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Agosto-Settembre/2007 - Contributi
Accade nel Cocer...
di Giuseppe Fortuna

“Una giornata nera per chi sta cercando di conquistare più diritti e più spazi di democrazia all’interno degli ambienti militari”. Questo il commento del luogotenente della Guardia di Finanza Salvatore Trinx, al termine di una riunione del Cocer Interforze a dir poco burrascosa. Con grida, accuse di scorrettezze e violazione delle regole e perfino con qualche spintone.
Tutto questo perché, stando a quanto affermato dai sostenitori della sindacalizzazione, una maggioranza di soli 22 delegati su 63 ha fatto passare, in tutta fretta, senza alcuna discussione e in spregio delle regole concordate, un documento per la Commissione Difesa del Senato in cui c’è scritto che i Cocer non vorrebbero il sindacato e che il personale preferirebbe una rappresentanza interna agli apparati, non troppo dissimile dall’attuale.
Ma facciamo un passo indietro per spiegare meglio cos’è avvenuto.
Siamo a marzo 2007. Il Cocer Interforze è in audizione dalla Commissione Difesa del Senato. Gli viene chiesto un documento con le linee-guida alle quali dovrebbe essere improntato, secondo i rappresentanti del personale con le stellette, il nuovo sistema di tutele dei militari.
Il Cocer costituisce un “gruppo di lavoro” fatto da tre delegati per sezione (Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri e Guardia di Finanzia), per un totale di quindici componenti. Lo presiede un ufficiale dei Carabinieri, il colonnello Francesco Azzaro. Altri delegati delle Fiamme Gialle sono il colonnello Bruno Bartoloni, il luogotenente Salvatore Trinx e l’appuntato Daniele Tisci.
Vengono stabilite le regole di funzionamento del gruppo. Tre sottogruppi, con l’incarico di analizzare le soluzioni presenti in Europa, di individuare le idee per la possibile soluzione italiana e di stendere un documento conclusivo da approvare democraticamente, a maggioranza. Tale documento dovrà subito dopo essere presentato all’assemblea plenaria del Cocer Interforze per l’ulteriore discussione da parte di tutti i 63 delegati che compongono l’organismo con conseguente votazione.
Già all’inizio si palesa la spaccatura tra chi spinge per una soluzione marcatamente sindacale (è il caso di Guardia di Finanza e Aeronautica Militare) e chi vorrebbe riproporre organismi meramente interni (soluzione che sembra prevalere tra i delegati di Esercito, Marina e Carabinieri). Comunque la discussione procede e si aprono spazi per trovare un punto di equilibrio tra le due posizioni.
Poi però succede qualcosa. C’è una accelerazione improvvisa e i delegati anti-sindacato si riuniscono all’insaputa dei colleghi di Finanza e Aeronautica. Il risultato è uno schema di documento che esclude decisamente ogni ipotesi di sindacato. E tutto ciò senza che vi sia stata alcuna discussione.
Lunedì 28 maggio: finanzieri e avieri sono convocati all’improvviso. “Bisogna far presto - viene detto loro - il Comitato ristretto della Commissione Difesa si riunirà giovedì 31, e vogliono da noi il documento con le linee-guida”. Si apprende anche che l’assemblea plenaria del Cocer Interforze è già stata convocata per mercoledì 30.
Partono le prime vibranti proteste contro quello che ha tutta l’aria di un colpo di mano. Che si sta cercando di portare a compimento violando tutte le regole concordate, oltre ai più elementari principi di correttezza e di democrazia bypassando la discussione. “I testi sono due, non potete saltare il confronto” - sostengono gli esclusi. “Bisogna votare immediatamente” - ribattono gli altri. E la seduta termina con il plateale abbandono della riunione da parte dei sei dissidenti.
Il giorno dopo cominciano a circolare voci sui motivi di tanta sospetta sollecitudine: un accordo sarebbe stato raggiunto tra due autorevoli senatori degli opposti schieramenti, i quali avrebbero convenuto sull’esigenza di chiudere la “pratica Cocer” in tutta fretta e nel modo gradito agli Stati Maggiori. Tutto ruoterebbe - si dice - intorno alla proposta di legge del diessino Gianni Nieddu, preparata da un generale in pensione dell’Aeronautica che da anni è inserito a fianco dei responsabili della Difesa e Sicurezza dei Ds. Il generale è noto negli ambienti della rappresentanza e dell’associazionismo per la sua netta contrarietà non soltanto a ogni ipotesi di sindacato, ma persino al semplice diritto di associazione tra militari. In più, dopo il cambio d’incarico dell’onorevole Minniti (oggi viceministro dell’Interno), avrebbe acquisito all’interno del partito un ruolo, un peso e un’influenza ancora maggiori sui parlamentari della Quercia inseriti nelle Commissioni Difesa.
Questa, in sintesi, la strategia: accogliere due o tre richieste minori delle linee-guida, già edulcorate, del Cocer Interforze e far passare il resto del disegno di legge Nieddu così com’è.
Il confronto riprende mercoledì 30 maggio in assemblea plenaria. Viene presentato il documento dei delegati di Esercito, Marina e Carabinieri e mai discusso con i colleghi di Finanza e Aeronautica.
Ma non sono stati fatti i conti con la caparbietà degli esclusi, che nel frattempo hanno serrato le fila. Riesplodono le critiche. Ancora più serrate, precise e circostanziate. Il fronte opposto comincia a sfaldarsi, sorgono le prime perplessità e i distinguo. Alla fine, un delegato della Marina fa un passo indietro e dichiara di voler discutere punto per punto il documento. Scoppia la bagarre. Viene tolta la parola al marinaio. Frasi concitate, al limite degli insulti. Urla e addirittura qualche spintone.
Molti delegati se ne vanno. Escono dall’aula anche Minervini e Bartoloni, visibilmente contrariati. Il presidente Rossi si accorge che la situazione gli sta sfuggendo di mano, sospende la riunione e convoca i presidenti di sezione per cercare una soluzione. E’ l’ora di pranzo quando si chiede ai presenti di rientrare in aula. Si vuole verificare il numero legale per far approvare ugualmente il documento costi quel che costi. Dalla conta risultano presenti 32 delegati su 63: la metà più uno degli aventi diritto. Pochi, troppo pochi per partorire un documento dignitoso. Ma tecnicamente si può votare.
Si decide di andare ai voti. Ma va peggio di quanto ci si aspettasse: 8 contrari, 2 astenuti, e 22, soltanto 22, a favore. I “dissidenti” però non hanno alcuna intenzione di mollare. Faranno comunicati, mobilitano la base contro quello che viene definito “un inciucio vergognoso”: un passaggio fondamentale per centinaia di migliaia di lavoratori che si vorrebbe far decidere da un terzo degli aventi diritto.
La notizia comincia a diffondersi. Ai colleghi di Finanza e Aeronautica iniziano subito ad arrivare attestati di solidarietà dei delegati di Coi e Cobar. Tra i primi, quelli di alcuni delegati del Coir Carabinieri Palidoro, protagonista di un duro confronto finito sulla stampa nazionale con il Cocer dell’Arma. E proprio sul tema della sindacalizzazione.
“Tenete duro”, è il messaggio che giunge all’unisono, la battaglia per i diritti e per la democrazia è soltanto all’inizio e va combattuta uniti.

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