. Lo spettatore vivrà momento per momento i veri frammenti di due esistenze antagoniste; e senza moralismi o riflessioni paternalistiche sarà indotto a scegliere, a giudicare. Ne verrà una lezione di tipo storico soprattutto diretta ai giovani.
Nell’attuale difficile congiuntura, nella quale ancora si fanno sentire i colpi di coda del brigatismo rosso, un film su Guido Rossa, che è anche un film sulla funzione e sul ruolo vitale del sindacalismo, si qualifica indiscutibilmente utile e necessario.
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Genova - Ingressi Italsider
est. giorno
Guido Rossa sta entrando insieme a decine di operai in uno degli ingressi principali dell’Italsider (stabilimento Oscar Sinigaglia di Cornigliano) quando all’improvviso qualcuno lo chiama per nome con voce alterata:
Primo operaio - Guido, hanno rimesso gli striscioni!
Guido Rossa - Porca puttana! Va’ ad avvertire subito il sindacato!
Mentre l’operaio corre ad un portone (di un palazzo adiacente ai cancelli dell’Italsider) dove campeggia il cartello del sindacato (Fim-Fiom-Uilm), Rossa si dirige velocemente verso un altro ingresso (Camperia). Subito vede appoggiati al muro di fronte alla portineria alcuni lunghi striscioni rossi (circa 10 metri), con imponenti scritte nere e la stella a cinque punte: In uno si legge: “Individuare e colpire i berlingueriani servi dei padroni”, e sotto, più piccolo, “Brigate rosse”. A terra, sotto gli striscioni, pacchi di ciclostilati.
Sopraggiunge il Sindacalista accompagnato dall’amico di Rossa.
Guido Rossa (al Sindacalista): “Li hanno fatti ancora più grandi!”
Il Sindacalista si ferma davanti agli striscioni.
Sindacalista: “Belin!... Questa cosa deve finire...”
Segretario sezione: “Vengono di notte quei bastardi...”
Guido Rossa: “Forza, leviamoli!”
Mentre Rossa, il Sindacalista, il segretario e altri compagni in fretta cominciano a togliere sia gli striscioni che i volantini, più lontano vicino all’ingresso arriva in bicicletta un operaio magro e barbuto sui 40 anni, Francesco Berardi, che frenando di botto (con stridore) si rivolge sorridente a un compagno che sta entrando.
Francesco Berardi: “E se gli striscioni li avessi messi anch’io?”
L’operaio scuotendo la testa prosegue.
Berardi guarda verso Rossa e gli altri (intenti ad arrotolare) poi ricomincia a pedalare velocemente ed entra in fabbrica.
Francesco Berardi: “Altroché, ci vorrebbero i partigiani! Pistaaaa!”
Sindacalista (avvolgendo uno striscione): “Ho già avvertito la Digos, verranno a sequestrarli...”
Guido Rossa: “Ora portiamoli al Consiglio di fabbrica”.
Un secondo operaio ha raccolto una pagina dei ciclostilati e, rivolgendosi al Sindacalista e Rossa (che stanno già portando via gli striscioni:
Secondo operaio: “Ce l’hanno proprio con voi, eh...”
Sindacalista: “Ci apposteremo di notte, formeremo dei gruppi che sorveglino la fabbrica a turno...”
Segretario sezione: “E’ pericoloso, quelli sparano!”
Inserto subliminale n. 1 - Un sequestrato dalle Br ha appeso al collo un cartello con la scritta: “Colpirne uno per educarne cento”. (Bianco e nero).
Guido Rossa: “Se sparano agli operai con chi la faranno la rivoluzione?”
Guido va via sovraccarico con uno striscione arrotolato in spalla:
Guido Rossa (ai compagni): “Su, sbrighiamoci!”
All’improvviso sopraggiunge, a bordo di una 600, Silvia Rossa, una bella donna sui 40 anni.
Secondo operaio: “Guido, c’è tua moglie!”
Guido si volta verso l’auto che ormai gli è arrivata vicino.
Silvia Rossa (ironica): “Ma che ci fai con quella roba?”
Guido Rossa: “E tu che sei venuta a fare? (accennando ai festoni che tiene in braccio) Le solite Br dell’ostia!”
Silvia gli porge una macchina fotografica.
Silvia Rossa: “Vado, se no poi in ufficio...”
Guido Rossa: “Aspetta!”
