I Centri di Permanenza Temporanea
e di Accoglienza per gli stranieri
entrati irregolarmente in Italia, gestiti
da organizzazioni di volontariato, suscitano
dubbi o netta contrarietà: un problema
che richiede una (non facile) soluzione
I Centri di Permanenza Temporanea e di Accoglienza (Cpta) sono stati istituiti nel 1998 sulla base della legge Turco – Napolitano nata per regolare l’ingresso e la permanenza dello straniero in Italia.
La norma ha stabilito che lo straniero, se entrato nel territorio nazionale in maniera irregolare o se vi è rimasto senza averne il diritto, deve essere respinto o espulso.
Quando non è possibile eseguire immediatamente l’allontanamento dall’Italia, può essere trattenuto in un Centro di permanenza fino a un massimo di 30 giorni per potere arrivare a un’identificazione certa, finalizzata al suo rimpatrio.
La legge Bossi – Fini ha modificato questo limite di tempo concedendo una proroga di ulteriori 30 giorni nel caso di difficoltà nell’identificazione dello straniero.
I Centri sono sotto la responsabilità del Prefetto e gestiti da associazioni di volontariato come la Croce Rossa Italiana e le Misericordie d’Italia. La vigilanza per impedire l’allontanamento degli “ospiti” è di competenza delle Forze dell’ordine.
La legge quindi stabilisce che gli stranieri portati al Cpta non sono detenuti, quindi non ne assumono lo stato, però non possono allontanarsi finché non si riesce a risalire alle loro generalità certe, comunque non oltre il periodo massimo stabilito per legge dei 60 giorni.
Come si vive dentro questi centri? Sono indispensabili? In caso negativo, quali sono le alternative valide?
Abbiamo sentito i diversi punti di vista.
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DANIELE GIOVANARDI, Governatore della Confraternita della Misericordia di Modena, associazione che gestisce i Cpta di Bologna, Modena, Bari, Lampedusa e Crotone e primario del Pronto Soccorso al Policlinico di Modena.
Dottor Giovanardi, può spiegare ai lettori come la Misericordia di Modena agisce, attraverso i suoi volontari ed operatori, all’interno dei centri che ha in gestione?
Gli ospiti sono assistiti su due fronti, uno attraverso un supporto psicologico, dato dalla collaborazione di psicologi, assistenti sociali, interpreti, assistenza legale, e l’altro con la presenza di un infermiere 24 ore su 24 e di un medico 8 ore al giorno. Vi sono poi degli accordi specifici con il Sert per i tossicodipendenti. E’ importante la collaborazione con i Css (Centro Solidarietà Sociale), le Unità sanitarie locali, le prefetture e le Forze dell’ordine. Ad esempio siamo riusciti a fare un accordo con la prefettura di Modena perché venissero tenuti divisi, all’interno della struttura, gli stranieri con precedenti penali da coloro che sono trattenuti solo perché non in regola con il permesso di soggiorno.
Da cosa dipendono le differenze da un centro all’altro, sempre sulla base della sua esperienza?
A Modena gli operatori sono accompagnati dalle Forze dell’ordine durante le attività quotidiane che li mettono a contatto con gli ospiti come la distribuzione dei farmaci o il servizio mensa. Questo altera il rapporto tra gli stessi ospiti e il servizio di volontariato tanto che possono sorgere dei conflitti di competenza, a discapito di una serena attività. A Bologna la vigilanza è solo esterna e le Forze di polizia possono intervenire all’interno del Centro solo se richiesto dagli operatori. In Italia, però, siamo bravissimi a fare inaugurazioni e nessuna manutenzione, come si può pensare che le strutture funzionino in perfetta efficienza? Ogni Centro ha un responsabile che dirige il lavoro dei volontari, la manutenzione della struttura non è nelle nostre competenze.
In passato ci sono stati dei problemi perché la legge stabilisce che lo straniero deve essere accompagnato al Cpta più vicino, dando per scontato che vi sia posto. A volte è successo che degli stranieri siano stati rimessi in libertà perché i giudici competenti per la convalida del trattenimento, compasso alla mano, stabilivano che il clandestino non era stato portato nel Centro più vicino. In seguito a questo è stato fatto un emendamento sul tema specifico, in base al quale si stabiliva che lo straniero dovesse essere accompagnato al Centro più vicino, con posti disponibili.
C’è stata una recente polemica sul fatto che è impedito agli stranieri ospiti all’interno del Centro di utilizzare il proprio cellulare. Qual è la ragione?
Tutte le strutture sono dotate di cabine pubbliche e, settimanalmente, vengono date ricariche da 5 euro gratuite. Quello che abbiamo notato negli anni passati è che le donne in attesa di regolarizzazione per motivi di giustizia fossero minacciate costantemente con telefonate fatte dai loro ex sfruttatori, per impedire che testimoniassero contro di loro. Era la maniera più facile per tenerle ancora sotto controllo. Per questo motivo abbiamo ritenuto di togliere la possibilità di tenere i propri cellulari.
Alle forze politiche che sostengono il superamento dei Cpta, quindi la necessità di rivederne l’utilità, cosa risponde?
