Il Prt italiano è a Herat, e per adempiere i suoi compiti, è formato dalla parte civile proveniente dal ministero degli Affari Esteri-Cooperazione italiana formata da 6 esperti, e dalla parte militare, con un nucleo Cimic e della task force “Lince” per un totale di circa 130 militari acquartierati presso il Camp “Vianini”.
Il Prt riceve un doppio input, dal governo e dalla popolazione: la sua politica, infatti, tende a portare le urgenze della popolazione al governo, per poi strutturare una sinergia che soddisfi i bisogni della gente, facilitando al contempo, l’azione di governo nella ricostruzione. Nell’ambito della sicurezza fornita dai militari (i civili sono quotidianamente scortati e vivono all’interno della base militare), i progetti di ricostruzione sono gestiti autonomamente dalle due anime del Prt.
Il ministero degli Affari Esteri-Cooperazione italiana gestisce circa 3 milioni di euro l’anno per progetti di ricostruzione che riguardano le infrastrutture, la sanità, le scuole e la protezione delle fasce deboli della popolazione. Grazie alla cooperazione italiana, fino ad oggi, sono state costruite 7 scuole, 2 pozzi, una sorgente, 5 acquedotti e ristrutturati l’orfanotrofio femminile e la sede dell’istituto per ciechi, in collaborazione con i ministeri dell’Educazione, dello Sviluppo Rurale ed Urbano e l’Autorità dell’Acqua.
La parte civile del Prt in collaborazione con il ministero della Salute ha inoltre ristrutturato e rifornito di materiali l’ospedale di Herat che ha un bacino di utenza di 3.000.000 di persone. Questo dato è ipotetico perché, difficilmente, in casi gravi, i malati potrebbero raggiungere l’ospedale. La sanità afgana è un malato che versa in condizioni disperate, basti pensare che solo il 40% dei bambini è vaccinato contro malattie gravi, e soltanto il 25% della popolazione ha accesso all'acqua potabile e ai servizi sanitari. C'è soltanto un medico ogni 6.000 abitanti e un'infermiera ogni 2.50011.
Proprio l'ospedale è rappresentativo del tipo d’intervento umanitario che si sta mettendo in pratica, vengono forniti, infatti, solo quegli aiuti che possono essere materialmente gestiti dai locali che non necessariamente, sono all'avanguardia. Si evita così un salto troppo grande, tra il periodo medioevale dei talebani a quello della missione internazionale, fino a che i medici ed i tecnici afgani non saranno in grado di gestire apparecchiature complesse in proprio.
Un altro punto fondamentale è la collaborazione con gli Enti governativi che in sostanza si caratterizza nella fornitura del Know-How da parte d’esperti della cooperazione, i quali, utilizzano manodopera locale fornendogli al tempo stesso le conoscenze idonee alla manutenzione delle opere.
L'intervento militare affidato esclusivamente al Cimic gestisce 2.800.000 di euro e segue le linee guida governative per la ricostruzione. Gli interventi sono stati vari, dalla sanità alla sicurezza, dalla fornitura di veicoli, apparati radio ed uniformi alle Forze di polizia, ai cassonetti per i rifiuti, agli ausili didattici per le scuole, ai kit per l’emergenza freddo, ai gruppi elettrogeni, alla costruzione di scuole e opere irrigue.
|