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febbraio-marzo/2006 - Contributi
Diario di un pendolare
di

"Sono un ragazzo di 23 anni e, per motivi di lavoro, sono da poco arrivato ad Alessandria. Tutti i giorni vado a lavorare a Torino per svolgere il mio turno di sei ore, però devo partire tempo prima (dalle due alle tre ore), per arrivare in oraio e magari consumare il pasto. Non lavoro da solo, con me ci sono tanti ragazzi più o meno della mia età. I miei capi ci fanno accompagnare a Torino con degli autobus. Molte volte lavoro al freddo perché l’incarico che svolgo si sviluppa all’aperto ed a Torino in questi giorni fa molto freddo.
Il lavoro che svolgo mi piace, ma non capisco perché ci siano altri lavoratori come me, che pur provenendo da altre città e lavorando insieme a me, alloggiano a Torino e non hanno i miei disagi. I turni che svolgo dovrebbero avere almeno un intervallo di 12 ore, ma tenendo presente sia il viaggio di andata e ritorno da Alessandria, sia la consumazione dei pasti molto rapida e dei tempi cosiddetti tecnici, di fatto non ho mai più di 6-7 ore libere, spesso si riducono a 4-5 ore, nelle quali devo lavarmi, cambiarmi, dormire e mangiare. Oggi mi sento un po’ più stanco degli altri giorni; ho iniziato a fare questi turni solo da poco tempo e dovrò sobbarcarmeli ancora per un mese. Non so se ce la farò a sostenere questi ritmi, io però ce la sto mettendo tutta, spero di non ammalarmi e di non addormentarmi durante il lavoro. Il lavoro che svolgo è molto delicato, non lo dico con presunzione, ma sono i miei capi che me lo ricordano quotidianamente.
Nella stanza dove dormo non tutti gli altri cinque occupanti svolgono gli stessi turni, nonostante l’impegno per rispettarci l’un l’altro, quando rientriamo dal lavoro e quando ci prepariamo per andare al lavoro disturbiamo comunque il riposo di chi dorme o che magari è appena andato a dormire e che dopo poche ore si deve svegliare. Faccio un esempio: l’altra notte sono rientrato dal lavoro, svolto sempre a Torino, alle 3.30 del mattino, ed ero partito alle 16.00 del giorno prima, un collega si doveva svegliare alle 4.30 per prendere servizio alle 5.15; dopo essermi spogliato e lavato velocemente, sono riuscito a prendere sonno alle 4.00 ed alle 8.30 la sveglia ha suonato in quanto alle 9.15 dovevo partire per fare il mio turno. Mi sembrava di essermi appena addormentato; comunque mi sono alzato lo stesso, così come hanno fatto gli altri miei colleghi del turno. Ci dicono che sono i primi giorni e dobbiamo avere pazienza; io di pazienza ne ho molta ma tra il dormire 4-5 ore per notte, fare 6 ore di lavoro con temperature sotto lo zero, fare tutti i giorni il viaggio di andata e ritorno da Torino, non so se resisterò per molto.
Mi sono chiesto perché i miei capi non abbiano previsto di farci dormire a Torino e rendere il nostro delicato lavoro un po’ più agevole. Non potevano immaginare tutto questo disagio e porvi rimedio prima? Il prodotto finale: sicurezza, sarà vera sicurezza?
Questo potrebbe sembrare l’ennesimo racconto di un lavoratore precario, magari extracomunitario e clandestino, disposto a tutto pur di lavorare; invece è il diario di un agente ausiliario trattenuto della Polizia di Stato del 62° corso; arrivato ad Alessandria per frequentare un corso di formazione di 6 mesi per essere immesso nei ruoli effettivi della Polizia di Stato. L’impegno a me chiesto è assai oneroso, chiedo anche a nome dei miei colleghi un trattamento da lavoratore con doveri ma anche con diritti imprescindibili per la nostra dignità".

Questa lettera firmata, ma della quale per motivi di opportunità omettiamo di indicare il nome dell’autore, è pervenuta alla Segreteria provinciale del Sindacato Italiano Unitario Lavoratori di Polizia di Alessandria.

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