Finchè la legge ne prevede la presenza, penso che sia indispensabile rendere la loro gestione assolutamente trasparente, per questo motivo invito gli organi di informazione a visitare il Centro di Modena, quello che la Misericordia della città gestisce da più tempo. E’ lì che siamo riusciti ad ottenere i maggiori risultati come un servizio di lavanderia giornaliero, la netta diminuzione degli atti di autolesionismo che erano finalizzati a farsi ricoverare in ospedale, per poi abbandonarlo subito dopo approfittando del fatto che non era prevista la scorta.
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TITTI DE SIMONE, parlamentare di RC e segretario della presidenza della Camera.
Titti De Simone, qual è l’utilità dei Cpta?
E’ arrivato il momento di fare un bilancio, dobbiamo renderci conto che stiamo parlando di persone e tutto va rivisto in questo senso. Innanzitutto dobbiamo differenziare i Centri di permanenza temporanea dai Centri di accoglienza [strutture dentro le quali gli stranieri vengono smistati, come Lampedusa, per essere trasferiti nei Centri di permanenza temporanea dove rimarranno in attesa dell’identificazione. n.d.r.]. Sono comunque strutture di detenzione, dove la libertà è sospesa, di fatto la condizione degli stranieri all’interno è quella di carcerati, pur non avendo commesso reati. Sotto il profilo giuridico diventa un limbo”.
E’ al corrente di quanti stranieri dopo un primo rimpatrio si ritrovano nei Cpt?
Io e Katia Zanotti abbiamo più volte chiesto questi dati, ma vengono forniti in maniera così sporadica, da non essere utilizzabili per delle statistiche serie .
Quali sono le alternative?
Io non condivido la logica della legge contro l’immigrazione clandestina, così come è strutturata. Dobbiamo renderci conto che questa politica dell’immigrazione non ha funzionato. I Cpt vanno superati. All’interno di questi centri la condizione è disumana, anche per i suoi colleghi (Forze dell’ordine n.d.r.) che ci lavorano.
Gli stranieri che escono dal carcere, dove hanno scontato una pena, devono essere portati nei Cpt per essere identificati. Possono essere persone che si sono fatte anni di detenzione, per quale ragione non può essere avviata la procedura di identificazione mentre si trovano ancora in carcere? Le persone che lavorano all’interno dei Cpt hanno competenze e professionalità importanti, che vanno utilizzate con un diverso tipo di accoglienza.
Quali sono dunque i cambiamenti che il nuovo governo intende fare in proposito?
L’Unione ha inserito nel proprio programma la cancellazione della Bossi-Fini per andare verso il superamento dei Cpt. Regolarizzare gli stranieri che lavorano, le quote dei flussi vanno aumentate anche sulla base della necessità lavorativa del Paese. Il ministro Carrera ha annunciato che il governo provvederà a tutte le domande di soggiorno già presentate per coloro che hanno i requisiti. Rendere inoltre più snella la procedura per il ricongiungimento familiare.
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FULVIO DELLA ROCCA, questore della provincia di Ravenna. Per due anni è stato questore di Agrigento, nella cui provincia c’è Lampedusa, isola su cui, per questioni geografiche, approdano barche cariche di disgraziati alla ricerca del miraggio di un’opportunità.
Dottor Della Rocca, finchè è stato questore di Agrigento ha dovuto gestire la costante emergenza degli sbarchi di stranieri stremati nelle coste di Lampedusa. Cosa si faceva per questi uomini e donne?
Sono stato questore di Agrigento da febbraio 2001 a luglio 2003, la mia testimonianza può essere relativa solo a quel periodo. Nel centro di assistenza di Lampedusa gli stranieri rimangono per un tempo strettamente necessario a trasferirli in altri Cpta, per la loro identificazione. Lampedusa è il posto dove arrivano più facilmente in Italia dalle coste della Tunisia, perché si trova a 50 miglia dalla costa tunisina.
Il lavoro che viene fatto dalle Forze dell’ordine, tra cui la guardia Costiera, è quello di prevenire gli incidenti in mare, così che quando le barche vengono avvistate ci sia l’assistenza necessaria per scortarle senza perdite umane in Italia.
La tragedia avvenuta anni fa, dove sono morte 80 persone, è accaduta a 200 miglia da Lampedusa, molto vicino a Malta, in acque internazionali.
Lampedusa vive di turismo. Anche se chi è stato in ferie nell’isola asserisce di non essersi accorto degli sbarchi notturni, ma gli abitanti?
In seguito alla diffusione mediatica dell’emergenza immigrati, gli abitanti si sono lamentati per paura che ci fossero ripercussioni sul turismo.
Com’è l’impegno delle Forze di polizia? Vengono assicurati abbastanza uomini?
L’impegno è massimo. Nell’ultimo periodo in cui sono stato ad Agrigento, sono arrivati circa 10.000 stranieri. A Lampedusa c’è una stazione carabinieri con molto personale, anche aggregato. L’importante è l’attività di collegamento con la Guardia costiera e tutte le Forze di polizia deputate al controllo e alla prevenzione.
I governi tunisini e libici non fanno nulla per evitare di mandare per mare i loro uomini, tra cui molte donne e bambini, su queste pericolose e inadatte barche?
Per prevenire è importante l’attività investigativa e gli accordi diplomatici che vengono presi con gli stati di appartenenza degli immigrati.
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