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Aprile/2007 - Analisi
Quante bugie sulle missioni
di Carindino Clardinori

Abitualmente i politici ed i rappresentanti delle istituzioni ci fanno credere quello che vogliono. Idee e concetti, si sviluppano da queste false informazioni e vengono veicolati tra la gente che crede poi in qualcosa creato con il solo scopo di avvantaggiare una parte o l’altra, nella battaglia politica o nella carriera. E’ un processo che riguarda tutti i campi e tutti i paesi del mondo.
Quello che sta succedendo in questi giorni, dopo il rapimento di Mastrogiacomo, il giornalista de “La Repubblica”, ha del ridicolo. Politici e professoroni dibattono, in varie trasmissioni televisive e sulle testate dei giornali, il senso, il concetto e le finalità della missione di peacekeeping in Afghanistan. Restare o andar via, missione di pace o di guerra, in pochi hanno una chiara idea di cosa sia l’Afghanistan, la missione Isaf, la missione Enduring freedom, cosa faccia un Prt o quali siano i compiti degli italiani. I pochi esperti, militari e no, sono quasi sempre univoci nelle loro analisi, gli altri parlano per sentito dire, discettando di tra argomenti demagogici.
Intanto, montano le opinioni ed i giudizi. Qualcuno dice: in Afghanistan gli stanziamenti per gli aiuti militari sono 10 volte maggiori di quelli per gli aiuti. Grave scandalo. Tutti che s’indignano per questo terribile “sperpero” di soldi pubblici. Nessuno sottolinea che, senza la necessaria sicurezza garantita dai militari, gli aiuti (anche se pochi) andrebbero persi, depredati da ladri, briganti e signori della guerra o dell’oppio. Mentre, adesso, quei (pochi) aiuti, arrivano dove devono: ai poveracci. Grazie ai soldati, col fucile spianato, che proteggono i tecnici che lavorano per la gente. I Prt della Nato in Afghanistan, servono proprio a questo.
Il problema non è che l’Italia faccia poco, è che spesso lo fa male. Siamo presenti in quasi tutte le zone di pacificazione con forze militari anche consistenti e a quest’ultimi richiediamo troppo. Devono proteggere, fare la guerra, fare la pace, dare caramelle ed acqua ai bambini, sostituirsi ai diplomatici, portare a spasso i giornalisti, addestrare poliziotti, fare i poliziotti per le strade, mantenere i rapporti con le Ong, rassicurare la gente, collezionare intelligence, insegnare professioni, costruire ponti e possibilmente altre 1.000 cose. Sono d’accordo con quei Generali, i quali, sostengono che il soldato ha compiti ben precisi e dissento da chi vuol far diventare i soldati uno strumento “flessibile”, un guerriero ma anche un operatore umanitario. Ognuno deve fare il suo.
Voglio prendere ad esempio il ruolo, affidato ai militari, di fare anche i poliziotti. Vedendo i soldati a controllare patenti o rilevare la velocità (Kosovo) o che addestrano altri con caschi e manganelli da ordine pubblico (Iraq) mi viene da sorridere. E mi sorgono alcune domande.
Quale esperienza da ordine pubblico hanno i soldati? Non abbiamo qualcuno che si occupa di ordine pubblico in Italia? Perché non ci sono gli uomini della Polizia di Stato ad addestrare all’estero, le Polizie locali, all’ordine pubblico, o per la stradale, l’investigativa ecc. Ci devono pensare i militari? Alcuni sindacati di Polizia si sono lamentati del fatto che gli ex volontari in ferma breve/prefissata entrassero nella Polizia di Stato e poi, nessuno dice nulla quando diamo la responsabilità dell’addestramento, di Polizie, di Paesi con giovane democrazia, ai militari? Se i militari si occupano di ordine pubblico all’estero, perché non danno una mano anche in Italia? A Milano il sindaco Moratti li vorrebbe nelle strade? A Catania sarebbero serviti. I disperati che manifestano all’estero e si confrontano con le nostre truppe sono meno degni degli hooligans nostrani a prendere manganellate dai celerini italiani? Il problema riguarda i politici e le istituzioni. Pur di partecipare alle missioni i militari, Carabinieri compresi, si buttano, ritagliandosi anche compiti non propri e dando ampio risalto alle attività svolte.
