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Maggio-Giugno/2006 - Osservatorio
In India prosperano i nuovi santoni
di

Nei tempi passati c’erano i santoni, i sadhu, gli insegnanti di yoga, i maestri del tantrismo che indottrinavano platee sedute sulla nuda terra, all’ombra degli alberi. Poi la diffusione della televisione ha portato in ogni casa i santoni di Osho, Krishnamurti, Sai Baba, Sri Sri Ravishankar. Ma oggi la nuova frontiera dei predicatori religiosi in India ha un nuovo connotato, ed è quella degli avventisti, dei pentecostali, e di miracolisti vari.
I nuovi guru della predicazione televisiva sono cristiani, e si chiamano Benny Hinn, Make a prayer, Miraclenet, hanno propri canali via cavo (la televisione più diffusa in India), e stanno assicurandosi un discreto numero di fedeli, e di offerte in denaro da parte di questi.
La formula è sempre la stessa. Il predicatore occidentale (spesso americano) sale su un palco davanti alle telecamere, vestito con camicia bianca e cravatta, abbigliamento in India tipico del dirigente, di colui che indirizza, che parla, che guida. Accanto a lui ha un interprete che traduce le sue parole in una delle 15 lingue ufficiali del Paese, o in uno delle migliaia di dialetti: soprattutto nel sud, dove questi predicatori hanno il massimo nelle comunità cristiane o hindu
Un seguito che manca nel nord musulmano. Il predicatore parla di Gesù, della salvezza, di come per i cristiani “gli ultimi saranno i primi”, un argomento che attira soprattutto i dalit, che come hindu fuori casta dovrebbero reincarnarsi varie volte prima di “liberarsi”.
Per risultare più convincenti, i predicatori non esitano a compiere miracoli, in diretta o in differita: ad esempio, nella sala entra una persona su una sedia a rotelle, e all’invito del predicatore si alza e cammina, oppure qualcuno si toglie e getta via degli occhiali con spesse lenti affermando che d’improvviso ci vede benissimo. Episodi che hanno un immediato successo nel pubblico dei villaggi indiani, nei quali le pratiche magiche è ancora una pratica usualmente utilizzata dagli pseuso guaritori che girano in tutto il Paese. Ogni predicatore si serve di particolari tecniche oratorie e di immagine, aumentando e abbassando il tono di voce, e accompagnando le parole con gesti accuratamente studiati. Nel medesimo modo si comporta il traduttore, che con gli stessi toni di voce e gli stessi gesti ripete le frasi pronunciate dal guru occidentale, e invita a mandare denaro a una casella postale per ricevere libri religiosi e testi di preghiere “miracolose”.
Da qualche tempo nelle televisioni indiane alcuni predicatori occidentali hanno lasciato il posto a loro “colleghi” locali. Questi predicatori indiani indossano anch’essi cravatta e camicia bianca, e anziché servirsi dell’hindi o di un’altra lingua del posto, parlano in inglese, e sono accompagnati da un traduttore. Questo per mantenere un atteggiamento di superiorità, di distanza, e anche perché l’inglese, proprio perché molti ascoltatori non lo comprendono, assume una particolare suggestione.
Si deve rilevare che a differenza delle telepredicazioni trasmesse in America e in Europa, in quelle indiane mancano le presenze femminili. Evidentemente il pubblico indiano non è ancora disposto ad ascoltare una donna che predica su temi religiosi, mentre questo accade normalmente in campo politico.

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