Beirut 23 gennaio 2007. Nel cuore di una normale, tiepida notte, alcuni ragazzi hanno cominciato ad incendiare i copertoni ammucchiati nelle strade il pomeriggio prima. Sono i giovani dell’opposizione guidata da Hezbollah contro il primo ministro Siniora. Battono con i martelli i cassonetti dell’immondizia, per far capire che all’alba inizieranno a fare sul serio. È ora dello sciopero generale e della serrata, abbondantemente annunciate da Hasan Nasrallah, leader degli sciiti e del partito d’opposizione Hezbollah.
La mattina la città sembra ancora dormire, anche se, sarebbe ora di apertura dei negozi, dei primi ingorghi stradali, dei profumi del cibo appena cotto nei mille forni e ristorantini della capitale. Sembra la mattina di ferragosto a Roma, caldo escluso. C’è chi vorrebbe andare a lavorare zigzagando tra le ceneri dei copertoni, ma non può, a causa dei blocchi stradali, quelli seri, fatti con i blocchi di cemento. I poliziotti sono ad ogni angolo ma non sembrano troppo indaffarati, non si percepisce tensione.
La situazione appare calma come in una normale giornata di chiusura guardata a vista da migliaia di poliziotti. Raggiungendo il Parlamento dove, nelle vicinanze, i militanti dell’opposizione hanno allestito una immensa tendopoli, si capisce che la calma di Hamra, non c’è in centro. Grossi fuoristrada scuri, con musica rockoranica (anche con un bel sound e con il classico ritornello: “Allah Akbar”), sfrecciano per le strade vuote, insieme ai motorini, le vedette dei manifestanti. Gruppi di ragazzi, spesso poco più che bambini, coordinati e comandati da adulti, muniti di ricetrasmittente Motorola, si spostano di via in via, bloccando strade e incendiando rifiuti. L’odore è acre ed il fumo intenso ma a respirarlo ci sono solo soldati, manifestanti e qualche giornalista di al-Manar, la tv di Hezbollah. La Polizia e l’Esercito hanno circondato le sedi istituzionali di filo spinato e controllano la situazione. Qualcuno da una parte e dall’altra perde la calma, nonostante gli inviti a “stare buoni” ed ecco che si assiste a sassaiole tra gruppi di ragazzi che supportano l’opposizione o il governo e i colpi di fucile in aria di qualche soldato messo alle strette. Spesso i manifestanti e qualche agente di Polizia scambiano due chiacchiere, fraternizzano, è ovvio che si conoscano, tuttavia nessuno vuole essere fotografato, né i manifestanti, né i soldati.
Concordo con un barbuto signore di essere embedded con i manifestanti e li seguo in una scorribanda, dopo aver controllato le mie credenziali, (nonostante fossi di Polizia e Democrazia) accetta la mia presenza e ancora di più, mi rendo conto dell’attenta pianificazione per paralizzare la città. Chiedo, ad uno dei “capi” il perché di tutto questo, vogliono che il Primo Ministro condivida il potere con l’opposizione, vogliono posti di lavoro e dalla comunità internazionale vogliono che non si tratti Hezbollah come un gruppo terroristico ma come un gruppo di patrioti difensori della terra libanese. Da quando Hezbollah ha “pareggiato” la guerra con Israele, dimostrando che il nemico non è invincibile, un gran numero di libanesi guardano a questi sciiti come veri patrioti. È difficile capire se la situazione migliorerà, gli animi sono tesi, i manifestanti mostrano con spavalderia i loro bastoni, lo stesso fa l’Esercito, tutti giurano che non accetteranno provocazioni dall’altra parte ma intanto, mi invitano ad andarmene, perché la situazione può farsi seria.
Nessuno sa se lo sciopero finirà e se oggi morirà qualcuno.
Beirut 24 gennaio. Lo sciopero è finito e la città sembra tornata alla normalità. Tutti rimangono in attesa di nuove notizie. Sono morte 5 persone il giorno prima, poche per gli standard libanesi. Nasrallah accusa il governo di aver ordinato di fare fuoco sulla gente e il governo accusa i militanti dell’opposizione delle violenze compiute. Nessuno vuole lo scontro, anche se tutti fanno capire di essere pronti a situazioni estreme. Il leader del Partito di Dio, dalle colonne del “Daily Star”, minaccia di poter rovesciare il governo in ogni momento. Aoun, leader dell’opposizione cristiana, prima acerrimo nemico di Damasco ed ora alleato con i filo-siriani di Hezbollah, parla di governo illegittimo e criminale. Quello che più rende l’idea della situazione sono i comportamenti delle persone. Passeggiano per le strade come se nulla fosse successo ma quando, in qualche venditore di kebab e shawarma o in pasticceria, la tv è accesa, sintonizzata su al-Manar, si fermano ed ascoltano.
In tv c’è Nasrallah che, quando è impegnato nei suoi sermoni, incanta, cattura l’attenzione di vecchi e bambini. Annuiscono, parlottano, discutono ed ancora annuiscono. I sostenitori dell’opposizione gli danno ragione, quelli del governo lo ammirano e lo rispettano.
Per oggi niente più scontri, la notte e scesa su Beirut tranquilla.
Beirut 25 gennaio. La mattina è iniziata con gli scontri all’Università statale di Beirut. Si sono confrontati gli studenti cristiani, sostenitori di Geagea e quelli di Aoun. Sassaiole e bastonate, si contano i primi feriti.
La situazione peggiora, agli studenti si sono aggiunti tutti gli insoddisfatti degli scontri di due giorni prima. La gente dell’opposizione blocca la strada per l’aeroporto, il quartiere di Acrafieh è un viavai di Esercito e ragazzi armati di bastoni. Il traffico è impazzito. Iniziano gli spari, c’è chi dice che siano i miliziani drusi di Jumblatt che sparano sui cristiani di Aoun.
Sento chiaramente dei colpi più potenti di un Ak47, l’Esercito sta sparando. Sono a non più di 200 metri dal luogo degli scontri e proseguo a piedi, il tassista mi ha abbandonato due chilometri fa.
I colpi sono vicinissimi posso addirittura sentire dove vanno ad impattare, mentre un gruppo di manifestanti mi si para contro. Vogliono sapere chi io sia. Fatte le presentazioni e le perquisizioni di rito, mi impediscono di andare oltre, minacciandomi.
Trovo un punto per fotografare ma sono troppo lontano per il tipo di zoom che ho. Le autoambulanze vanno in senso contrario agli scontri a sirene spiegate. Due fuoristrada blindati sfrecciano verso gli scontri, sono quelli di Cnn e Reuter. La prossima volta me ne faccio regalare uno.
Scende la notte e sarà di coprifuoco. La giornata ha fatto piangere 15 mamme. Giro al buio in cerca di un Internet point, lo trovo in un lussuoso albergo a 5 stelle a circa 3 chilometri dal mio, dove la gente brinda felice ed ascolta la musica del pianoforte. Beirut sembra quella di una volta: fuori la gente che si ammazzava e nei quartieri alti, altri che festeggiavano.
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