Silvia ferma l’auto. Guido la raggiunge e, nonostante l’impaccio dei festoni che gli occupano le braccia, si protende per baciarla.
Guido Rossa: “Meno male che ci sei tu!” (la bacia)
Silvia Rossa (accennando ai festoni): “Ma nessuno che t’aiuti?”
Guido Rossa: “Sì, sì! Cesare, mi dai una mano?”
Silvia Rossa (ripartendo e portando la voce): “Stai attento, Guido!”
Capannone dell’officina centrale
int. giorno
Guido - tuta blu, cappellino verde con visiera - avanza tra i banchi dell’officina con Renato Gabbi, il quale commenta il testo del volantino Br che tiene in mano.
Sindacalista (leggendo): “...il sindacato Cgil dell’Italsider, cinghia di trasmissione della linea Berlinguer, è diventato il complice dei disegni di ristrutturazione della fabbrica voluti dall’azienda ai danni della classe operaia..., eccetera eccetera...”
Guido Rossa: “Non capiscono che per far uscire l’Italsider dalla crisi dobbiamo acconsentire alla ristrutturazione, che vuol dire ammodernare gli impianti. La colata continua, per esempio: si dovranno sostituire i vecchi Marti-Siemens con i nuovi Obm...”
Sindacalista: “Ma loro certe cose proprio non le capiscono... Si tratta di essere realisti, non complici dei padroni”.
Guido Rossa: “Vanno avanti a slogan... Applicano ai fatti un marxismo schematico...”
Un terzo operaio interrompe Guido mentre sta passando a fianco del suo tavolo di lavoro, dove troneggia una foto di Enrico Berlinguer.
Terzo operaio: “Guido, non te la prendere! Quelli sono bacati in testa! Berlinguer (lo indica) resta sempre il migliore...”
Guido Rossa (sorridendo): “Ma il migliore non era Togliatti!?”
Terzo operaio: “Berlinguer ti voglio bene!” (ride)
Rossa e il Sindacalista ridendo sono giunti al tavolo di Franco Piana, che subito si rivolge a Guido.
Franco Piana: “Allora, domenica si va a scalare la montagna?”
Guido Rossa: “Certo... Solito appuntamento alle 5.30 sotto casa tua!”
Mentre il Sindacalista resta a parlottare con Piana, Rossa raggiunge il suo bugigattolo di vetro (ricco di piccoli cassetti, attrezzi speciali, di strumenti di precisione) dove un operaio lo sta aspettando.
In un angolo del bugigattolo si nota un crocefisso, ancora non finito, composto da piccoli frammenti di metallo.
Quarto operaio: “Ciao Guido...”
Guido Rossa: “Ciao.”
Quarto operaio: “Senti... Il caporeparto insiste che l’altro ieri sono stato troppo tempo a fumare al gabinetto... (Rossa lo guarda) E’ che ho dei problemi con mia moglie, sono nervoso...”
Rossa, mettendosi al lavoro al tornio, taglia corto:
Guido Rossa: “Quando uno è sfruttato e indossa la tuta, ha sempre ragione... E poi, se avessi la cacarella, non potresti stare un po’ più al gabinetto?”
Quarto operaio: “Ci parli tu col caporeparto?”
Guido Rossa: “Sì, stai tranquillo!”
Il quarto operaio fa per allontanarsi, ma subito Rossa aggiunge:
Guido Rossa: “Oh, senti... e con tua moglie vedi di metterci una pezza...”
L’operaio scuote la testa, dubbioso.
Quarto operaio: “Eh, sì...”
Rossa lo guarda in modo esortativo. L’operaio perde l’aria dubbiosa.
Quarto operaio: “Sì, sì!”
Rossa si mette a lavorare al suo piccolo banco.
Pt.a Genova - Covo delle Brigate
rosse - est. giorno
Un uomo sui trent’anni, Roberto (Riccardo Dura), viso forte e risoluto, percorre un crocevia di un tipico quartiere genovese, arriva ad un portoncino al piano terra, apre con una chiave che sceglie in un mazzo ed entra in un appartamento.
Qui, alla presenza dell’enigmatico Vecchio (Mario Moretti) e del pesante e placido Lucio (Rocco Micaletto) (presiede al centro) è in corso una riunione della colonna genovese. Roberto si siede accanto a Nora (Fulvia Miglietta), una trentenne dai tratti decisi.
