Siulp
Il Segretario provinciale di Roma Francesco Carta ha dichiarato quanto segue: “Desta grande preoccupazione la situazione organica della Polizia presso l’Aeroporto di Fiumicino. Fino ad oggi le esigenze di sicurezza dello Scalo sono state ampiamente garantite, sebbene con grandi sacrifici da parte degli uomini della Polaria, ciò nonostante, il cosiddetto Piano di Sicurezza Nazionale prevedesse almeno il 30% di poliziotti oltre l’attuale pianta organica. Dal decorso nove gennaio, altri 40 uomini hanno lasciato la Polizia di Fiumicino, il 90% dei quali prelevati proprio dal settore Sicurezza.
Verrebbe da pensare che siano cessate le segnalazioni di allarme e che l’aeroporto Leonardo da Vinci non sia più considerato un obiettivo sensibile; tuttavia, non è affatto così. La situazione permane immutata ed il livello d’attenzione, dopo il fatidico 11 settembre 2001, è sempre altissimo ma ora inizia a costare veramente troppo, soprattutto quando questo avviene con il sacrificio degli uomini oltre qualsivoglia accordo sindacale. Non è più possibile chiedere la fruizione di qualche giorno libero. Diventa critica la situazione anche delle ferie, basti pensare che alcuni dei quaranta colleghi trasferiti, in virtù del loro status di agenti ausiliari trattenuti, non avendone fruito nel corso del 2005, hanno perso, per legge, parte del proprio congedo ordinario.
Tutto ciò sta via via assumendo aspetti paradossali, con la ricerca continua, da parte della dirigenza locale, di espedienti, per sopperire alla mancanza di uomini nelle varie postazioni come le chiusure di qualche passaggio di servizio o l’attribuzione agli addetti al controllo passaporti di ulteriori mansioni di sicurezza. Non si comprende come il ministero dell’Interno non provveda all’immediato reintegro della forza mancante o, in ultima analisi, alla rivisitazione sostanziale del Piano Sicurezza locale, per una volta tenendo conto del reale numero di uomini a disposizione e soprattutto dei loro legittimi diritti contrattuali”.
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La Segreteria provinciale di Ancona comunica: “Nei giorni scorsi il questore di Ancona ha incontrato i Segretari provinciali per informali sulla certezza che il suo mandato come maggior responsabile della questura di Ancona terminerà entro maggio e che i contatti con gli stessi, molto probabilmente, si ridurranno a causa di una serie di circostanze illustrateci che ritengo inutile qui citare.
Non nascondiamo che ci è sorto il legittimo dubbio che da qui a maggio si venga a creare un ‘sostanziale’ vuoto di potere, che solo in parte potrà essere riempito con l’opera di delegazione che necessariamente si avrà; questo non certo per una inesistente incampacità soggettiva del delegato, ma per un oggettivo limite dell’incarico stesso.
Il problema che ci poniamo diventa delicato e le problematiche sorte o che sorgeranno si prospettano di non facile soluzione, rischiando di trovare soluzione esclusivamente con passaggi traumatici. Gli interessi di cui il sindacato è portatore non possono avere incertezze nella loro soluzione o nell’individuazione degli interlocutori deputati ad affrontarli e risolverli.
Questa è una questura in cui vi sono alcune questioni aperte e parte di esse sono laceranti; nate e proliferate sotto questa gestione, lasciarle in sospeso può significare, parafrasando un linguaggio pertinente all’attuale momento politico, una sola cosa: ‘aver sciolto anticipatamente le Camere’; questo non è concesso ad un questore della Repubblica.
Su questo siamo stati chiari nell’incontro avuto con il questore di Ancona, anche se forse siamo apparsi brutali o indelicati. Non abbiamo motivo di dubitare delle rassicurazioni avute, ma come sempre saranno i fatti il terreno in cui, per ognuno di noi, si misureranno le buone intezioni.
Sarebbe verapente spiacevole, anche per noi, reclamare pubblicamente e formalmente una ‘fine anticipata del mandato’ rispetto alla sua naturale scadenza, ma ci auguriamo che non diventi una scelta obbligata”.
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La Segreteria provinciale di Bologna comunica: “Il Siulp stronca l’intesa tra questura e Atc per potenziare la presenza dei poliziotti a bordo degli autobus dicendo, in sostanza, che questo genere di progetti non è affatto la cosiddetta ‘sicurezza partecipata’ ma una misura di puro e semplice presidio.
