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Gennaio/2007 - Interviste
Immigrazione
di Intervista a cura di Paolo Pozzesi

L’onorevole Marcella Lucidi, sottosegretario
all’Interno con delega per l’immigrazione
i diritti civili e la cittadinanza, espone
i problemi e le prospettive insiti nella presenza
e nell’afflusso degli extracomunitari nel nostro Paese


Per i percorsi dell’integrazione esistono diversi modelli (francese, britannico, tedesco, ecc.), ma nessuno sembra perfetto. E’ possibile, anche sulla base di queste esperienze, ipotizzare un “modello italiano”?
Le cifre dell’immigrazione regolare ci dicono, ormai, che non possiamo più avere un approccio emergenziale, perché il fenomeno è epocale, investe la struttura delle nostre società. Per questo, l’integrazione degli immigrati che vivono con noi è un obbiettivo ineludibile.
Il carattere plurale della nostra società mette direttamente a confronto le diversità culturali, etniche, religiose, ed anche le tradizioni, i comportamenti, le abitudini più varie delle persone. Il problema è riuscire a fare convivere tutto questo dentro uno spazio comune
definito dal riferimento unico agli stessi diritti e doveri, ai principi fondamentali che fondano il nostro Stato: questo è il lavoro che ci attende sapendo che seguire questa strada porta con sé il rischio delle incomprensioni, di conflitti ma anche le opportunità di uno scambio di conoscenze, di una crescita, di un cambiamento che coinvolge tutti.
L’esperienza ci insegna che la scelta peggiore è di alzare i muri di divisione. I muri vanno abbattuti ma serve un grande sostegno pubblico perché questo accada.

Quali sono gli errori, i limiti, e gli eventuali aspetti positivi della legge attuale sull’immigrazione?
Quella legge ha risentito troppo di una impostazione difensiva e, per questo, ha privilegiato scelte repressive che, tuttavia, non possono riuscire a fermare un fenomeno che si impone.
E’ ancora troppo forte la spinta che tanti uomini e donne hanno a ricercare migliori condizioni di vita che non possiamo limitarci a voler frenare rinunciando a governarlo, unendo alle regole, al contrasto all’immigrazione clandestina, politiche positive con i Paesi di origine. In ogni caso, dobbiamo proporci di rendere conveniente l’immigrazione regolare perché sia preferita ai canali illegali.
Le norme devono incoraggiare e non penalizzare, rendere irto di ostacoli il percorso di inserimento di chi viene in Italia per lavorare rispondendo ad una domanda occupazionale che interessa ormai prevalentemente il lavoro degli immigrati. Il rigore, invece, non può e non deve mancare verso le forme di sfruttamento degli immigrati, che rappresentano ormai un businnes diffuso soprattutto quando riescono a trarre profitto dalle loro condizioni di vulnerabilità, di irregolarità.
A questo riguardo, vedo un impegno molto intenso e dinamico del nostro Paese, in rapporto con l’Europa, con i Paesi di origine degli immigrati ed evidente, soprattutto, nel lavoro di indagine e di contrasto che svolgono le nostre Forze di polizia.
Si deve inoltre dare una validità più ragionevole al permesso, e recuperare quell’idea della Turco–Napolitano secondo la quale di rinnovo in rinnovo si beneficia gradualmente di un permesso di soggiorno più lungo.

Si può affermare che “cittadinanza” equivale davvero a “integrazione”?
Diciamo sì ad un'idea nuova di cittadinanza, non più legata soltanto allo ius sanguinis ma spostata verso lo ius soli: per questo profilo il nostro paese ha la normativa più arretrata. Proprio perché riteniamo che la cittadinanza debba essere vissuta da chi la chiede come la nascita di un legame profondo con il nostro Paese riteniamo vada rivista l’attuale normativa.
L'Italia oggi riconosce la cittadinanza ai figli, nipoti, pronipoti di italiani emigrati all'estero da generazioni e che magari non hanno mai visto il nostro Paese e non riconosce i minori stranieri che qui nascono e crescono, frequentano le nostre scuole, giocano e studiano con i nostri figli. Il disegno di legge presentato dal ministro Amato guarda in questa direzione, introducendo però, un elemento di novità rispetto al passato: la concessione della cittadinanza in seguito all'accertamento della reale integrazione linguistica e sociale.

Lei pensa che il nostro Paese sia pronto, o almeno disposto, ad accettare l’inserimento di culture diverse? E, comunque, il multiculturalismo è sicuramente un obiettivo valido, o, comunque, “appetibile”? Che cosa rispondere a quelli, e non sono pochi, che paventano rischi esiziali per le nostre tradizioni, e, soprattutto, per le nostre “radici”?
C’è un legittimo senso di inquietudine che accompagna il confronto con l’immigrazione anche se, ormai, molte famiglie italiane hanno conoscenza diretta di immigrati che vivono con loro in casa, che si prendono cura degli affetti più cari.
La politica ha la responsabilità di parlare a questa inquietudine senza alimentare paure, senza proporre strategie che non si misurano più con la realtà che è già plurale.
In un mondo globalizzato le società chiuse sono un anacronismo. Non si tratta più di pensare le nostre comunità come fortezze da espugnare ma come luoghi nei quali realizzare il confronto e l’integrazione, ideare nuovi modelli di convivenza e di coesione sociale, considerando anche l’immigrazione dentro un progetto di crescita civile ed economica.