Lucio (come concludendo): “...e poi quegli stronzi della Cgil hanno consegnato i nostri striscioni alla Polizia politica. Però almeno metà degli operai li hanno letti e commentati”.
Roberto: “Rimettiamoli domani”.
Il Vecchio (con atteggiamento da leader): “No, aspettiamo. Gli striscioni devono essere una sorpresa, un richiamo, non un’abitudine. Stanotte possiamo gettare altri volantini in fabbrica”.
Lucio: “Sì, per me va bene. Tutti d’accordo?” - (Brusio di consenso).
Senza farsi scorgere Nora stringe la mano a Roberto.
Il Vecchio: “Nora, ti occupi tu dei volantini?”
Nora annuisce. Il Vecchio si alza.
Il Vecchio: “Compagni, vi devo presentare il nuovo regolare che abbiamo ammesso la scorsa riunione. Sta di là”.
Roberto: “Lavorava con me al porto... Che mazzo ci facevamo!”
Il Vecchio apre la porta della stanza attigua e introduce Eros (Adriano Duglio), un giovane sui 28 anni dall’aria impacciata.
Il Vecchio: “Lui è Eros. Lo conosco dal ’68”.
Eros si siede.
Nora: “Eros, come sai noi lavoriamo su tre fronti: fabbriche, controrivoluzione e logistico. Avrai un ruolo in uno dei tre fronti. Quello delle fabbriche è già coperto...”
Eros: “Meno male, mi sono rotto i coglioni di stare con gli operai...”
A quest’uscita c’è un attimo di imbarazzo. Nora lo fulmina con lo sguardo.
Nora: “La classe è la classe”.
Eros: “Beh, a me piacerebbe operare nel fronte della controrivoluzione, studiare e capire i piani della borghesia...”
Roberto (si scalda): “Guarda che non è che tu arrivi fresco fresco e decidi! C’è un grosso lavoro da fare sul fronte logistico, ci mancano ancora le armi...”
Nora (seda gli animi): “A quelle ci penso io. Eros, per il momento ti occuperai delle falsificazioni”.
Roberto: “Lo sai quanti documenti falsi ci vogliono per scamparla se ti ferma la Polizia su un’auto rubata?”
Eros scuote la testa in senso negativo.
Roberto: “Ce ne vogliono otto”.
Valico confine tra Italia e Francia
est. tramonto
In un paesaggio altrettanto bello, Roberto, il Vecchio e Nora, ansando, procedono con sulle spalle dei grossi zaini di tela (evidentemente pesanti) su un sentiero nascostro tra le rocce di Passo di Camà. Stanno tornando in Italia. Ad un certo punto, troppo stanchi, si fermano.
Nora: “Se ci beccano?”
Il Vecchio (sarcastico): “C’è sempre una prima volta... (Poi stempera) Tranquilla, se serve abbiamo le armi”.
Roberto: “Lei non ha mai sparato...”
Il Vecchio: “Anche per questo c’è sempre una prima volta...”
Dura apre il suo zaino che contiene due kalashnikov. Ne prende uno. Lo quarda soddisfatto.
Roberto: “E’ l’inizio della lotta armata!...”
Nora: “La lotta armata comincerà solo quando riusciremo a far imbracciare le armi agli operai...”
Il Vecchio: “Ecco un’altra che parla come un libro. Abbiamo letto tutti Mao, tesoro... una compagna che ha letto bene Mao! (si mette in allarme come se avesse intuito un pericolo) Ssssss! Eccoli...”
Immediatamente i tre si infrattano tra i cespugli con gli zaini. Compaiono due guardie di confine, armate. I tre brigatisti, ben nascosti, hanno impugnato le pistole.
Prima guardia: “Quando arriviamo al rifugio mi faccio un bel grappino...”
Seconda guardia: “Cammina, cammina”.
Le due guardie passano vicino al Vecchio, che tiene la pistola spianata. Nora, sdraiata sul ventre, appoggia l’arma davanti al viso e congiungendo le mani si mette a pregare in silenzio. Le due guardie si avvicinano alla ragazza.
Nora (voce mentale): “Mio Dio, ti prego, ti prego, ti prego: fà che non debba usare la pistola...”