Una scelta preoccupante con i poliziotti sottratti ad altri servizi e chiamati di fatto a scortare letteralmente gli autobus cittadini. Una scelta poco condivisibile sia sotto il profilo dell’efficacia, sia perché ancora una volta emerge in maniera inquietante quella tendenza a militarizzare il territorio nella speranza di creare un invalicabile confine tra microcriminalità e i cittadini.
Per il Siulp, la sicurezza partecipata si sta riducendo ad una serie di messaggi mediatici, puntualmente divulgati dopo ogni incotro che la questura ha con soggetti istituzionali e non sul tema della sicurezza. Secondo il Siulp, poi, non si rassicurano i cittadini con risorse umane, peraltro sottratte ad altri servizi, utilizzati come un semaforo rosso per i borseggiatori che si orienterebbero fatalmente in altri luoghi. Anni di dibattiti sulla sicurezza a poco sono serviti se si spera di ridurre la microcriminalità senza sollecitare anche altre forme di prevenzione spesso molto più efficaci in particolare a bordo degli autobus. Ad esempio, una macchiana obliteratrice posta alla fermata dell’autobus permetterebbe di evitare quei fatali momenti di distrazione, soprattutto da parte di persone anziane, vittime dei borseggiatori.
In ogni caso, per ora, il progetto per i bus dimostra, secondo il Siulp, che in assenza di una strategia organica e complessiva che valorizzi la professionalità dei lavoratori di Polizia, le risposte alle domande di sicurezza viaggiano ancora sull’onda di una immaginaria emergenza che sposta l’attenzione sul fenomeno che, di volta in volta, viene sottoposto all’attenzione del questore”.
GSiap
L’Ufficio Stampa del Sindacato Italiano Appartenenti Polizia comunica: “Il Siap, per bocca del Segretario generale Giuseppe Tiani, esprime dubbi e perplessità a quanto affermato dall’on. Ascierto (secondo il quale chi sta protestando per le scelte del governo in tema di sicurezza sono i ‘sindacati di sinistra’).
Le etichette, di qualsiasi genere e da qualsiasi fonte provengono, instillano sempre il dubbio della provocazione gratuita e della ricerca di forme di scontro verbale che nulla di buono apportano a quella che dovrebbe essere una causa comune; il miglioramento delle condizioni di lavoro e di retribuzione di quanti garantiscono, anche a costo di strenui sacrifici, la sicurezza nel nostro Paese, stellette o meno.
Le dichiarazioni dell’on. Ascierto offendono perché tentano di condurre la bagarre sul piano della polemica spiccia, buona forse per concludere questa legislatura che, obiettivamente ed al di là delle promesse elettorali, poco di buono ha portato per gli uomini della Sicurezza e Difesa.
Polemiche forse volte a mascherare il fallimento di questo governo nelle politiche della sicurezza, dei cittadini e dei suoi operatori. Inutile l’inserimento di schemi di colore; il sindacato, nello specifico il Siap, quando fa attività, lo fa al di là di ogni possibile connotazione partitica.
Se la quasi totalità dei sindacati di Polizia e dei Cocer contestano le scelte di questo governo, contestano una Finanziaria che, conti alla mano, non ha neanche previsto i fondi per i rinnovi contrattuali, che abolisce il pagamento delle missioni, che ripristina il pagamento a carico dei colleghi delle spese sanitarie per fatti accaduti in servizio, che ancora lascia con il fiato sospeso, per un altro anno, i destini dei trattenuti di altri due corsi, che non prevede la copertura finanziaria per un riordino burla, crediamo francamente che debba essere l’esecutivo, il governo a doversi vergognare per lo scarso impegno dimostrato nei confronti della sicurezza e dei suoi operatori.
Né rossi né neri, né di destra né di sinistra; il sindacato, il Siap, chiede e pretende attenzione e rispetto”.
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Fp-Cgil
Il Coordinatore nazionale Fp-Cgil Polizia Penitenziaria Francesco Quinti ha inviato questa lettera al capo del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria Giovanni Tinebra, al Provveditorato regionale Amministrazione Penitenziaria di Pescara, alla Segreteria regionale Fp di Pescara e ai delegati ed iscritti Fp-Cgil Polizia Penitenziaria di Pescara: “Egregio Presidente, diverse sono state le occasioni in cui la Fp-Cgil, anche attraverso le proprie strutture territoriali, ha evidenziato le problematiche esistenti presso l’istituto di Pescara, ponendo questioni che in parte, stando a quanto riferito, permangono tuttora irrisolte.