La Polizia di Stato, un paio di volte è stata “tirata per i capelli” a partecipare alle missioni internazionali a guida Onu o Unione Europea (attualmente, Kosovo e Palestina) e non ne ha mai dato risalto, tra l’altro attualmente impiega in tutto meno di 20 persone (i Carabinieri hanno almeno 10 volte il personale fuori area). In Bosnia addirittura c’è stata una missione di polizia civile che ha visto impegnati gli uomini della Polizia di Stato, dopo un anno sono stati prontamente ritirati. Sono rimasti solo i cugini dell’Arma. Un paio di poliziotti sono anche morti in missione di pace uno in Kosovo ed uno in Bosnia, per loro nessun funerale di Stato.
Su Internet se si associano i termini “Polizia di Stato e missioni internazionali” la rivista, più quotata sul motore di ricerca, che se ne occupa è “Il Carabiniere”. Credo non siano necessari altri commenti.
Ogni volta che è stato richiesto l’intervento della Polizia di Stato all’estero, è stato cortesemente rifiutato con varie scuse e sono andati i Carabinieri. L’Italia nelle missioni definite di “Civilian Police” invia una Polizia militare.
Non mi pare una differenza da poco, ogni Polizia ha il suo personale Know-How, mi sembra una grave mancanza affidare quello di 5 Polizie ai soli Carabinieri.
I sindacati della Polizia? Chi tace, chi cade dalle nuvole, chi dice che la Polizia di Stato non può partecipare alle missioni internazionali, chi dice che non ci sono i soldi.
Eppure i poliziotti nelle missioni Onu, come quella kosovara, hanno un’efficacia, in termini di posti di comando, potere decisionale, accesso all’intelligence, molto maggiore rispetto a tutti gli altri e, nei confronti di un carabiniere o di un militare dell’Esercito, costano allo Stato italiano poco meno della metà. Inoltre, le missioni internazionali rappresentano sempre una crescita, in termini di esperienza ed addestramento del personale impiegato, di fondi nazionali ed europei a cui si accede e per non essere ipocriti, per dare la possibilità anche ai poliziotti di conoscere altre realtà e guadagnare le stesse cifre dei cugini. I mutui sembrerebbero meno gravosi. Sembra proprio che chi comanda in Polizia non abbia ancora fiutato il “business”.
I Carabinieri, veri “tuttofare” hanno capito tutto: partecipano a tutte le missioni (Onu, Ue, Nato, Missioni Nazionali) come forze speciali, come polizia militare, come Msu (Multi specialized Unit) e come polizia civile, dal Congo al Libano. Se sono così bravi, dovremmo iniziare a pensare di sopprimere, in Italia, almeno due o tre Polizie che, francamente, sembrano di troppo.
Tutto questo ragionamento non vuole essere uno spot per la Polizia di Stato (è un discorso che dovrebbe valere almeno anche per G.d.F. e Forestali) ma un esempio di come le missioni siano gestite a metà. Troppi militari e pochi civili. Militari che s’inventano ruoli non propri. L’Italia, al contrario di altri Paesi, invia tanti militari, non considerando che le esigenze delle nazioni che andiamo ad aiutare sono simili alle nostre, se abbiamo 5 Polizie perché mandarne fuori area una sola?
I poliziotti non sono gli unici, nelle missioni mancano magistrati, medici, infermieri, amministratori locali, insegnanti di scuola e professionali e tanti altri.
I politici sono invitati a pensarci sopra.

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