Un recente provvedimento ha reso obbligatoria l’educazione civica nelle scuole italiane: il suo studio è indispensabile per diventare cittadini attivi, responsabili e consapevoli dei propri diritti e doveri.
Forse è la volta buona: con la legge 92/2019, il Parlamento ha (re)introdotto l’educazione civica nelle scuole di ogni ordine e grado. Presente da almeno sessant’anni, questa materia è sempre stata considerata secondaria, talvolta dimenticata dagli stessi insegnanti, travolti da programmi scolastici da svolgere in tempi sempre più ristretti. Una decina di anni fa, si è provato a rivitalizzarla cambiandone la denominazione in “Cittadinanza e Costituzione”, ma senza smuoverla più di tanto dal limbo delle materie “cenerentole”. Col provvedimento dello scorso anno e le successive linee guida del Ministero dell’Istruzione, l’educazione civica diventa una materia trasversale, con un – seppur ridotto – monte ore dedicato, precisi contenuti metodologici e un voto finale, che concorre all’ammissione alle classi successive.
Si tratta di un primo passo per rendere effettiva e “stabile” la nuova materia, che, secondo l’art. 1 della legge deve sviluppare nelle istituzioni scolastiche la conoscenza della Costituzione italiana: educazione civica e Carta costituzionale sono dunque fortemente connessi.
Molteplici (e nobili) gli obiettivi cui mira l’insegnamento, tra cui la formazione di cittadini responsabili e attivi, capaci di partecipare consapevolmente alla vita civica, culturale e sociale della comunità. Le scuole dovranno fare sinergia col territorio di appartenenza, coinvolgendo gli enti locali, il terzo settore e gli altri soggetti istituzionali presenti, tra cui gli operatori di Polizia. Non mancano le criticità, la più evidente delle quali è la cosiddetta clausola di invarianza finanziaria: l’insegnamento dell’educazione civica non dovrà dar luogo a nuove spese a carico della finanza pubblica.
Da anni, Chiara Bergonzini – ricercatrice di diritto costituzionale presso l’Università di Macerata e in possesso dell’abilitazione a professoressa associata – incontra ragazzi di ogni età nelle scuole di tutta la Penisola, affiancando alla sua attività didattica e di ricerca un’intensa opera di divulgazione costituzionale e di formazione degli insegnanti.
Dalla sua esperienza sul campo, realizzata con passione ed entusiasmo, è nato “Con la Costituzione sul banco. Istruzioni per l’uso della Costituzione nelle scuole” (uscito per i tipi di Franco Angeli e giunto alla seconda edizione), agile manuale operativo rivolto ai docenti, che propone un originalissimo metodo didattico che, partendo dalle esperienze dei ragazzi, cerca di stimolare il loro interesse, aumentando la consapevolezza del loro ruolo nella società e dei propri diritti e doveri.
Polizia e Democrazia l’ha incontrata.
Prof.ssa Bergonzini, una recente legge ha (re)introdotto l’insegnamento dell’Educazione civica nelle scuole di ogni ordine e grado. Qual è il suo giudizio sul provvedimento, nel suo complesso?
«In generale trovo opportuno che il tema dell’educazione civica sia tornato all’attenzione della classe politica, dato che ne abbiamo disperatamente bisogno. La legge del 2019 è sicuramente un segnale di interesse, che tuttavia restituisce l’immagine del Legislatore attuale: un legislatore capace fa sintesi, uno incapace fa elenchi. Ecco, la conformazione della nuova disciplina somiglia molto più a un elenco che a una materia: è evidente, diciamo, l’entusiasmo di inserire nel “contenitore” tanti temi importanti; ma è altrettanto evidente l’enorme difficoltà di trattare tanti aspetti – tutti rilevanti – nei tempi e con le modalità previste sia dalla legge, sia dalle linee guida dello scorso giugno. Assolutamente deplorevole è, inoltre, la clausola di neutralità finanziaria, per cui tutto deve essere fatto con le risorse esistenti, richiedendo così uno sforzo ulteriore a un comparto – quello dell’Istruzione – già pesantemente oberato e assolutamente troppo poco valorizzato».
In cosa differisce l’insegnamento dell’Educazione civica da quello, previsto per circa una decina di anni, di Cittadinanza e Costituzione?
«A livello concettuale, il meccanismo è lo stesso: si cerca di “infilare” in questa materia trasversale tutto ciò che “sarebbe bello” i bambini e i ragazzi conoscessero, senza tuttavia prevedere né formazione specifica, né ore dedicate, né risorse aggiuntive. A livello di contenuti, la “vecchia” Cittadinanza e Costituzione è stata aggiornata con i due grandi temi emersi nell’ultimo decennio, cioè sviluppo sostenibile e cittadinanza digitale. Si tratta di macro aree che richiederanno ai docenti un notevole sforzo di formazione, che sarebbe stato opportuno prevedere e coordinare a livello ministeriale prima di far partire l’insegnamento.
In questo, la nuova materia è identica alla vecchia, purtroppo. Come ebbi occasione di dire a proposito di Cittadinanza e costituzione, da costituzionalista e da divulgatrice avrei preferito che la materia fosse concentrata sulla Costituzione almeno per l’istruzione obbligatoria, così da ottenere che intere generazioni di italiani ne abbiano una conoscenza adeguata. Con questo non intendo dire che gli altri grandi temi siano secondari, ma che, dovendo organizzare un insegnamento, sarebbe stato più opportuno tenere presente che essi trovano numerosi agganci in Costituzione, e possono comunque essere agevolmente richiamati man mano che si affrontano i temi del testo costituzionale, magari avvalendosi della collaborazione di esperti del settore».
Perché l’educazione civica è indispensabile in ogni percorso scolastico?
«Perché fornisce una chiave di lettura di tutto il resto. Parlando di ciò che conosco meglio, cioè la Costituzione italiana, ho sempre pensato che in un mondo come quello di oggi, in cui tutto cambia a velocità sconcertante, in cui succedono eventi epocali e in cui è difficile orientarsi perché non ci sono più valori condivisi da tutti a prescindere dalle opinioni politiche (penso, innanzitutto e purtroppo, al principio di uguaglianza), la Costituzione rappresenti un’ottima bussola. E personalmente posso testimoniare, avendo ormai quasi quindici anni di esperienza “sul campo”, che sin dalla scuola elementare i bambini sono perfettamente in grado di capire le regole base del testo costituzionale: se tutti iniziassero a leggere la Costituzione da piccoli, e progressivamente ne approfondissero le implicazioni, forse avremmo qualche problema in meno, anche a livello sociale».
Essa è dunque fondamentale per la formazione dei giovani cittadini…
«Esatto, credo sia determinante: in alcuni istituti con cui ho collaborato in modo sistematico per anni, ad esempio, è calato il livello di bullismo. In generale, e lasciando da parte qualsiasi retorica, delle basi, anche minime, ma comuni di conoscenze “civiche” agevolano enormemente il compito educativo di famiglie e insegnanti, oltre a sviluppare il gusto del senso critico. E il senso critico è uno dei principali requisiti per la cittadinanza attiva, soprattutto in epoca di fake news».
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