Roberto sbircia fra le frasche e vede Nora che sta pregando a mani giunte con la pistola appoggiata al suolo. I due uomini sono arrivati molto vicino alla brigatista. Nora smette di pregare e afferra la pistola. I piedi delle guardie sono nell’angolo visuale della ragazza. Lei punta la pistola. Roberto continua a sbirciare. Le guardie sorpassano Nora senza accorgersi di nulla.
Come i due spariscono, Roberto si drizza in piedi e rotea il mitra con aria esaltata.
Roberto: “Viva i compagni di Parigi!”
Nora (guardando là dove sono sparite le guardie): “Ssssss!”
Il Vecchio (bonario): “Mettilo via, dai!”
Roberto ubbidisce. I tre brigatisti a passo veloce riprendono il cammino nella direzione opposta a quella delle guardie.
Stanzino ufficio Rsa di Rossa
(Italsider) - int. giorno
Guido Rossa appende i ritagli di vari quotidiani relativi all’assassinio di Coco e della sua scorta nella bacheca sistemata davanti al suo stanzino-ufficio Rsa (Rappresentante sindacale aziendale) sotto gli occhi di un gruppo di operai che stanno commentando l’avvenimento.
Primo operaio: “Secondo me quel giudice se l’è un po’ voluta! Ti ricordi che mentre le Br minacciavano di uccidere quel suo collega sotto sequestro, lui si è opposto alla liberazione degli 8 brigatisti?”
Guido Rossa (mentre appende i ritagli): “Non poteva fare altrimenti. E poi se è per questo anche i cubani si rifiutarono di dare asilo politico a quegli 8 criminali...”
Segretario sezione: “Sì e lo sai perché? Perché Berlinguer era intervenuto personalmente su Fidel Castro promettendogli 50 trattori Fiat se non avesse accolto gli 8 brigatisti! Ecco perché!”
Tutti si mettono a ridere.
Primo operaio: “I Che guevarini nostrani non li volle nemmeno mamma Cuba...!”
Ancora risatine.
Guido Rossa: “Guardate che non c’è niente da ridere... (prende un ritaglio) Sentite qua: ‘La strage di ieri è una vendetta dimostrativa: vedete come siamo forti, come siamo micidiali, noi lo Stato lo facciamo a pezzi quando vogliamo...’”
Quarto operaio: “Lo Stato ha le sue colpe, non spetta a noi difenderlo!”
Quinto operaio: “Noi non dobbiamo stare né con lo Stato né con le Br...”
Guido Rossa: “Perché? Questo è lo Stato venuto fuori dalla resistenza al fascismo, con la Costituzione più bella d’Europa... e noi ce lo facciamo massacrare dalle Br!”
Quinto operaio: “E’ lo Stato della borghesia, non lo Stato dei proletari!”
Guido Rossa: “Bravo compagno! Innesta la retromarcia! Lo sai perché la Costituzione comincia dicendo che la nostra Repubblica è fondata sul lavoro?”
Quinto operaio: “Perché?”
Guido Rossa: “Perché 12.000 lavoratori antifascisti vennero deportati nei lager e perché furono gli operai a salvare le fabbriche alla fine della guerra...”
Durante le ultime due battute squilla il telefono all’interno del piccolo ufficio. Risponde il terzo operaio.
Terzo operaio: “Pronto... Ah, sì... Guido, c’è un problema in direzione. Vogliono licenziare un operaio...”
Guido Rossa: “Vado. Però con te (rivolto al quinto operaio) vorrei discutere ancora un po’. Stasera aspettami all’uscita...”
Covo delle Brigate rosse
int. notte
E’ in corso una riunione di sette brigatisti tra cui Nora, Roberto, Eros, Lucio ed il Vecchio.
Nora: “Gli stiscioni sono pronti. Tocca decidere quando piazzarli davanti ai cancelli dell’Italsider”.
Il Vecchio: “Molto bene. Prima però facciamo un altro lancio di volantini. I documenti a che punto sono?”
Nora: “Roberto...”
Roberto: “Il laboratorio elettronico è quasi pronto”.
Lucio (rivolto al Vecchio): “Senti... Eros vorrebbe parlarti in privato”.
Il Vecchio (rivolto a Eros): “Non c’è nulla da nascondere ai compagni. Quindi parla pure davanti a tutti...”
Eros (imbarazzato e esitante): “Ecco, è che...”
Il Vecchio: “Ti ascoltiamo...”
Eros: “Mio padre si è ammalato... Non posso più...”
