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febbraio-marzo/2006 - Articoli e Inchieste
Sette e droga
Torino "occulta": uno scherzo preso molto sul serio
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La mitologia secondo cui Torino sarebbe la “città di Satana” e farebbe parte di “triangoli magici” (con altre due città identificate di volta in volta in modo diverso) non è di origine antica ma risale agli anni 1968-1972. Come è stato rivelato nel 1988, la leggenda urbana secondo cui quarantamila satanisti sarebbero presenti a Torino è stata creata in quegli anni da un gruppo di buontemponi, membri dell’attiva goliardia dell’ateneo torinese, che riuscirono ad accreditare la notizia – totalmente fantastica – su Stampa Sera, grazie alla complicità (come lo stesso giornalista ha rivelato nel 2004 nel libro scritto con Aldo Cazzullo Il mistero di Torino. Due ipotesi su una capitale incompresa, Mondadori, Milano 2004, pp. 226-227) di Vittorio Messori, allora giovane giornalista del quotidiano torinese e ben lieto di partecipare a una burla così ben riuscita divertendosi “– non da solo, ma in combutta con qualche collega o qualche conoscitore o adepto del giro – a lanciare presunte notizie o sparare cifre che nessuno era in grado né di smentire né di confermare”, che del resto “venivano incontro al bisogno così umano di stupirsi, di sognare, di fantasticare” e costituivano perfino “un antidoto all’ossessivo, luttuoso notiziario politico in quei tempi di terrorismo” (ibid.). [...]
La leggenda, però, continua. Nel 1968 Torino è una città-laboratorio della contestazione operaia e studentesca, segnata dalla presenza nello stesso tempo di forme anticlericali (spesso, ancora, di carattere goliardico) e di una attiva massoneria “di frangia”, ripudiata dalle obbedienze massoniche maggioritarie e interessata all’occultismo e alla magia sessuale. È in questi ambienti che le notizie giornalistiche sull’esistenza di satanisti in California e altrove suscitano una certa curiosità. Un primo gruppo di persone – che gravitano, appunto, nell’ambiente delle massonerie “di frangia” occultiste – si indirizza alla Chiesa di Satana californiana (che conserva nei suoi archivi traccia di questi contatti piemontesi, fra il 1968 e il 1970). Su questa base nasce una “Chiesa di Satana” di Torino, che raccoglie discretamente alla fine degli anni 1960 e all’inizio degli anni 1970 un numero di aderenti che certamente non supera mai il centinaio.
Giacché alcuni di costoro si rendono conto del carattere “razionalista” degli insegnamenti del fondatore della Chiesa di Satana californiana, Anton Szandor LaVey (1930-1997), nasce l’idea di rivolgersi altrove alla ricerca di un “vero” satanismo. Le origini della seconda formazione denominata a Torino “Chiesa di Satana”, più strettamente “occultista”, sono così strane da poter essere considerate paradossali. Un romanziere e folklorista francese, Claude Seignolle (nato nel 1917), aveva pubblicato diversi libri raccogliendo tradizioni popolari sul Diavolo, di cui uno dal titolo promettente, Les Evangiles du Diable (Maisonneuve & Larose, Parigi 1963). Personaggio curioso, Seignolle si è sempre divertito a presentarsi come un mago di campagna capitato quasi per caso a Parigi, e a lasciare circolare voci che lo dipingono come detentore di segreti esoterici (benché il suo interesse per il folklore demoniaco muova da studi effettuati sotto la guida di etnologi accademici). Avvicinato nel 1969 da torinesi che cercano un’iniziazione satanista più genuina di quelle che LaVey vende per corrispondenza, Seignolle li benedice e li incoraggia, fra il serio e il faceto. È sufficiente perché tornino a Torino convinti di avere ricevuto una “vera” iniziazione a una tradizione trasmessa di padre in figlio, il che determina uno scisma nel piccolo mondo dei satanisti torinesi. I riti sono simili – benché il gruppo scismatico, stagione permettendo, preferisca praticarli all’aria aperta – ma il significato diventa diverso.
Né la prima né la seconda “Chiesa di Satana” – per quanto si siano divertite a confermare le false statistiche di origine goliardica – ha mai svolto forme organizzate di proselitismo, reclutando occasionalmente nuovi adepti solo sulla base di contatti personali. Non hanno mai avuto sedi, costituito associazioni o pubblicato giornali. Cosa più unica che rara nel mondo del satanismo, hanno saputo resistere per trent’anni alla tentazione di parlare con i giornalisti. Questi ultimi, sbarcati a Torino alla ricerca delle presunte migliaia di satanisti, si sono sempre dovuti ridurre a fotografare graffiti che derivano piuttosto da gruppi giovanili del satanismo “acido”, o a intervistare figure di satanisti “culturali” o di presunti fiancheggiatori del satanismo – come il pittore Lorenzo Alessandri (1927-2000), esponente della massoneria torinese e fondatore dei gruppi di “surrealismo magico” Soffitta Macabra e Surfanta (da “surrealismo” e “fantasia”), che in realtà si è sempre accostato al mondo del satanismo da osservatore esterno alla ricerca di temi e suggestioni per la sua attività artistica – che non hanno mai fatto parte né dell’una né dell’altra Chiesa di Satana, o ancora epigoni che dichiarano di avere fondato improbabili “Chiese di Satana” ma il cui scopo principale è fare propaganda a negozi di CD o altro materiale “gotico” di cui sono i titolari.
Proprio l’assenza di contatti con i giornalisti ha permesso ai due gruppi torinesi di sopravvivere, impresa resa più facile dal fatto che entrambi hanno continuato a contare i loro aderenti nell’ordine delle decine. Negli ultimi anni la pubblicità negativa relativa ai Bambini di Satana sembra avere consigliato una ulteriore riduzione delle attività. La Chiesa di Satana originariamente collegata alla California è “in sonno” dal 1997 (il che non esclude che i pochi membri superstiti si ritrovino occasionalmente per cerimonie e rituali), mentre quella più “occultista”, peraltro ridotta a poche unità, continua a celebrare un rito annuale estivo all’aperto in una zona a Ovest di Torino. Nel frattempo, la stampa e la leggenda urbana continuano a sopravvalutare la presenza di satanisti a Torino.

FONTE: www.cesnur.org/religioni_italia/s/satanismo_02.htm

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