L’immigrazione, o almeno una certa immigrazione, comporta anche notevoli problemi sul piano delle confessioni religiose, e delle culture ad esse conseguenti. Come fissare in questo campo i confini tra le libertà religiose e l’osservanza delle leggi?
Il riconoscimento pieno della libertà religiosa in una società multiculturale come è ormai l’Italia è un tema che sta già nell’agenda del Parlamento, con un dibattito al quale il governo darà certamente il suo contributo.
Se ci guardiamo intorno ci accorgeremo di quanto siano diffusi l’uso o la presenza di simboli religiosi nella nostra società e questa accettazione diffusa esalta, a mio avviso, il valore della laicità, valore che non inibisce ma accoglie la pluralità delle scelte di fede. La libertà religiosa è uno dei diritti iscritti nel codice ideale e giuridico dell’Europa e dell’Occidente, ha accompagnato la crescita culturale delle società, ha ispirato e, insieme, respirato l’affermazione dei diritti della persona.
In linea con questi principi è la “carta dei valori” che il ministero dell’Interno sta elaborando coinvolgendo i rappresentanti delle confessioni religiose e le comunità straniere presenti sul territorio.

Ovviamente, l’asilo politico rappresenta un aspetto diverso, a sé. Però è un problema che rischia di ampliarsi. Con quali criteri deve essere affrontato, per garantire la sua giusta applicazione?
L’Italia porta scritto nella sua Costituzione l’impegno ad accogliere, a dare rifugio a chi si vede costretto a lasciare la propria terra - e terra significa radici, casa, legami, affetti - per non subire oltre, per guadagnare la libertà negata. Per l’art. 10 trovare asilo è un diritto. La questione dell’asilo ha una giustificazione quindi autonoma rispetto al tema più ampio dell’immigrazione, e invece la Bossi-Fini ha integrato le norme sull’asilo nell’impianto complessivo. Noi dobbiamo avere una disciplina autonoma sull’asilo, è un diritto fondamentale riconosciuto dallo Stato che deve avere anche una tutela giurisdizionale e deve determinare una presa in carico della persona prima e dopo il riconoscimento.
Al tema dell’asilo va poi affiancato quello della protezione umanitaria: nel tempo si sono determinate situazioni molto più ampie di quelle previste dalla convenzione di Ginevra che chiedono attenzione e tutela. È vero che in Italia sono diminuite le domande d’asilo, ma è vero anche che ci sono molti permessi rilasciati per motivi umanitari e questo lo giudico un segnale positivo.
Credo che salvaguardare le buone pratiche sia la via maestra in questo momento. Il Sistema di Protezione per richiedenti Asilo e Rifugiati ha dato buona prova della sua idoneità a sostenere l'inserimento sociale dei rifugiati e richiedenti asilo. E' un sistema che va incoraggiato anche perché coinvolge l’attività degli Enti locali e realizza una buona collaborazione con i territori.
Il rafforzamento del Sistema di Protezione, insieme al recepimento del nostro ordinamento di tutte le direttive europee è il percorso attraverso il quale intendiamo raggiungere l’obiettivo di offrire al Paese una legge organica sul diritto d'asilo.

Al di là di riferimenti apertamente xenofobi, e anche razzisti, l’ingresso di immigrati che, non trovano un inserimento stabile nella nostra società può concorrere a un incremento di fatti criminosi?
Credo che il fenomeno della devianza degli stranieri vada valutato in maniera distinta, a seconda che si tratti di titolari di permesso di soggiorno o di stranieri in situazione irregolare. Questa distinzione ci consente di dire che per quanti hanno progettato di vivere in Italia regolarmente, tentando di realizzare un progetto a lunga scadenza, non sussiste un’emergenza criminalità, almeno secondo i toni allarmistici solitamente ricorrenti.
Si può, invece, affermare un collegamento tra irregolarità e devianza, ma oltre alla componente venuta in Italia per delinquere, vi è anche povera gente che, vivendo nell’irregolarità, è maggiormente vulnerabile. Per questo serve un sistema normativo che non produca lavoro nero e permetta ai cittadini stranieri di entrare e lavorare regalmente in Italia.
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Marcella Lucidi

E’ nata a Roma il 17/12/1963. Laureata in Giurisprudenza, è avvocato esperto in diritto di famiglia. Dopo una lunga esperienza associativa in Azione Cattolica, di cui è stata per sei anni responsabile romana del settore giovani, dal 1993 è tra i responsabili nazionali del movimento politico dei “Cristiano Sociali”, fondato da Pierre Carniti e Ermanno Gorrieri.
Viene eletta deputata nel 1996 (XIII Legislatura) nel Collegio XIV di Roma. Partecipa al Congresso fondativo dei Democratici di Sinistra. Nel febbraio 2000 è nominata responsabile nazionale Ds per le politiche dell’infanzia. Dal giugno 2000 ricopre l’incarico di responsabile nazionale Ds per le politiche della sicurezza.
Rieletta nel maggio 2001 (XIV Legislatura) alla Camera dei Deputati, ricopre l’incarico di Segretario e di Presidente del Comitato per la giustizia dei minori della Commissione Giustizia.
Il sottosegretario di Stato all’Interno Marcella Lucidi è delegato per le materie dell’immigrazione e dell’asilo di competenza, rispettivamente, del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione e del Dipartimento della Pubblica sicurezza. Le sono altresì delegate le materie di competenza del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, in ordine alle confessioni religiose, ai diritti civili e alla cittadinanza.

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