home | noi | pubblicita | abbonamenti | rubriche | mailing list | archivio | link utili | lavora con noi | contatti

Giovedí, 22/10/2020 - 14:54

 
Menu
home
noi
video
pubblicita
abbonamenti
rubriche
mailing list
archivio
link utili
lavora con noi
contatti
Accesso Utente
Login Password
LOGIN>>

REGISTRATI!

Visualizza tutti i commenti   Scrivi il tuo commento   Invia articolo ad un amico   Stampa questo articolo
<<precedente indice successivo>>
Luglio-Agosto/2006 - Laboratorio
I fatti di Genova
di Roberto Vitanza - del Direttivo nazionale Siulp

La chiara ed univoca previsione nel programma dell’Unione della istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta per definire le responsabilità politiche e istituzionali in merito ai fatti di Genova, rappresenta un momento significativo ed un esplicito impegno assunto anche per l’acquisita consapevolezza, da parte della nuova classe politica, del significato unico e perverso che il notturno blitz alla scuola Diaz ed il sistema di controllo concepito e realizzato nella caserma Bolzaneto, hanno significato.
La frattura che si è così prodotta nel contesto sociale potrà trovare una sua positiva definizione e reale composizione soltanto quando saranno esaltati e condivisi i peculiari e scellerati collegamenti politico-istituzionali che hanno costituito e rappresentato il vero e singolare progetto la cui trascendente fisionomia ha investito la stessa dinamica della pianificazione dell’operazione di Polizia nella indifferenza delle antagoniste istanze verso il G8. Si è ritenuto funzionale e razionale concentrare e centralizzare il momento decisionale operando la destrutturazione di ruoli e delle funzioni degli apparati istituzionalmente preposti alla salvaguardia dell’ordine ed alla sicurezza in ambito provinciale così confortati nelle scelte e nelle determinazioni da un consenso politico indiscusso e totale che si è riverberato poi in un movimento circolare che ha creato e fortificato vicendevolmente l’intero sistema di potere sviluppatosi a Genova con l’affievolimento progressivo dei diritti fondamentali ed inalienabili di tutti i cittadini in qualche modo coinvolti dall’evento, in una dimensione che mai, nella storia repubblicana, era stato non solo realizzato, ma neppure concepito. La necessità e la doverosità di esaltare tali aspetti, non indagabili dalla magistratura ordinaria, limitata dalla disamina esclusiva del dato fattuale conforme alla fattispecie astratta e funzionale ad individuare singolari responsabilità penali, determina la cogente necessità di diversi ed ulteriori sistemi di indagine.
Il compito della Commissione parlamentare è chiaramente diverso, ma non antitetico a quello svolto dagli inquirenti: si tratta di individuare e ricostruire i fatti secondo il loro orientamento teleologico, secondo la loro dinamica politica, quale frutto di scelte che apparentemente di esclusiva natura tecnica, in realtà hanno costituito lo strumento per rappresentare ed imporre una nuova forma di controllo sociale del dissenso conforme ed adeguata alle nuove istanze annunciate dalle ideologie che da sempre permeano le forze politiche di centro-destra, al tempo costituite in nuovo esecutivo appena insediato e, pertanto, come nuovo sistema paradigmatico da imporre uniformemente per tutti i nuovi dissensi quale dimostrazione tangibile del nuovo corso politico.
In altre parole si tratta di accertare se un’intera classe dirigente dell’Amministrazione dell’Interno abbia voluto, con la costruzione del sistema “securitario” messo in atto a Genova, dimostrare la propria esclusiva lealtà alle ideologie dell’esecutivo appena insediato, che, programmaticamente, aveva l’intenzione di riscrivere completamente i rapporti istituzioni-società e, poi, conseguentemente, istituzioni-politica quale sintesi empatica che prevale e supera gli usuali e tradizionali schemi per esaltare, invece, i comportamenti univoci e paradigmatici di un apparato votato a realizzare un nuovo progetto di sicurezza in cui il predominante aspetto militare doveva prevalere nella forma e nella sostanza.
I motivi che hanno impedito e vanificato tale progetto sono molteplici e, tra questi, sicuramente, la morte del ragazzo Giuliani che, come un boato, ha scosso un’opinione pubblica pigra e rassegnata alle verità ufficiali delle dinamiche di confronto e scontro che la stampa ufficiale riportava trascrivendo pedissequamente i comunicati forniti dalle istituzioni che tendeva a separare, con una linea ben demarcata, i buoni dai cattivi, omettendo ed eludendo però le domande scomode e le realtà indicibili, omogeneizzando il complesso fenomeno per giustificare superiori ragioni di Stato.
