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Luglio-Agosto/2006 - Articoli e Inchieste
Dossier
Osama & Co. dopo l'Afghanistan
di Leandro Abeille

Al-Qaeda era un gruppo “stealth” (invisibile), i servizi segreti americani, nei primi anni Novanta parlavano di “estremisti mediorientali che lavorano per sostenere la causa dell’Islam radicale”, ma non usavano ancora il termine “al-Qaeda”.
Nello stesso periodo, l’Africa orientale e subsahariana, diventava terreno di sperimentazioni per l'ancor sconosciuta organizzazione di Osama bin Laden, proprio in concomitanza della missione “Restor Hope” in Somalia.
Il fallimentare intervento americano (accanto a quello ancora più inutile dell'Onu) nel Corno d’Africa, accende nei jihadisti sentimenti e fantasie trionfali, al punto di tentare un attacco in America al World Trade Center il 26 febbraio 1993.
Dopo questo primo attentato, gli investigatori del Fbi scoprono Osama bin Laden, ma solo come “un nome tra migliaia di nomi”. Per altri 5 anni, Osama continuava ad essere un signor nessuno, sconosciuto ai servizi di sicurezza, e persino ai bene informati media anglosassoni e statunitensi tanto che “non c’è menzione di al-Qaeda in un solo giornale britannico (ed europeo) prima del 1998”.
Nel 2001, dopo anni passati a progettare e spesso a colpire, nei Paesi arabi, in Africa e negli Stati Uniti, al-Qaeda compie il più grande attentato terroristico della storia.
L'attentato dell'11 settembre rappresenta una svolta per molti versi:
- è il primo attentato veramente iperterroristico, nel senso che il terrorismo travalica l'appartenenza territoriale della lotta e colpisce all'estero, come se fosse un atto di guerra contro un altro paese. L'11 settembre vuole apparire come un bombardamento, effettuato dopo una regolare dichiarazione di guerra (la fatwa di Osama contro i crociati), solo che al posto delle bombe, si usano degli aerei civili;
- è il primo mega attentato che coinvolge mega strutture ed una moltitudine di vittime, considerando gli innocenti alla stregua di colpevoli ed i musulmani rimasti uccisi come danni collaterali, semplice fuoco amico;
- provoca un dissenso mondiale, facendo dichiarare, per la prima volta, guerra non ad un paese ma ad una tattica (c'è da ricordare che, in fondo, il terrorismo non è una nazione, né un fenomeno, è una tattica).
L'attentato provoca la reazione Usa: esattamente quello che i terroristi volevano, anche se, bisogna evidenziare che la non reazione sarebbe stata ancora più controproducente.
Una dichiarazione di guerra, quella Usa, che faceva seguito a quella di Osama; per la prima volta un gruppo terroristico è assimilato ad uno Stato privo di territorialità. Siccome però non si può bombardare un network terroristico (la catena di amici, simpatizzanti, sostenitori ed operativi di al-Qaeda) o uno Stato immateriale, gli Usa hanno bombardato chi ne ospitava le strutture: l'Afghanistan dei talebani.
Al-Qaeda, annichilita nel suo essere materiale dagli attacchi delle Forze armate Usa, sopravvive, perchè da struttura si trasforma in idea, il pensiero ideologico di Azzam e il pragmatismo di bin Laden si uniscono: nasce “al-Qaeda per tutti”.
La struttura diventa flusso, il centro la periferia, l'appartenenza è ora virtuale. Gli ordini sono veicolati tramite i mass media, al-Jazeera in testa, dal direttivo di al-Qaeda e le cellule distaccate (definite dormienti) le mettono in pratica, utilizzando una rete di conoscenze ed appoggi intra-musulmana fondamentalista e jihadista, presente nei Paesi arabi, in Europa e negli stessi Stati Uniti.
Un fine comune, una rete di interconnessioni umane, il passaparola, la circolazione delle idee non potranno mai essere distrutte dalle bombe: ecco la novità portata dalla trasformazione di al-Qaeda. Ogni proclama diventa un ordine, eseguito ognuno a modo proprio dagli ex combattenti arabi in Afghanistan ora residenti in altre nazioni o da nuovi simpatizzanti al-qaediani, che Osama bin Laden non l'hanno mai conosciuto, combattono un Jihad insieme anche se non hanno rapporti tra di loro, perchè l'importante, è il fine comune. Jason Burke conferma che: “Il grosso dell’attivismo è oggi praticato da individui che vedono in bin Laden un leader simbolico: agiscono secondo lo stile di al- Qaeda, secondo i suoi programmi, ma non sono controllati in alcun modo significativo da essa”.
“Il linguaggio di bin Laden e il suo concetto di guerra cosmica si sono ormai diffusi tra decine di milioni di persone, e in particolare tra i giovani e gli arrabbiati, in tutto il mondo. Quel linguaggio e quel concetto sono diventati la base della loro visione del mondo e, sempre più, delle loro azioni. In Indonesia, nel novembre 2002, pochi giorni dopo le bombe di Bali, ho visto giovani attivisti islamici con addosso le t-shirt con l’immagine di bin Laden. C’erano slogan filo-palestinesi su molti muri di Giacarta. Tutti i giorni, in tutto il mondo, centinaia di migliaia di giovani si collegano ai siti web jihadisti. Un tempo la rabbia e il risentimento dei giovani, uomini e donne, del mondo islamico venivano espressi nel linguaggio degli islamisti politici relativamente moderati. Oggi gli slogan sono quelli di bin Laden, di al-Zawahiri”.

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