Spesso accade che taluni fatti di cronaca nera, abbiano come protagonisti - nel bene e nel male - le Guardie particolari Giurate. Banditi armati hanno tentato di rapinare un furgone portavalori. Nel corso dell’assalto un bandito rimane ucciso e l’altro ferito dai vigilantes (sostantivo, questo, odiato da tutta la categoria, ma ormai appioppatoci d’ufficio dai giornali). Si scopre successivamente che i banditi sono ex Guardie Giurate non più in servizio e che le armi con cui hanno tentato la rapina sono le stesse di quando erano in servizio nella vigilanza privata. Eccoci, dunque, il problema delle armi in dotazione alle Guardie Giurate.
Ma perché in caso di dimissioni, licenziamento o pensionamento, la pistola rimane all’ex? Nel mio caso particolare, quando cesserò dal servizio, l’arma rimarrà di mia proprietà. Quando fui assunto, la comperai in armeria di tasca mia e la denunciai regolarmente alle autorità di Polizia. Oggi però le armi alle Guardie particolari Giurate vengono acquistate e consegnate loro dagli Istituti di vigilanza, tramite armerie convenzionate. Ed allora una domanda: l’arma è di proprietà della Guardia giurata o dell’Istituto? Un enigma, questo, che qualcuno dovrebbe sciogliere.
Un altro fatto di cronaca ha coinvolto un collega che (almeno a quanto è stato scritto) pur essendo in malattia, svolgeva lavoro “in nero” presso lo stesso Istituto. Il che rappresenta un fatto di estrema gravità. Forse c’è stato un accordo di bassa lega fra Istituto e dipendente. Se questa notizia è vera, per colpa di alcuni scellerati, la nostra categoria sta precipitando in un baratro.
Faccio appello ai colleghi e ai politici che siederanno in Parlamento, affinché si riveda tutta la materia della vigilanza privata.
In particolare ai colleghi vorrei ripetere quanto detto dal presidente della Repubblica Ciampi: “Tenere la schiena diritta”. E volere fortemente quelle aspettative riformatrici in cui si crede. E noi crediamo che occorra nobilitare le Guardie particolari Giurate in questo senso.
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