Secondo i dati forniti dai Public Media Officers di Isaf, l’Afghanistan è il maggior produttore al mondo di narcotici, la percentuale di oppio del mondo proveniente dall’Afghanistan è l’87%3 che secondo una stima per l’anno 2005 ha prodotto 4.200-4.500 tonnellate di materia prima da cui si potrebbero produrre circa 1.400.000 tonnellate di eroina.
Dal 2001, anno in cui i talebani distrussero quasi tutte le piantagioni di papavero, c’è stato un continuo incremento delle aree utilizzate per la coltivazione d’oppio; solo nel 2005, c’è stata una significativa diminuzione, si è passati dai 131.000 ettari del 2004 ai 104.000 del 2005 (circa il 21% in meno) che però - bisogna precisare - non ha portato ad una diminuzione della produzione. Grazie ad una migliore stagione rispetto l’anno precedente, la resa del 2005 è aumentata dai 32 Kg d’oppio per ettaro ai 39, con un aumento della produzione di circa 300 tonnellate rispetto l’anno precedente.
La diminuzione della superficie coltivata, dopo 4 anni di missione internazionale, è il risultato degli sforzi governativi e delle Forze di sicurezza, associati all’educazione, ai primi interventi strutturali di Isaf e di alcune “fatwa” religiose antidroga che hanno permesso un cambio di rotta, grazie alla diminuita accettabilità sociale della coltivazione dell’oppio.
La lotta alla produzione dell’oppio è affidata alla Gran Bretagna per conto di Isaf e all’Unodoc (United Nations Office on Drugs and Crime) per conto delle Nazioni Unite: rappresenta il punto più sensibile di tutta la missione. La distruzione delle piantagioni di papavero, infatti, rappresenterebbe un passaggio da un’economia “canaglia”, governata dai signori della guerra che possono usare questo nome proprio perché hanno la possibilità di comprare armi grazie ai soldi della vendita dell’oppio, ad un’economia legale e meno legata al crimine internazionale. Il grosso problema non è tanto quello di scovare i campi di produzione ma di sostituire le piantagioni con qualcos’altro. Qualche benpensante (Neocon Statunitense) ha lanciato, qualche tempo fa, l’idea di bombardare, incendiandoli, i campi di papavero ma per fortuna, è stato subito smentito. La distruzione “as it is”, del papavero vorrebbe dire impoverire di colpo migliaia di contadini con le loro famiglie e non solo chi ha interessi su larga scala, per questo motivo la lotta all’oppio deve seguire alla ricostruzione.
Non si può, infatti, sostituire la coltivazione del papavero con il grano o il riso senza mettere in campo una seria ristrutturazione dell’economia e delle infrastrutture afgane. In questo momento, l’oppio garantisce la possibilità di essere venduto, mentre le colture legali, rischierebbero di marcire o rimanere bloccate, perché non è possibile trasportarle verso i mercati. Inoltre, l’Afghanistan non è il tavoliere delle Puglie, è una terra arida, molto argillosa, sottoposta ad inondazioni e siccità nell’arco di pochi giorni, una terra poco fertile e difficile da coltivare. Per questo motivo sono le infrastrutture agricole le prime che devono essere costruite: i sistemi d’irrigazione, le opere per il convogliamento dell’acqua, la costruzione di stalle per un forte impulso all’allevamento di bovini, per far progredire un’agricoltura che, in questo periodo, unisce delle tecniche obsolete con l’uso improprio d’alcuni ritrovati moderni, i quali, spesso, causano l’impoverimento del terreno agrario.
Come sostenuto da alcuni esperti, la comunità internazionale dovrebbe vagliare l’ipotesi di comprare l’intera produzione d’oppio (da usare in seguito per la preparazione delle medicine) direttamente dai contadini, in modo da tagliare l’approvvigionamento ai signori della droga. E’ una buona idea ma di difficile applicazione, perché porterebbe ad un innalzamento del prezzo dell’oppio, fornendogli maggiore appetibilità economica, che porterebbe ad una maggiore produzione ed un allontanamento della convenienza delle colture di sostituzione.
Le strategie di Isaf (e di Unodoc) per contrastare la produzione di oppio sono:
1) Campagne d’informazione sul pericolo “oppio”.
2) Operazioni Psyops (Psycological Operations), volte al cambiamento della percezione sociale non negativa, in alcune sfere della popolazione, nei confronti delle coltivazioni di papavero. Le operazioni d’informazione e propaganda vanno ad incidere proprio su quest’obiettivo: far conoscere ai contadini che la coltivazione dell’oppio è pericolosa e può essere sostituita, la sopravvivenza può essere assicurata anche con altre colture.
3) Supporto alle politiche statali e provinciali nella lotta alla coltivazione, sotto forma di fondi e training verso le Forze di sicurezza, opposizione di carattere politico contro i funzionari governativi che sono conniventi con i grandi produttori.
4) Programmi per colture alternative al papavero che siano economicamente appetibili, ricostruzione delle infrastrutture agricole, facilitazione del commercio.
5) Sorveglianza satellitare ed aerea. Nel 2005 sono state analizzate più 190 immagini del satellite “Ikonos” che hanno compreso 15 province per un totale di 214.000 ettari di terreno agricolo equivalente al 16% di tutti i terreni coltivabili4.
6) Finanziamento del microcredito e sviluppo di un sistema sociale che tuteli gli agricoltori e le loro famiglie, con un investimento di circa 500 milioni di dollari5.
La lotta contro la produzione dell’oppio è una battaglia complessa per la comunità internazionale. Si può combattere come fecero i talebani, i quali, intascati per anni i proventi della coltivazione della “roba”, hanno incassato i milioni di dollari elargiti dalle Nazioni Unite per il contrasto alla droga e nel giro di un anno, distrutto il 90% della produzione, affamando interi villaggi, più di un milione di afgani, facendone morire di stenti a migliaia.
Gli esperti Onu sostengono: “La storia dimostra che, ovunque nel mondo, gli agricoltori a cui è data la possibilità di scegliere tra legalità ed illegalità, scelgono la legalità, anche se i guadagni sono minori; quando invece la scelta è tra illegalità e la fame, gli agricoltori non hanno altra scelta e tentare di sopravvivere”6.
Per i contadini (al contrario dei trafficanti) si tratta solo di sopravvivenza, perché se è vero che gli introiti per la produzione ed il commercio di oppio ed eroina sono circa 2,5 miliardi di euro all’anno, è anche vero che il prezzo pagato dai grandi trafficanti ai contadini varia dai 25 dollari circa ai 55 dollari per chilo di oppio7.
Probabilmente Isaf è sulla strada giusta, distruggere l’oppio senza affamare la popolazione, questa deve essere la via.
|