Dal gennaio 2006, ho scoperto di far parte di una Polizia che arresta solo piccoli delinquenti, spesso innocenti e che si accanisce contro pacifici manifestanti anti-G8, lasciando libero campo ai provocatori conniventi (con la mia stessa amministrazione). Inoltre, sbagliano i sindacati del settore a chiedere più soldi e sbaglia il centrosinistra a non schierarsi contro l’aumento di risorse per la Polizia di Stato.
Questi giudizi arrivano da una fonte autorevole, un sociologo, quindi sono meritevoli d’attenzione. In effetti, queste affermazioni non provengono da uno studio scientifico sull’argomento: non è sociologia è un’opinione. Un’opinione si può discutere, un risultato scientifico invece si può verificare o falsificare. Tutto, con i fatti, può essere dibattuto. È il bello della libertà che un sistema democratico come il nostro permette e la possibilità che una rivista come “Polizia e Democrazia”, garantisce a chiunque voglia dire la sua, fossero anche stupidaggini. La Polizia di Stato è in difficoltà, nei confronti d’altre Amministrazioni e nei riguardi di sé stessa, i soldi sono pochi, spesso spesi male, le carriere sono sempre più incerte e i riordini delle carriere non fanno che accontentare qualcuno e scontentarne altri. La Polizia di Stato è formata da uomini, sicuramente perfettibili, che si occupano anima e corpo del loro lavoro. In Polizia poi, quando si parla di corpo, s’intende quello fisico che sfortunatamente, a volte si perde, per colpa del criminale di turno. I poliziotti ogni giorno, si occupano della nostra sicurezza, nel bene o nel male ci proteggono, al di là degli schieramenti o delle simpatie politiche, gli uomini in divisa sono sempre i primi ad arrivare e gli ultimi ad andare via quando accade qualcosa di brutto. Guadagnano poco, meno dei loro colleghi europei occidentali (i più ricchi, gli inglesi, guadagnano circa 4.500 _ al mese) e con meno privilegi rispetto ad altri lavoratori. Il poliziotto non ha quattordicesima mensilità, il buono pasto fruibile presso tutti gli esercizi (bar, supermercati, ristoranti), è inquadrato secondo un regolamento che disciplina a volte anche la sua vita privata. Percepisce qualcosa meno di 6 _ nette per ogni ora di lavoro straordinario, meno di una colf (7 _), di un impiegato delle poste (8 _), di un istruttore di aerobica (15 _), di una guardia della sicurezza Fao (20 _).
Nonostante tutto, il poliziotto italiano è mediamente ben preparato, rispetto ai suoi colleghi europei (ed extraeuropei), sia dal punto di vista personale che professionale.
In Kosovo, durante la missione Onu per la pacificazione della zona, un agente scelto è stato il comandante regionale della regione di Pec, al suo comando c’erano centinaia di poliziotti provenienti da tutto il mondo e circa un migliaio di poliziotti locali. Per non parlare di quelli che comandavano Police Stations, cellule Intelligence o Sezioni di operazioni Speciali (ma c’erano anche istruttori, investigatori, direttori di Scuole di Polizia).
In Italia i poliziotti fanno indagini sulla criminalità organizzata che nel resto del mondo ci invidiano, con un rapporto arresti/condanne notevole. Certo si arrestano anche i microcriminali, quasi sempre in flagranza di reato, si fa l’ordine pubblico con alterne fortune, si regolarizzano o si rimpatriano stranieri, si concedono passaporti e porti d’arma, si espletano, in buona sostanza, le attività di Polizia. Con imparzialità e nella legalità.
Ritornando alla sociologia e considerando un idealtipo sociologico di weberiana memoria, devo affermare che esistono moltissimi poliziotti laureati (la rivista ne ospita le lettere) che lavorano con profili da terza media ma producendo lavori ben più professionali.
A proposito del raffronto poliziotto/ricercatore devo ricordare che, i ricercatori o i dottorandi sono già dei privilegiati rispetto al resto del mondo accademico.
