L’impegno italiano in Afghanistan è di circa 1.700 uomini inquadrati in un battle group “Italfor” di stanza a Kabul nella caserma “Invicta”, ai comandi del capo di Isaf (Comisaf); un Fsb (Forward support base) il centro di supporto logistico ai Prt, a guida spagnola ma con un Roa (Reparto Operativo Autonomo) dell’Aeronautica Militare Italiana interno che gestisce tutti i voli aerei della zona; un Rac (Regional Area Coordinator) comandato dal gen. Danilo Errico che coordina tutti i Prt della zona ovest, Farah gestito dalle forze statunitensi, Chagcharan a gestione Lituana, e Qal e Now a comando spagnolo; un Prt italiano ad Herat (compresi 6 esperti della ricostruzione del ministero Affari Esteri).
Il battle group “Italfor” è il più attivo di tutti contingenti di Isaf. I suoi compiti sono:
- gestione e protezione di Camp “Invicta”;
- custodi identità italiana a Kabul (Fpc);
- protezione Camp Isaf e dell’area di responsabilità di Bibi Mahro;
- formazione della forza di reazione rapida pronta per qualsiasi evenienza in meno di un’ora;
- gestione trasporti e dei cargo nazionali;
- scorte e gestione dei convogli;
- attività di soccorso umanitario, assistenza sanitaria e zooprofilattica (inesistente in Afghanistan);
- lavori di ricostruzione tramite il Genio-Multinational Engineer Group;
- attività di bonifica dai residuati bellici (Eod) e attività anti-Nbc ( Rischio Nucleare-Biologico-Chimico);
- gestione delle comunicazioni militari locali ed internazionali;
-attività d’insegnamento presso l’Università di Kabul, garantite dagli esperti militari (medici, veterinari ecc);
- lavori di ricostruzione a favore della comunità;
- raccolta fondi ospedale ortopedico della Croce Rossa Internazionale gestito dal dottor Cairo.
In soli tre mesi (novembre-febbraio) il battle group ha sopportato un carico di lavoro impressionante; ha svolto 500 pattuglie nella zona assegnata per un totale di 43.700 km percorsi, confezionato circa 2.000 pasti al giorno, caricato/scaricato circa 2.000 tonnellate di materiali aviotrasportati ed assicurato 30 giornate di visita alla clinica Hope, specializzata nella cura di malattie come la leismaniosi, abbandonata da una Ong ed ora gestita dai medici militari italiani.
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