Tutto questo è naturalmente estraneo da qualsivoglia indagine giudiziaria, anche se, in realtà, sottende ad uno dei fenomeni più pericolosi ed eversivi della storia repubblicana perché esprime connivenze ed ambiguità non dette, né formalmente espresse attraverso le comuni dinamiche comportamentali, ma che, invece, si esprime attraverso impercettibili segni esteriori che, disarticolati nella loro anatomia, perdono significato e valenza rappresentando quasi un processo all’intenzione, ma che compresi nella loro globalità offrono chiaro il senso dell’intero progetto.
Comunque, se da una parte l’opera della magistratura è stata subita, dall’Amministrazione, con un sostanziale fastidio che non ha impedito di tutelare tutti i protagonisti prima indagati e poi rinviati a giudizio, sia attraverso l’attribuzione di prestigiosi incarichi professionali o promozioni repentine, sia evitando qualsivoglia azione disciplinare cautelativa che, per prassi, consegue sempre, per gli appartenenti alla Polizia di Stato, al rinvio a giudizio, dall’altra occore investigare su tutti quei fenomeni non compresi nel novero dell’analisi giudiziaria.
Non sono mancate, infine, infuocate dichiarazioni da parte di alcune organizzazioni sindacali di Polizia che, nella foga della difesa corporativa, hanno costruito un nuovo e singolare sistema procedurale consono alle deliranti strategie difensive.
Scriveva Hegel: “La crisi di uno Stato si misura dalla constatazione che alla persistenza formale delle leggi corrisponde un operare del tutto opposto al loro intento”. Sembra la descrizione fotografica degli avvenimenti di Genova in cui l’apparenza formale veniva costantemente tradita dagli intenti reconditi ed antitetici dell’intero apparato.
Allora se la fenomenologia espressa nell’intero sistema di relazioni istituzionali di guisa che si manifesta concretamente un superamento delle formalità espresse positivamente per favorire estemporanee soluzioni adeguate esclusivamente alla sostanza ideologica inespressa, ma istintivamente intellegibile quale, per parafrasare Aristotele, unità con il tutto, in questo caso l’unione tra gli esecutori e gli artefici ideologici del sistema “Genova”, allora, diciamo, non può che esaltarsi tale necessaria destrutturazione per definire e disconoscere l’affermata e più volte ribadita eticità dei comportamenti necessitati dagli avvenimenti ed ineludibili nel loro corso per la dichiarata tutela di valori superiori ed immanenti, così che possa distinguersi chiaramente quali pulsioni, quali interessi hanno trovato elezione nello scenario prefigurato già dall’anonima informativa asseritamente rinvenuta casualmente per terra in una strada del centro della Capitale.
In altre parole si può constatare, riprendendo il pensiero di Deleuze, che: “... Due o più corpi formeranno un tutto, cioè un terzo corpo, se essi compongono i loro rispettivi rapporti in circostanze concrete”.
Ora è questo terzo corpo, questa identità astratta ed impalpabile, che merita di essere attenzionata con tutti gli strumenti che la ritualità dei Codici non concepisce proprio per la difformità di analisi che l’oggetto comporta. Né questa impostazione sistematica può essere scambiata per un perverso ritorno verso un “diritto libero”, un diritto “dell’atteggiamento interiore”, il giudizio espresso dalla commissione di indagine non è una valutazione giuridica, una ponderata valutazione comparata tra fatto e fattispecie, è, invece, la valutazione della proporzionalità dell’agire, della contemperazione e graduazione del sacrificio di interessi tra loro contrapposti, dello sviamento dalla prassi e dal buon senso, in cui i fatti singolari assumono una valenza marginale quale figura sintomatica del fenomeno.
Quindi, per concludere, le difficoltà che verranno sicuramente e trasversalmente frapposte per la costituzione della Commissione parlamentare sui fatti di Genova, fonderanno le loro intime determinazioni con la volontà di evitare proprio tali profonde ed accurate disamine interne volte a coinvolgere, necessariamente, non solo le singolari responsabilità, ma quelle dell’intero apparato istituzionale. In altre parole una consistente parte politica, come preannunciato in diverse pubbliche occasioni, ha interesse e tende a dimostrare che quanto accaduto a Genova non sia stato altro che una realtà episodica dovuto ed attribuibile a pochi ed isolati operatori, mentre, in realtà, le dinamiche interne e le logiche d’impiego degli apparati di sicurezza non permettono di espungere tali censurati fenomeni dall’intero contesto.
Le deviazioni appurate vanno, pertanto, ricondotte all’interno del sistema come espressione di sue intrinseche manifestazioni costituendo quella che costituisce la casualità immanente di spinoziana memoria.

<<precedente indice successivo>>
 
<< indietro

Ricerca articoli
search..>>
VAI>>
 
COLLABORATORI
 
 
SIULP
 
SILP
 
SILP
 
SILP
 
SILP
 
 
Cittadino Lex
 
Scrivi il tuo libro: Noi ti pubblichiamo!
 
 
 
 
 

 

 

 

Sito ottimizzato per browser Internet Explorer 4.0 o superiore

chi siamo | contatti | copyright | credits | privacy policy

PoliziaeDemocrazia.it é una pubblicazione di DDE Editrice P.IVA 01989701006 - dati societari