Il Vecchio (anticipandolo): “Vuoi uscire dalla clandestinità?”
A sorpresa Roberto, che fino a quel momento era stato zitto, si alza in piedi.
Roberto: “Per me chi lascia l’organizzazione è un uomo morto!... (Tira fuori una pistola, arma il cane e la punta alla tempia di Eros, afferrandolo per la camicia) Io ti potrei fare secco in quest’istante, lo sai? Che cazzo hai in testa?! La crisi del capitalismo è ormai cosa fatta e tu vorresti tornare a casa da babbo e mamma?”
Eros: “Riccardo, aspetta, hai ragione...”
Riccardo Dura: “Che dobbiamo fare noi? Dillo! Dillo forte o sparo! (Eros esita, Dura lo incalza) Che dobbiamo fare!?”
Eros: “Noi... dobbiamo... con la lotta armata raccogliere i frutti maturi del capitalismo cadente...”
Riccardo Dura: “Ecco, così!”
Nora: “Roberto, se qualcuno se ne vuole andare, se ne va e basta. Nessuno è costretto a restare...”
Roberto: “Ma che dici?! Se uno è un Br resta Br per sempre! Quando abbiamo scelto la lotta armata abbiamo scelto un vincolo immenso di idee, di sangue, di progetto...”
Nora: “Ma le scelte devono rimanere libere”.
Roberto: “Però di uno che se ne va in questo modo ci si può fidare?”
Il Vecchio: “Finiamola. Garantisco io per lui. Non ci tradirà”.
Roberto rimette la pistola nella fondina. Poi si alza di scatto, si dirige veloce alla porta, la apre e la sbatte con violenza.
Il Vecchio si alza, riapre la porta, raggiunge Roberto che gli volge le spalle.
Roberto si gira. Si guardano.
D’improvviso Roberto, commosso, lo abbraccia con slancio. Il Vecchio, impassibile, non contraccambia l’abbraccio.
Appartamento sequestro
via Pomposa - int. illuminato
Piero Costa, nel suo lettuccio all’interno della tenda, suda e smania. Una manetta gli fissa la mano alla spalliera e un’altra la caviglia al fondo del giaciglio. All’improvviso comincia a sbattere con forza l’anello della manetta sulla spalliera di ferro.
Nella stessa stanza a ridosso della tenda: un Pp di Roberto. Non dorme, ha gli occhi spalancati. E’ nel letto matrimoniale, ora rifornito di coperte e lenzuoli, insieme a Nora, che invece dorme abbracciata a lui.
Il rumore si fa sempre più insistente.
Nora (svegliandosi): “Dio mio... Vai a vedere che vuole...”
Roberto: “Gli devi dare più sonnifero, la sera”.
Scende dal letto con uno scatto nervoso. Prende il cappuccio.
STACCO
Piero Costa vede aprirsi la tenda ed entrare l’incappucciato.
Roberto: “Riccone del cazzo che non scuci una lira, si può sapere che cazzo vuoi?”
Piero Costa: “Non riesco a dormire, non ce la faccio più”
Roberto: “Ma anch’io non riesco a dormire, cosa credi che mi diverto?”
Piero Costa: “Ho un mal di testa!”
Roberto: “Oh bello! Qui a tutti fa male qualcosa!”
Piero Costa (soffrendo): “Le manette mi stritolano!”
Roberto: “La colpa è di tuo zio! Che sarà per lui un miliardo e mezzo! Il fatto è che a lui di te non gliene frega un cazzo...”
Dopo qualche istante in cui sembra che Piero Costa stia decidendo di parlare o meno:
Piero Costa (sempre sofferente): “Ma no, non è così. Non dipende da mio zio. E’ tutto in mano all’assicurazione”.
Roberto: “Cosa??”
Piero Costa: “Ogni membro della famiglia Costa ha una polizza antisequestro per il valore di un miliardo e 300 milioni presso i Lloyds di Londra...”
Roberto: “E ce lo dici adesso?”
Piero Costa: “E’ che c’è una clausola speciale... Il pagamento può essere liquidato solo se il sequestro dura minimo quaranta giorni...”
Roberto: “Ecco perchè lo zio non si fa vivo!”
Piero Costa: “Dio, come mi fa male la caviglia!”
Roberto (divenendo quasi affettuoso): “Lo sai che mi fai pena davvero? Anche a me incatenavano quando stavo sulla Garaventa, sai, la nave delle torture, la chiamavano correzionale!”
