Con decorrenza 1° gennaio 2002, in seguito ad accordo sindacale relativo al biennio economico 2002 – 2003, recepito con i Dpr 163/2002 e 164/2002, è stato soppresso, solo per il personale dei Comparti Sicurezza e Difesa fino alla qualifica apicale del ruolo dei Direttivi (esclusa, quindi, la Dirigenza), l’art. 5 Dpr 150/87 che prevedeva la rivalutazione “automatica” del compenso per il lavoro straordinario.
La manovra, discutibile anche sotto il profilo della legittimità costituzionale dal momento che la tariffa oraria del compenso medesimo viene determinata con una formula matematica applicata sullo stipendio in godimento comprensivo della 13^ mensilità, introduce una ingiustificata sperequazione di trattamento tra lavoratori delle Forze di polizia e delle Forze armate nei confronti di tutti gli altri pubblici dipendenti.
Si consideri che, in ragione di ciò, un funzionario appartenente alla qualifica apicale del ruolo dei Direttivi del Comparto ministeri, area C3 S. (ex IX livello), a decorrere dal 1° gennaio 2005 riceve, quale compenso orario per prestazioni di lavoro straordinario (diurno-feriale), 16,19 euro lordi, mentre un vicequestore aggiunto di Polizia oppure un tenente colonnello dei Carabinieri, parametro 150 (pure ex IX livello) che effettua prestazioni straordinarie, anche in condizioni di particolare rischio e disagio, riceve un compenso di soli 13,48 euro.
Le differenze di cui sopra, purtroppo, aumenteranno sempre di più, ad ogni futuro rinnovo contrattuale, se il legislatore non interverrà con una nuova norma che preveda il ripristino del criterio di rivalutazione.
Inoltre la mancata rivalutazione del compenso per il lavoro straordinario causerà, al personale interessato e soprattutto a quello destinatario del sistema pensionistico misto o interamente contributivo, un ulteriore danno per quanto riguarda la misura della pensione, dal momento che, a norma dell’art. 2, comma 9, della legge 335/95, la retribuzione accessoria viene assoggettata a tutti i contributi previdenziali.
Infatti, nel cosiddetto montante contributivo complessivo di questi lavoratori viene a mancare il contributo previdenziale relativo alla rivalutazione del compenso in argomento, non solo la quota posta a carico del dipendente (8,75%), che bene o male non paga, ma anche quella (molto più consistente - 24,20%) prevista a carico dello Stato.
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