In questa intervista Franco Bonato, sottosegretario
del ministero dell’Interno, affronta i problemi
del rapporto tra Istituzioni e cittadini. Esiste
una tendenza al rinnovamento, e in alcuni
campi sono stati compiuti notevoli
progressi, ma occorre adattare ulteriormente
le strutture dell’evoluzione dei fenomeni sociali
Lei è sottosegretario per l’Interno. Nella vulgata più diffusa, il ministero dell’Interno è essenzialmente il ministero della Polizia. In realtà le sue competenze sono molto più ampie, e toccano molti aspetti della vita del Paese, aspetti “interni”, appunto. A lei sono affidate la Direzione centrale dei servizi elettorali, la Direzione centrale della finanza locale, e la Direzione centrale per i servizi demografici. Tre temi fondamentali per ogni cittadino, dall’esercizio attivo della democrazia alla vita quotidiana. Praticamente, come sono strutturate, e come vengono applicate queste funzioni ministeriali?
Le attribuzioni di competenza del ministero dell’Interno riguardano settori fondamentali e vitali per il Paese, anche oltre la tradizionale funzione di Polizia.
Penso non solo alle mie deleghe, che riguardano solo una parte dell’organizzazione amministrativa degli Enti locali, ma anche, ad esempio, alla Protezione Civile, ai Vigili del Fuoco, alle altre funzioni che completano l’intero spettro delle esigenze organizzative ed ordinamentali dei Comuni, delle Province delle città metropolitane.
Questa articolazione di competenze, storicamente riconosciute all’Amministrazione dell’Interno, è andata di pari passo con lo sviluppo politico ed istituzionale del Paese, fino al definitivo riassetto in armonia con i principi democratici della nostra Costituzione repubblicana.
Accanto alla tradizionale funzione di controllo si sono così affermate, ampliate e , nel tempo, evolute, tutte le funzioni di amministrazione civile, con maggiore permeabilità ai cambiamenti ed alle trasformazioni stesse della società italiana.
Le materie di mia competenza rappresentano proprio il cuore dell’amministrazione civile del ministero dell’Interno, o, almeno, quella parte che più è conosciuta dai cittadini perché trova concreta rappresentazione agli sportelli dei servizi demografici dei Comuni.
L’intera organizzazione centrale dei servizi elettorali, demografici, di stato civile e soprattutto la gestione di gran parte dei trasferimenti erariali a favore delle autonomie locali, passa attraverso l’attività normativa, statistica, amministrativa degli Uffici del Ministero.
In queste Direzioni amministrative si concentrano le banche dati ed i supporti legali e tecnici che consentono un ordinato ed omogeneo esercizio del servizio demografico nel territorio.
Va da se che la riforma del titolo V° della Costituzione, il processo di regionalizzazione dell’intero assetto delle autonomie locali improntato sulla loro autonomia e sulla parità con gli altri poteri costituzionali, cambia radicalmente il ruolo dell’amministrazione civile dell’Interno.
Se la vecchia legge comunale e provinciale traeva spunto da un rapporto di sovraordinazione gerarchica tra le varie Amministrazioni dello Stato, almeno dal 1990 in poi non è più così.
La crescente autonomia delle Regioni e degli Eell impone all’azione dell’esecutivo un ripensamento sul proprio ruolo, che non può più essere improntato su un criterio di rispondenza gerarchica, ma che si basa sul principio, costituzionale, di leale collaborazione tra vari livelli istituzionali. Per questo il ministero dell’Interno, sicuramente nelle materie che riguardano la mia delega, assume soprattutto una funzione di servizio, di coordinazione e di formazione, al fine di garantire lo svolgimento efficiente ed omogeneo di funzioni concretamente svolte dagli enti locali.
La stessa finanza locale, con i processi di federalismo fiscale, si avvia verso una nuova struttura ed una nuova ispirazione.
In questo contesto si sono sviluppati i nostri interventi a sostegno della formazione degli operatori demografici dei Comuni, la creazione di reti telematiche per la gestione e circolazione dei dati, il supporto tecnico a tali banche dati.
Primario è anche il ruolo del Ministero nell’introduzione della carta d’identità elettronica, che funge da traino alla completa digitalizzazione dell’attività certificativa e dell’intera Amministrazione pubblica, oltre che rappresentare un servizio efficiente ed innovativo a favore dei cittadini.
Lei è stato funzionario statale, sindacalista nella Federbraccianti, partecipando alle lotte contadine nel Veneto degli anni ’70, vice sindaco di San Stino di Livenza, vice presidente dalla Provincia di Venezia: in che modo queste esperienze, apparentemente diverse, concorrono tra loro a formare quella che potremmo definire “esperienza di governo”?
Aggiungerei, non per vezzo, ma perché parte integrante del mio bagaglio personale, il mio impiego in qualità di funzionario comunale.
Tutte le mie esperienze professionali, sindacali, politiche ed amministrative, hanno un unico denominatore comune: il rapporto con la gente, con i suoi problemi, dai più piccoli a quelli più grandi, legati allo sviluppo ed alla programmazione del territorio.
Credo che questo senso di vicinanza al cittadino, l’acquisizione sul campo dell’esperienza necessaria alla risoluzione dei suoi problemi concreti, siano elementi che permettono di esercitare l’azione di governo, nel mio campo intendo, intanto con cognizione di causa, in secondo luogo con una certa sensibilità verso il “basso”, senza troppo incedere sulle pesantezze burocratiche, infine, restando libero da un certo formalismo, che spesso induce a fare scelte incomprensibili, quando non grottesche. Penso ad esempio al modo in cui si sono congelati gli avanzi di amministrazione degli Enti locali, senza tenere in minimo conto le ricadute, dirette ed indirette, sulla complicatissima e variegata trama della finanza locale nel nostro Paese.