Spiace in questa sede, però, dover essere soprattutto costretti a soffermarsi sulle dichiarazioni rese, secondo quanto risulta, ad un quotidiano locale dal comandante di quell’istituto, che imprudentemente - a giudizio della Fp-Cgil - considerata la nota precarietà degli equilibri interni, piuttosto che adoperarsi per rendere il clima lavorativo più sereno, ha preferito sperimentarsi, come si evince dalle dichiarazioni rilasciate agli organi di stampa, nella pubblica critica del personale di Polizia Penitenziaria colà impiegato, accusato di possedere ‘scarse motivazioni a fare bene in quanto ci sarebbe gente che ha troppi anni di servizio’.
Di quali elementi è in possesso il comandante per esprimere simili giudizi? E per quale ragione avverte il bisogno di esternarli pubblicamente, screditando - a giudizio della Fp-Cgil - l’immagine del Corpo e la professionalità dei suoi appartenenti?
In proposito la Fp-Cgil le chiede, signor Presidente, di valutare attentamente l’opportunità di avvicendare il comandante nell’incarico in precedenza conferito, essendo tra l’altro venuto meno - a parere della scrivente organizzazione sindacale - anche il necessario rapporto di fiducia con il restante personale.
Si resta in attesa di cortese urgente riscontro. Cordiali saluti”.
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Fp Cgil - Cfs
Cgil - Funzione Pubblica - Coordinamento Corpo Forestale dello Stato - Ecco il testo della lettere inviata al capo della Cfs ing. Cesare Patrone: “Questa organizzazione sindacale, visto il sempre più frequente impegno di personale in attività di Pg e di investigazione, ritiene fondamentale, per una più efficace operatività, l’individuazione di protocolli unici e procedure tipo relativi agli interventi nei settori interessati, sia in quelli delegati che quelli di iniziativa.
Succede infatti che spesso venga riunito personale da tutta Italia per formare nuclei temporanei composti da un notevole numero di unità, che agiscono contemporaneamente anche in luoghi diversi.
In queste situazioni si assiste di norma ad una completa disorganizzazione dovuta in primo luogo alla poca esperienza nel settore da parte di chi dovrebbe coordinare le operazioni, ed in secondo luogo alla mancanza da parte dell’Amministrazione di direttive chiare ed univoche in merito alle attività di Pg. Infatti negli anni la responsabilità procedurale è stata lasciata all’iniziativa dei singoli, il che ha comportato il crearsi di una miriade di procedure di carattere personale e a differenze persino nella modulistica (sia penale che amministrativa).
Quando si mettono insieme più persone provenienti da diversi luoghi e diverse esperienze capita pertanto di assistere a discussioni sugli atti da compiere, su come farli, sulla priorità dei compiti e sulla divisione degli stessi, e succede anche a volte che si discuta davanti all’indagato o addirittura davanti al suo avvocato, con conseguente compromissione dell’immagine sia dei singoli operatori che del Cfs nel suo complesso.
Per ovviare a queste situazioni, poiché tali attività si sono fatte sempre più frequenti ed impegnative, la Cgil propone la creazione di gruppi di lavoro che predispongano protocolli operativi e di procedura amministrativa standardizzati per ogni tipo di intervento in modo da consentire unicità di comportamenti, velocizzazione degli interventi e ottimizzazione nell’impiego di personale, pronti strumenti per prevenire obiezioni o contestazioni sulle procedure, dando così l’immagine di un Corpo di Polizia efficiente e non di un insieme confuso di personale in divisa senza direttive precise.
A nostro parere questi gruppi di lavoro dovrebbero essere formati, magari anche iniziando da livelli regionali, con unità che abbiano alle spalle anni di attività nei Nuclei Operativi o nei Comandi Stazione e che abbiano pertanto una notevole esperienza sul campo, unitamente a personale laureato o laureando in materie che abbiano attinenza con le attività stesse; quindi esperienza pratica insieme a conoscenza e impostazione teorica. Si potrebbe anche partire da protocolli in uso presso le altre Forze di polizia rimodulandoli secondo le finalità e gli obiettivi dell’Amministrazione.
E’ ovvio che il risultato del lavoro dovrebbe essere poi oggetto di esame tra Amministrazione e organizzazioni sindacali. (per il Coordinamento nazionale Fp Cgil Cfs Stefano Citarelli)”.
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