La perizia effettuata dai Carabinieri del Ris (Reparto Investigazioni Scientifiche) ha confermato, all’inizio dello scorso gennaio, la manomissione dei reperti sulla inchiesta relativa a “Unabomber”. La relazione è stata depositata a metà gennaio, proprio mentre era in corso un vertice tra magistrati e investigatori per decidere le sorti dell’ingegner Elvio Zornitta, sospettato di essere il seminatore di bombe.
Ma subito dopo è scattata l’accusa per Ezio Zernar, il poliziotto che dirige il Lic (Laboratorio Indagini Criminali) della Procura della Repubblica di Venezia. Le accuse: violazione della pubblica custodia delle cose, calunnia e falso ideologico in atto pubblico. Sarebbe stato Zernar a tagliare il lamierino (usato per fabbricare l’ordigno inesploso trovato nell’aprile del 2004 in una chiesa di Portogruaro) con le forbici sequestate in casa di Zornitta. Lo avrebbe fatto, sembra, per poter rivendicare il merito di aver risolto il caso.
A denunciare la manipolazione erano stati i legali di Zornitta con un esposto contro ignoti presentato alla Procura della Repubblica di Trieste. A quel punto i magistrati inquirenti hanno deciso di effettuare una controprova, chiedendo al Ris dei Carabinieri la verifica urgente di quanto era stato rilevato. Pochi giorni dopo il responso: “l’alterazione del reperto, consistente in un microtaglio, è stata effettuata dopo tutta la consegna del materiale repertato in casa Zornitta al Lic”. Il Procuratore generale di Trieste, Beniamino Deidda, con rammarico dichiarava di sentirsi tradito perchè, ha detto, “noi lavoriamo per accertare la verità”.
Facciamo un po’ di storia. Il 2 aprile 2004 a Portogruaro viene trovato l’ordigno inesploso. Interviene a questo punto il Ris che fotografa la bomba e tutti i suoi componenti prima di effettuare le analisi. I reperti rimasero a disposizione dei Carabinieri per un anno e otto mesi; poi, nel marzo del 2006, vennero trasferiti nella sede del Lic. Il tecnico Zernar ha studiato una tecnica già usata negli Stati Uniti: il “toolmarks”, che consente di rilevare le striature sugli oggetti, proprio come avviene con i proiettili sparati da pistole o fucili. E’ sempre Zernar che propone ai magistrati di effettuare esami comparativi sul famoso lamierino. Intanto l’ingegner Zornitta è già sotto inchiesta, sospettato di essere Unabomber. Il 26 marzo dello scorso anno i pubblici ministeri accettano il suggerimento del poliziotto del Lic ed ordinano che nella casa di Zornitta vengano sequestrati tutti gli arnesi da taglio.
Passano due mesi e Zernar consegna la sua relazione tecnica e dimostra “l’identità tra i due reperti”. Il lamierino “è stato reciso proprio con le forbici sequestrare in casa dell’ingegner Zornitta”. Per la prima volta, dopo anni di indagini infruttiose, la svolta è vicina, anzi vicinissima. Si decide però di avere una controprova e vengono affidate nuove perizie per avere la certezza che il risultato sia affidabile. Ris e Scientifica confermano. Zornitta appare ormai definitivamente incastrato. Il 13 gennaio scorso, alla vigilia dell’incidente probatorio che dovrà ratificare i risultati tecnici, i magistrati si abbandonano all’esultanza: “Questa relazione tecnica è la prova del nove rispetto agli altri elementi che abbiamo. E’ raro trovare una relazione tecnica che si spinga in questi termini di certezza”. Forse quegli stessi magistrati non sapevano dell’esposto presentato a Trieste dai difensori di Zornitta. Lo scoprono tre giorni dopo, durante un vertice convocato per fare il punto sulle indagini. Gli stessi magistrati accettano i rilievi della difesa e affidano una perizia, tutta nuova, ai Ris.
Gli avvocati dell’ingegnere sospettato sono più che sereni e dichiarano: “Ci saranno altre sorprese perché daremo conto di elementi che scagionano Zornitta”. Non avevano torto gli avvocati: la famosa perizia del Lic viene impietosamente demolita. Alcuni magistrati sono profondamente colpiti da questa topica di Zernar. “Lo conosco da vent’anni - dichiara il Procuratore di Treviso - e l’ho considerato sempre una persona specchiata ed un professionista di prim’ordine”. Infatti Zernar, direttore del Lic, perito per l’accusa, duranti i processi godeva di massima stima anche da parte della difesa degli imputati. Allora la frase più ricorrente era: “Se l’ha detto Zernar, siamo tranquilli”.
Proprio i magistrati di Venezia avevano creato la struttura del Lic con l’aiuto di Zernar. Quello stesso Zernar che in una intervista al settimanale L’Espresso, all’indomani della sua “perizia” dichiarava: “Mi strofinai gli occhi pensando ad una allucinazione dovuta a stanchezza; erano le due di notte quando vidi nel monitor del microscopio l’incredibile novità e cioè che il lamierino era stato proprio tagliato con le forbici di Zornitta...” Attore consumato, dunque? Forse.
Un ex magistrato famoso, il ministro delle Infrastrutture Di Pietro ha commentato questa vicenda sostenendo che “affermare che la forbice di Zornitta aveva tagliato quel lamierino, di per sé non è una prova sufficiente, poiché bisogna dimostrare quale persona l’ha veramente usata. Ma se poi si scopre - prosegue Di Pietro - che ad utilizzare le forbici non è stato l’indagato, la situazione diventa veramente drammatica”. Lo stesso senatore Di Pietro si era chiesto, all’indomani delle “rivelazioni” sulle forbici, perché mai gli inquirenti non avessero arrestato l’ingegnere.
I telefilm americani (ed anche alcuni italiani) ci hanno abituati al fatto che alcune metodologie scientifiche siano in grado di risolvere tutti i casi. La realtà è ben diversa; le attività indagatorie sono complesse e poliedriche e richiedono verifiche scientifiche che, comunque sia, devono essere lo strumento per arrivare ad una valutazione di colpevolezza, non certo il fine. Esse dimostrano una verità oggettiva, mentre, ripetiamo, occorre una verità soggettiva, attraverso testimonianze, chiamate di correità, ispezioni dei luoghi, confessioni. Non bisogna mai dimenticare che l’accusa ha l’obbligo di cercare le prove anche a favore dell’indagato.
|