Gli toglie la manetta legata alla caviglia. Gli fa un leggero massaggio sul livido. Costa si lamenta debolmente. Roberto ritorna ad irritarsi.
Roberto: “Ricordati che questa è la prima e l’ultima volta che te la tolgo! E datti una regolata!”
Sezione del Partito Comunista
(viale Narisano) - int. notte
La sezione è piena di fumo e affollata all’inverosimile. Ci sono Guido Rossa, Renato Gabbi, il Segretario della sezione e Rita. Ai muri ritratti di Gramsci e Togliatti. Sta parlando il Segretario della sezione.
Segretario sezione: “Ma sapete dov’è il pericolo? Che qualcuno all’Italsider in fondo approvi l’attività dei Br e che forse anche tra noi ci sia chi gli strizza l’occhio!”
Si leva un brusio di sdegnata protesta.
Rita: “Sei un provocatore!”
Segretario sezione (sorride riportando la calma con un segno delle mani): “Lo so, lo so, compagni. Però il rischio è che in fabbrica si passi da un’approvazione generica alla militanza vera e propria...”
Sindacalista: “Ma il sindacato vigila costantemente. Su centoventi delegati all’interno dei reparti settanta sono iscritti al partito. Rossa, che informazioni ci puoi dare del tuo reparto?”
Guido Rossa: “Io ti posso dire che nel mio reparto non c’è nemmeno il sospetto che ci siano dei fiancheggiatori! Io non sono un parlatore, però noi delegati finora abbiamo risposto colpo su colpo ai tentativi di infiltrazione... Il Consiglio di fabbrica ha deciso di raccogliere eventuali volantini e opuscoli Br e poi consegnarli ai servizi di vigilanza”.
Segretario sezione: “Va bene, ma non dobbiamo mai abbassare la guardia. Tutti i compagni che lavorano all’Italsider tengano gli occhi aperti e riferiscano qui o al sindacato sui colleghi che ritengono sospetti...”
Guido Rossa: “C’è qualcuno che ha informazioni da dare?”
Tre dei presenti alzano la mano.
Sindacalista: “Alla fine della riunione venite da me”.
Segretario sezione: “Lo dico e lo ripeto sempre. Non c’è solo da informare. Bisogna stare attenti a come ci si comporta... Noi comunisti dobbiamo essere un esempio, un punto di riferimento per gli altri lavoratori...”
Brusio di assenso.
Rita: “Sì, però i giovani si aspettano qualcosa di più...”
Appartamento sequestro
via Pomposa - int. illuminato
Il Vecchio passa davanti a Nora che sta appendendo a svariati fili molte banconote da centomila lire. La ragazza le prende da una tinozza piena d’acqua. In tutte le stanze Lucio e altri brigatisti stanno appendendo banconote.
Il Vecchio: “A che punto siete?”
Nora: “Abbiamo lavato quasi la metà dei soldi...”
Il Vecchio si mette il cappuccio ed entra nella tenda dove Roberto (anche lui incappucciato) sta liberando Piero Costa, pallido ma sorridente, dalle manette. Costa ha una barba lunghissima.
Piero Costa: “Vi ringrazio. Grazie”.
Roberto: “Ringrazia tua sorella suora, è attraverso di lei che siamo riusciti ad avere il denaro... anche se hanno provato a fotterci con la polverina luminosa...”
Piero Costa: “La polverina?”
Il Vecchio: “Lascia perdere”.
Roberto inizia a coprire gli occhi di Costa con del cerotto autoadesivo.
Piero Costa: “Posso farvi una domanda?”
Il Vecchio: “Parla”.
Piero Costa: “Tutto questo perchè? Volete scatenare una guerra civile?”
Roberto ride sarcastico.
Il Vecchio: “Se abbiamo scelto la lotta armata è perché ogni altra strada per una nuova società ci è stata preclusa”.
Roberto: “Noi siamo solo un’organizzazione di propaganda armata che verifica modi e forme di un passaggio che non saremo noi a stabilire...”
Piero Costa: “E chi lo stabilirà?”
Roberto copre gli occhi di Costa incerottati con un paio di occhiali da sole.
Roberto: “Le masse, no? Su, ti riportiamo a casa”.
Il Vecchio e Roberto prendono Costa a braccetto e lo portano fuori dalla tenda.
