Non si tratta del cast
di un reality show, ma
delle mille statue
di rifiuti compattati e
riutilizzati dall’artista
tedesco Ha Schult, che
il 21 marzo scorso
hanno pacificamente
invaso Roma.
Ricordandoci che siamo
ciò che consumiamo. Rifiuti.
Annunciati da una campagna pubblicitaria che avvertiva soltanto della loro imminente invasione (“Stanno arrivando...”), i Trash People sono arrivati per la prima volta in Italia, “occupando” uno dei luoghi più importanti della Capitale, piazza del Popolo. Mille figure ad altezza d’uomo (1.80 m), realizzate con l’assemblamento e la compressione di materiali di scarto industriali e rifiuti urbani come lattine, tastiere di computer, scatole e vecchi circuiti elettrici. Una spettacolare provocazione che rappresenta in maniera dissacrante la società di oggi e il suo consumismo vorace: viviamo nell’era dei rifiuti, produciamo rifiuti e diventiamo rifiuti. I Trash People, quindi, sono un’immagine di noi stessi.
Nato nel 1939 e cresciuto fra le rovine di Berlino, Schult ha frequentato l’Accademia d’arte a Düsseldorf; nel 1960 ha inventato neologismi come Macher e Biokinetik, termini divenuti estremamente rappresentativi della nostra società. Da annoverare tra gli artisti ecologici della prima ora, la sua attenzione è focalizzata sull’ambiente e sull’impatto che il nostro modo di vivere ha su di esso.
E’ stato il primo artista europeo ad affrontare gli squilibri ecologici: dal 1968 partecipa attivamente alle iniziative ambientaliste, riuscendo di continuo a raggiungere la coscienza della gente portando nelle piazze i temi rimossi dall’opinione pubblica. Dal 1996, spazzatura e rifiuti industriali sono diventati un’opera monumentale in viaggio per tutto il mondo: i Trash People hanno fatto tappa in alcuni tra i luoghi più rappresentativi del pianeta, utilizzati come cassa di risonanza per l’urgente messaggio del problema ecologico. Dalla Grande Muraglia cinese (2001), ai piedi delle piramidi egiziane a Giza (2002), dal monte Cervino a un’altezza di 2800 metri (2003) alla profondità di 880 metri, nella salina di Gorleben (2004), l’esercito colorato di Schult concluderà il suo viaggio nel 2008, dopo una sosta a New York e in Antartide.
In questa sorta di Odissea contemporanea, quella romana ha rappresentato, a detta di Schult, una tappa di eccezionale importanza: la Capitale, infatti, è un luogo estremamente suggestivo, in cui l’antico e il moderno si congiungono, offrendo una meravigliosa scenografia che amplifica, proprio nel segno del contrasto, il messaggio ecologico.
E in effetti, arrivando a piazza del Popolo, l’impatto dell’istallazione è indubbio: la forza di ogni singola scultura si moltiplica nell’imponenza della moltitudine, che cattura gli occhi con i suoi colori sgargianti, per costringerli a mettere a fuoco una sterminata quantità di immondizia. Quella che produciamo noi, con il nostro consumo dissennato, con il quale riempiamo il nostro pianeta come se ne esistesse un altro in cui trasferirci.
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