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Settembre-Ottobre/2011 - Immagini e Cultura
Arte
Carl Andre: “I miei lavori non spiegano il mondo, lo cambiano”
di a cura di Giulio Sarchiola

CARL ANDRE
a cura di Roland Mönig e Letizia Ragaglia
dal 17 settembre all’8 gennaio.


Carl Andre è il padre fondatore della Minimal Art, una leggenda vivente che con le sue opere radicali ha rivoluzionato il concetto di scultura e influito fortemente sullo sviluppo dell’arte del XX secolo. Pochi mesi prima dal conferimento del prestigioso premio della Roswitha Haftmann Stiftung, il Museion di Bolzano ha inaugurato una importante mostra all’artista americano, la prima celebrazione museale per l’Italia. Il percorso ci fa scoprire più di venti sculture, opere di medie, piccole e grandi dimensioni, dalla fine degli anni Cinquanta ad oggi, provenienti da collezioni pubbliche e private, che sono presentate al piano terra e al quarto piano di Museion. Tra le grandi istallazioni dell’artista c’è anche Wirbelsäule (colonna vertebrale) opera realizzata nel 1984 a Basilea, raramente esposta, che è presentata nello spazio pubblico davanti al museo. Particolare attenzione è dedicata anche ai Poems, opere testuali poco conosciute, ma di importanza fondamentale per il pensiero e l’arte di Carl Andre.
Per capire l’opera di Andre bisogna ricordare una sua celebre frase: “Usare i materiali come tagli inferti allo spazio piuttosto che tagliare nello spazio i materiali” che riassunse la svolta compiuta nel 1959, quando Andre smette di scolpire e rivoluziona così il concetto di scultura stessa. L’artista respinge l’idea di dover sgrossare e modellare, unire le singole componenti di un’opera incollando o saldando; le sue sculture sono forme semplici, ottenute dall'accostamento di unità geometriche elementari. I materiali vengono utilizzati senza manipolazioni, hanno le dimensioni e qualità previste dall’industria o artigianato - acciaio, rame o alluminio, pietra arenaria calcarea, gasbeton o grafite. Un’immanente materialità caratterizza le sue opere, che non hanno alcun intento narrativo o allusivo, ma dichiarano semplicemente se stesse come oggetti, per un’arte come fatto fisico, che non pretende di essere altro.
L’artista descrive il proprio processo creativo in questo modo: “Dalla scultura come forma alla scultura come struttura per approdare alla scultura come luogo”. Le sculture di Carl Andre non sono un oggetto da contemplare, ma un luogo in cui stare, muoversi e fare esperienza, in una relazione di contatto fisico. È un’arte che non colpisce e può passare inosservata, pur intrattenendo una relazione fondamentale con l’ambiente in cui si trova. Colpiscono al pianoterra le 225 lastre in acciaio di, 15x15 Napoli Square, 2010 su cui il visitatore si trova inevitabilmente a camminare e le tre piramidi in legno di noce africana Glärnisch, Urn e Star, 2001 intorno alle quali ci si trova a girare. Al quarto piano invece i 23 metri di lunghezza delle 46 unità di Roaring Forties, Madrid, 1988 e le curve di 7 Part Sort, London, 1972. In quanto luogo, i lavori a pavimento mettono irrimediabilmente in crisi il concetto di un unico punto di vista proprio della modernità: la loro fruizione muta la percezione dello spazio in cui si trovano ed in cui si trova l’osservatore.

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