Il terzetto, con Costa che cammina imbambolato, attraversa le stanze infiocchettate di banconote. Passando davanti a Nora, Roberto si alza il cappuccio e le fa delle boccacce grottesche. Nora gli lancia un’occhiata di rimprovero scuotendo la testa.
Stanzino ufficio Rsu di Rossa
(Italsider) - int. giorno
Rossa ha appena appeso nella bacheca i ritagli dell’Unità (relativi alla liberazione di Piero Costa e al megariscatto pagato alle Brigate rosse) che vede passare il dirigente dell’Italsider a cui ha promesso il crocefisso di frammenti metallici.
Guido Rossa (affacciandosi): “Direttore! Direttore, venga!”
Il direttore va verso di lui. Guido rientra nell’ufficetto e ne esce con un crocefisso tra le mani.
Guido Rossa: “Direttore, ho preparato un dossier sulle condizioni ambientali del capannone. E’ ora che la fabbrica si metta in regola con la nocività e la sicurezza...”
Intanto il direttore ha preso il crocefisso dalle mani di Rossa.
Direttore: “E’ un’opera d’arte... grazie!”
Guido Rossa: “Guardi che non è un regalo, è un monito. Alcuni di questi frammenti, quando sono schizzati roventi dagli altiforni sono finiti nelle carni degli operai...”
Inserto subliminale n. 5 - Un frammento rovente schizza dall’altoforno (repertorio) e ferisce il dorso della mano di un operaio.
Guido Rossa: “Mi piacerebbe che questo oggetto ricordasse che la fabbrica produce soprattutto dolore e morte e che, non mi prenda per moralista, amore e giustizia continuano ad essere messi in croce...”
Il dirigente si fa serio e guardando il crocefisso:
Direttore: “Lo terrò presente, Rossa... Lo terrò presente...”
Guido Rossa: “Allora, per il dossier, ci vediamo domani?”
Direttore (interdetto): “Ah va bene, certo, venga venga (comincia ad allontanarsi) Allora, l’aspetto domattina...” (se ne va rapido col crocefisso, tenendolo in alto).
Ristorante all’aperto - Piazza
di Recco (Genova) - est. giorno
Siamo davanti a un bar di Recco, in una piazza deserta.
Roberto e Valentino siedono a un tavolino bevendo un’aranciata. Gli si avvicinano due uomini: “Lucio” Micaletto e un personaggio mai visto finora: un quarantenne stempiato dall’aria intellettuale, il Professore.
Lucio: “Lui è il Professore. E’ ancora un irregolare ma ci sta dando una mano”.
Roberto: “Come l’hai avuto il contatto con l’operaio?”
Professore: “Tramite l’avvocato...”
Lucio: “Io vi devo lasciare, il mio treno parte fra venti minuti. Professore, ascolta quello che ti dicono”.
Professore: “Ci rivedremo?”
Lucio: “Non lo so. Forse fra sei mesi”.
Si allontana di qualche passo, quando Roberto lo richiama.
Roberto: “Lucio!”
Lucio torna al tavolino.
Roberto: “Sai come dicono a Cuba in questi casi? Suerte!”
Lucio (sorride): “Suerte anche a voi!”
Roberto: “E ricordati che comunque a quegli stronzi un miliardo e mezzo gliel’abbiamo fottuto!”
Mentre se ne va, Lucio risponde alzando il dito pollice. Roberto attacca a parlare.
Roberto: “Allora Professore, il contatto con l’operaio è importante. Perché se non entriamo nelle fabbriche i proletari perdono la speranza della rivoluzione, visto il tradimento del Partito Comunista e l’appoggio che dà alla ristrutturazione. Se riusciamo a portare gli operai dalla nostra parte arriveremo allo scontro duro col Pci. (una pausa) Come si chiama l’operaio?”
Professore: “Francesco Berardi”.
Inserto subliminale n. 6: Berardi che disegna la stella Br nella vecchia forneria dell’Italsider: (Bianco e nero).
Roberto: “Lo conosco, militava in Lotta Continua”.
Valentino: “Farà quello che gli diciamo?”
Professore: “Credo sia abbastanza affidabile”.
Una pausa. Il cameriere porta un caffé. Roberto riattacca a parlare.