Quando venne eletto deputato fece parte della Commissione consultiva per l’attuazione della riforma amministrativa. Ritiene che una tale riforma sia realizzabile a livello parlamentare? Da che cosa deriva il fatto che in Italia – a differenza di altri Paesi europei, come la Francia e la Germania – la burocrazia, dall’unità a oggi, non abbia mai funzionato correttamente e efficientemente? Si tratta di un congenito, inguaribile, difetto nazionale
Intanto sarei cauto nel dire che la Pubblica amministrazione nel nostro Paese non ha mai funzionato correttamente ed efficientemente.
Questo senso indifferenziato di inefficienza non risponde a realtà e finisce col colpire, in primo luogo ed indiscriminatamente, gli stessi lavoratori pubblici, in secondo luogo getta un discredito, forse non del tutto meritato, sulle nostre Istituzioni.
Nella Pubblica amministrazione in Italia ci sono cose che non vanno e cose che invece funzionano, come ovunque. Io credo, ad esempio, che i processi di semplificazione amministrativa, la stessa ultima riforma della legge sul procedimento e sull’accesso agli atti, l’attività di sportello, diffusa capillarmente attraverso gli oltre ottomila Comuni del nostro Paese, l’esperienza degli sportelli unici, la pratica consolidata delle conferenze di servizio, siano tutte testimonianze di una Pubblica amministrazione che tende al rinnovamento. Per non dire dei passi da gigante fatti negli ultimi anni in materia di e-government. Io stesso nell’ambito del Ministero ho trovato professionalità alte, di eccellenza, ma lo stesso potrei dire di centinaia di impiegati comunali o provinciali.
Il problema è dei tempi di adattamento della Pubblica amministrazione all’evoluzione dei fenomeni sociali ed istituzionali.
Mi pare di tutta evidenza che se si va verso una devoluzione di poteri alle Regioni e nella direzione di una completa autonomia degli Enti locali, l’intero assetto della pubblica amministrazione e soprattutto i suoi livelli centrali, dovrà ripensarsi in termini di adeguatezza, efficacia ed efficienza.
Naturalmente la modernizzazione della Pubblica amministrazione, va sostenuta con adeguate iniziative tese alla formazione e riqualificazione delle risorse umane, alla riorganizzazione degli apparati e degli Uffici, con interventi tecnologici e normativi. Una sola osservazione, concludendo: a mio avviso sarebbe un errore leggere questo processo, pur necessario, alla luce di una sorta di efficientismo tecnocratico, quasi il problema fosse quello di assumere le modalità e procedure tipiche dell’aziendalismo.
Anche nei suoi processi di rinnovamento la funzione della Pubblica amministrazione, rimane soprattutto quella di curare gli interessi della collettività e di offrire un valido supporto ai processi democratici e di partecipazione attiva alla gestione della cosa pubblica.
Lei ha anche la delega per le politiche del personale civile. Ritiene possibile attuare in tempi relativamente brevi dei miglioramenti nell’attività del suo Ministero? E come?
Vorrei chiarire che la mia delega alle politiche del personale civile del ministero si riduce agli aspetti eminentemente finanziaria. Quindi, in realtà. Ben poco posso dire o fare su una reale politica del personale. Vorrei però segnalare e tenere in conto l’esigenza manifestata da molte lavoratrici di questo Ministero per avere un’assistenza più adeguata nella conciliazione dei loro compiti professionali con il ruolo familiare.
Non crede che studiare e cercare di attuare una profonda riforma della macchina amministrativa, non trascurando i diritti e i doveri dei dipendenti pubblici, sarebbe un fatto autenticamente “rivoluzionario”, forse il primo per dare ai cittadini fiducia nelle Istituzioni?
Credo che sia vero. Lo dicevo già prima. I cittadini giudicano lo Stato e le Istituzioni, prima ancora che per una scelta di campo ideologica, per quello che essi fanno nel rendere migliore la qualità della vita, a partire dalla quotidianità. Insomma , l’immagine della democrazia è la proiezione di quella della Pubblica amministrazione, che in concreto, quotidianamente, agisce nei confronti della società civile.
Va da sé che una cattiva amministrazione è lo specchio di una cattiva democrazia.
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Franco Bonato
E’ nato a Rosario Di Santa Fè (Argentina) il 4 marzo 1950, coniugato con 2 figli.
In passato ha ricoperto le cariche di vice sindaco del Comune di San Stino di Livenza e di vice presidente della Provincia di Venezia. Proclamato deputato il 29 aprile 1996 nella Circoscrizione VIII Veneto 2 - Collegio 03 "Venezia - Mira" con il sistema maggioritario, è stato componente della V Commissione permanente Bilancio dal 27 ottobre 1998 e componente della Commissione parlamentare consultiva in ordine all'attuazione della riforma amministrativa ai sensi della legge 15 marzo 1997, n. 59 a far data dal 26 maggio 1997.
Ha presentato due proposte di legge come primo firmatario: "Disciplina degli interventi di salvaguardia di Venezia" e "Disposizioni per il trasferimento ai Comuni dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato".
Attualmente ricopre l'incarico di Sottosegretario di Stato per l´Interno con delega per le materie di competenza del Dipartimento per gli affari interni e territoriali relative alla Direzione centrale dei servizi elettorali, alla Direzione centrale della finanza locale e alla Direzione centrale per i servizi demografici. Al Sottosegretario Bonato sono altresì delegate le materie di competenza del Dipartimento per le politiche del personale dell'Amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie relative alla Direzione centrale per le risorse finanziarie e strumentali e all'Ufficio per i sistemi informativi automatizzati.
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