Conosco “molto personalmente” un cosiddetto “assistente del professore”, meglio definibile come “cultore della materia”, laureato in sociologia e specializzato in peacekeeping, collabora con 4 cattedre di 3 diverse Università, esamina studenti, li aiuta nelle tesi, organizza seminari di approfondimento, scrive decine di articoli scientifici all’anno, conduce ricerche, tutto questo senza percepire un euro. Altro che misero stipendio del “povero” ricercatore universitario alle prime armi. I ricercatori o i dottorandi andrebbero confrontati con i cultori della materia e non con i poliziotti o i militari. Non sono professioni paragonabili, il ricercatore non lavora di notte, non lavora su turni, non rischia la vita, non si ghiaccia le ossa in autostrada, non prova lo scomodo abbraccio del Gap, non rischia sassate allo stadio (o al G8) e nemmeno i 5/30 dello stipendio se arriva in ritardo o se rompe (involontariamente) un bene dell’Amministrazione.
The last but not the least, la demonizzazione dei militari mi pare ridicola. Se qualcuno è stato un militare volontario cancella il processo di democratizzazione della Polizia? Non credo. Essere democratici è uno stato mentale, un’appartenenza, un modo di essere, un obbligo, un credo che non è escluso da un’esperienza con le stellette.
La battaglia del fondatore di questa rivista (che non ho personalmente conosciuto ma che apprezzo dalle parole di chi gli è stato vicino) è stata per una maggiore democraticità della Polizia e per la lotta ad un certo mal costume, non per evitare che dei ragazzi, non avessero la possibilità di entrare in Polizia solo perché precedentemente militari.
E’ l’Istituzione la garante della democraticità e della democrazia e non ha nessuna attinenza con il passato delle persone che ne fanno parte. Soprattutto se quelle persone provengono da un esercito professionale come quello italiano. Nella mia esperienza di pattuglie e operazioni congiunte tra Polizia internazionale ed Esercito Italiano non ho mai notato “comportamenti violenti e spesso sfacciatamente vigliacchi (tipici da fascistelli e squadristi ben noti in passato)”, ma sempre un’estrema professionalità e rispetto delle procedure internazionali. In questa che gli antropologi definirebbero osservazione partecipante, ho potuto apprezzare invece la buona preparazione del soldato medio ed il sogno di molti d’arruolarsi nella Poliza di Stato. Senza involuzioni, anzi, con un guadagno in più in quanto l’addestramento militare può essere un valido punto di partenza per l’addestamento da effettuarsi presso le Scuole di Polizia. Per questo motivo oltre alla Polizia di Stato anche le Polizie private puntano sui militari volontari, garantiscono esperienza ed addestramento, la presunta militarizzazione che questi porterebbe all’interno di un’Istituzione è un pretesto. Essere militari o esserlo stati non è una malattia. E’ il regolamento di disciplina e la legge 121/81 che in qualche modo militarizzano (o smilitarizzano a seconda del punto di vista) l’Istituzione, non i sogni di vestire i pantaloni grigi e la giacca bleu di un ventenne militare.
Preoccuparsi della militarizzazione della Polizia è un po’ come vedere la pagliuzza nell’occhio altrui non vedendo il trave nel proprio. In Italia abbiamo una intera Forza armata che ha compiti di investigazione sul territorio nazionale, con migliaia di uomini che 24 ore su 24 hanno qualifiche di agenti ed ufficiali di Pubblica sicurezza e Polizia Giudiziaria. I militari indagano, multano, arrestano, (con ottimi risultati) e, all’estero, fanno i soldati, le multi-specialized units, la Polizia militare, la Polizia civile. E ci preoccupiamo se dei militari, divenuti civili, si arruolano in una Polizia civile? A mio avviso la politica si dovrebbe preoccupare di dare una componente di Polizia civile alle missioni di peacekeeping invece di lasciare tutto ai militari, la Polizia della gente e “tra la gente”, recitava uno slogan, facciamo che lo sia ovunque l’Italia è presente, anche all’estero.
Fossi una parte politica mi preoccuperei d’iniziare una seria rivalutazione delle Forze di polizia e non attraverso il circolo vizioso dei riordini delle carriere che incasinano di più, ma nella preparazione professionale dei lavoratori. Mi preoccuperei di indire concorsi che siano uguali per tutti, di dare un impulso maggiore a chi, sacrificandosi, ha raggiunto una preparazione culturale maggiore, di fornire di strumenti idonei agli operatori di Polizia per combattere un crimine sempre più efferato e complesso, di responsabilizzare realmente chi è pagato per assumersi gli oneri (e gli onori) del comando, di fornire uniformi decenti, macchine efficienti, reali possibilità di carriera, è questa la modernizzazione di un concetto ideale che fu di Franco Fedeli.
Fatti non chiacchiere: questo si richiede alla politica.
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