Valentino: “I berlingueriani ci temono... tutti ci temono. Hanno paura, sanno che stiamo entrando in fabbrica e preparano le difese per fermarci. Ma non ci fermeranno”.
Professore: “E come farete?”
Roberto: “Come farete? Come faremo! Tu pensi di non fare?”
Uno sguardo fra i due.
Roberto: “E’ venuto il momento di dare una bella sveglia agli operai. Cominciamo dall’Ansaldo, abbiamo individuato il cervello principale della ristrutturazione che è anche un pezzo grosso del Pci. Lo azzoppiamo come i cavalli. Così non può più correre... (al professore) E ci sarai anche tu...”
Un Pp del Professore.
Genova - Via Corsica
est. tramonto
L’ingegner Castellano esce dall’Italsider di via Corsica. Qualcuno lo sta osservando. E’ Nora, al volante di un’auto.
L’ingegnere cammina tranquillamente sul marciapiede senza farci caso. All’improvviso Valentino, il Professore e Roberto escono da un’auto posteggiata e cominciano a sparargli alle gambe. L’uomo cerca di fuggire.
Valentino: “Guarda che scappa, prendilo!”
Altre detonazioni, Castellano cade a terra. Il capo brigatista si avvicina e gli spara altri colpi (in tutto, nove proiettili a segno). Fuggi fuggi dei presenti, mentre i brigatisti si dileguano.
Castellano rimane a terra insanguinato e dolorante.
Salone del teatro aziendale
int. giorno
All’Italsider è in corso un’assemblea operaia. Proclamato uno sciopero di protsta. I vari interventi si succedono in un montaggio rapido.
Sindacalista: “Colpendo Castellano le Br hanno voluto colpire due figure: il dirigente industriale e il militante comunista. La sua colpa sarebbe stata quella di salvare l’Ansaldo con la ristrutturazione per farne un caposaldo del Partito Comunista, del revisionismo... Non capiscono che la ristrutturazione non è né rivoluzionaria né revisionista, è una necessita!”
Primo operaio: “L’Ansaldo non si ristruttura per eliminare le avanguardie, per colpire le organizzazioni proletarie, ma perché non sia tagliata fuori dal mercato mondiale, per non chiudere! Se non si ristrutturasse, se si chiudesse, addio classe operaia e addio avanguardie!”
Guido Rossa (legge da un appunto): “La ristrutturazione industriale in realtà non è il vero nemico delle Br. Il vero nemico è il Partito Comunista, il caposaldo più teminile, perché mette in guardia sulla vera natura del terrorismo: una mina per la democrazia. Col ferimento di Castellano si sta verificando un incontro, se non il fondersi, dei terroristi neri con quelli rossi...”
Genova - Scuola di formazione
superiore - est./int. sera
Nora e Roberto suonano il campanello. Appena entrati estraggono le pistole. Sono seguiti da Valentino e da Lucio.
Irrompono nella direzione dove sono il prof. Peschiera e quattro impiegati (tra cui una segretaria).
Roberto: “Mani in alto e contro il muro! Forza, o vi ammazziamo tutti!”
I cinque atterriti ubbidiscono. Valentino si avvicina a Peschiera, lo fa voltare e gli appende un cartello al collo dove è scritto: “Servo dello Stato imperialista e delle multinazionali”.
Nora scatta rapida due foto col flash.
Peschiera: “Ma che c’è scritto?”
Nora: “La verità!”
Peschiera: “Perché giovani come voi arrivano a questo?”
Roberto: “Contro il potere borghese non c’è altra risposta...”
Mentre Nora infila in un borsone documenti, agende, schedari, si accorge che a Peschiera tremano le gambe.
Nora: “Professore, se è stanco può appoggiarsi al termosifone...”
Peschiera: “No, non sono stanco...”
La segretaria, ancora con le mani in alto, si volta.
Segretaria di Peschiera: “Ma insomma, io devo dare il latte alla bambina tra un quarto d’ora!”
Roberto: “Stia tranquilla, ci sbrighiamo subito...”
Roberto fa un cenno e tutti velocemente escono dalla stanza.
Roberto si inginocchia davanti a Peschiera e gli spara alle gambe quattro colpi. Peschiera cade riverso lamentandosi.
Anche Roberto scompare. La segretaria si mette a urlare e a piangere.
(SEGUE)
NELLA FOTO: IL REGISTA GIUSEPPE FERRARA DURANTE LE RIPRESE DEL FILM
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