Cinecittà, ovvero la fabbrica dei sogni, e di un mito che, sia pure con sembianze diverse, resiste ancora. La struttura, che doveva essere la prima fabbrica del cinema europea a ciclo completo, era stata inaugurata il 28 aprile 1937, alla presenza di Benito Mussolini: progettata e realizzata dall’architetto Gino Peressutti e dall’ingegnere Carlo Roncoroni, la “città del cinema” si estendeva su una superficie di 600mila mq, con 73 edifici, 16 teatri di posa, 40mila mq di strade e piazze, 35mila mq di giardini, e tutti i reparti tecnici necessari alla produzione e alla realizzazione di un film, dal ciak iniziale allo sviluppo del negativo e alla stampa della prima copia. L’impulso dato alla produzione cinematografica nazionale è notevole: in sei anni, fino all’estate del 1943, a Cinecittà saranno realizzati trecento film. E’ l’epoca dei “telefoni bianchi” - che tenta, con risultati spesso non eccelsi, di imitare le commedie hollywoodiane - , ma nei teatri di posa lavorano anche registi come Alessandro Blasetti, Luigi Camerini, Vittorio De Sica, Roberto Rossellini, Luchino Visconti.
L’8 settembre 1943 il panorama cambia. Roma è occupata dai tedeschi, e il neonato governo fascista trasferisce una parte degli impianti a Venezia, nei padiglioni della Biennale, nei giardini di Castello, e alla Giudecca. Le SS e la Gestapo trasformano Cinecittà in un campo di concentramento, e dopo la liberazione della Capitale gli edifici saranno adibiti a rifugio per gli sfollati.
Finita la guerra, Cinecittà riprende a vivere, grazie anche ai registi americani che arrivano dalla grande rivale californiana. Ma il merito della rinascita va anzitutto alla perizia e all’ingegnosità degli artigiani romani – una specie purtroppo in via di estinzione – che sanno creare con prodigiosa rapidità scenari colossali e realistici che ricostruiscono quasi magicamente l’antica Roma, l’Egitto dei Faraoni, la Venezia dei Dogi. Nasce la “Hollywood sul Tevere”, con un vorticoso accompagnamento mondano internazionale del tutto nuovo. Un fenomeno che Federico Fellini descriverà in “La dolce vita”, con l’emblematico bagno di Anita Ekberg nella Fontana di Trevi.
Anche quell’epoca è tramontata, ma Cinecittà rimane fedele al suo ruolo. Privatizzata e trasformata, dalla metà degli anni ’90, in Cinecittà Studios, gestita dagli otto soci di Cinecittà Holding Spa: Aurelio De Laurentis (Filmauro Srl), Vittorio Merloni (Fineldo Spa), Diego Della Valle (Gimar Srl), Vittorio Cecchi Gori (Cecchi Gori Group Fin.Ma Vi Srl), Robert Haggiag (Dear Cinestudi Spa), EfiBanca Spa, Istituto Luce Spa. La Cinecittà di oggi ha 22 teatri di posa, isolati acusticamente, climatizzati, dotati di tutte le più sofisticate tecnologie per gli effetti speciali, e il teatro 5, che può raggiungere le dimensioni di 40x80 metri, è il più grande d’Europa; complessivamente i teatri dispongono di 280 camerini e uffici, 21 sale trucco, 82 atelier per artigiani e magazzini. Vi è inoltre una grande piscina, con un fondale largo 80 metri, e per le riprese esterne è disponibile uno spazio di 10 ettari nei pressi del lago di Bracciano. E, inevitabilmente, Cinecittà è dotata anche di impianti scenici per le riprese delle fiction televisive, come “Il Grande Fratello”.
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