Il caso delle Bestie di Satana, la “setta”
formata da giovani della provincia
di Varese, concluso giudiziariamente
nel gennaio scorso, elenca una serie di delitti
compiuti nel corso di sei anni
senza altra motivazione che un’abberrante
attrazione per l’occulto
“Questa vicenda rappresenta un unicum nel panorama giudiziario italiano… non risultano omicidi plurimi commessi da aderenti a sette sataniche… Sono fatti difficili da raccontare per chi li ha analizzati”: queste frasi scritte dal gip Tom Novik nell’ordinanza di arresto per un gruppo di giovani accusati di tre omicidi “rituali”, e sospettati di altri delitti, definiscono sinteticamente una vicenda che ha avuto la sua prima conclusione alla Corte d’Assise di Busto Arsizio il 31 gennaio scorso con cinque condanne: due ergastoli a Nicola Sapone, ventisei anni a Paolo Leoni e Marco Zampollo, ventiquattro anni e tre mesi a Elisabetta Ballarin, ventiquattro anni a Eros Monterosso. Tutti giovani, alcuni minorenni all’epoca dei fatti, “ragazzi normali, comuni, che si possono incontrare tutti i giorni per strada”, li definisce il procuratore Antonio Pizzi, che vivono in famiglia, studiano, lavorano, vanno in discoteca. Appunto, “ragazzi normali” residenti nell’alto Milanese e nel basso Varesotto, nel cuore della Padania Felix, che nascondono bene, o forse nemmeno lo nascondono troppo, un lato oscuro. Sono, per loro stessa definizione, le Bestie di Satana.
Una setta, dunque, una congrega dedita a rituali occulti basati su ipotetiche possessioni diaboliche, sesso, droga, e musica hard, black e death rock. Con qualche “trasgressione estrema” che può sfociare nel delitto.
La notte, di plenilunio, del 17 gennaio 1998, nel bosco di Somma Lombardo (Varese) si riuniscono Nicola Sapone, Andrea Volpe, Mario Maccione, raggiunti poco dopo da Fabio Tollis e Chiara Marino, due fidanzati membri del gruppo. Tollis e la Marino sono stati condannati a morte perché, racconterà un altro adepto, “Maccione, che durante le sedute cadeva in trance e diceva di comunicare con Satana, sosteneva che Chiara incarnava la Madonna, e Fabio lo emulava nella visione dei demoni”. Nel bosco, i due fidanzati vengono uccisi a coltellate, e finiti a colpi di mazza: per sfregio, Nicola Sapone infila in bocca a Tollis dei ricci di castagna, e quando i due sono sepolti in una fossa precedentemente scavata, si mette a ballare sulla tomba ricoperta di foglie, urlando:”Zombie, adesso siete solo degli zombie”. Dell’omicidio non trapela nulla. Fabio Tollis e Chiara Marino erano stati visti l’ultima volta la sera del 17 gennaio in un pub di Milano, frequentato anche dalle altre Bestie di Satana, e tutte le ricerche risultano vane. Nessuno pensa a collegare la loro scomparsa con la setta.
Molto dopo si saprà, dalla confessione di un pentito, che già altre due volte si era tentato di ucciderli: “Il primo tentativo c’era stato a Milano, nel Parco Sempione, dove a volte ci riunivamo. Una sera hanno riempito una bottiglia di barbiturici per farli bere a Chiara, stordirla e portarla in una zona di Milano frequentata da tossicodipendenti. Qui Volpe le avrebbe fatto un’iniezione di eroine per provocarne il decesso per overdose, e quindi fare apparire la morte un incidente”. Il piano era fallito perché, poco prima dell’iniezione, era passata una pattuglia di Carabinieri. Secondo tentativo la notte del 31 dicembre 1997: “Dissero a Fabio e Chiara che Satana aveva ordinato che avessero un rapporto sessuale, e li chiusero in una Renault 4, presa a uno del gruppo, dove avevano messo due petardi nel serbatoio. L’auto si incendiò, ma i due riuscirono a salvarsi”.
Dopo l’uccisione di Tollis e della Marino le Bestie di Satana continuano tranquillamente le loro attività di giovani “come tanti altri”. Anche se vi saranno altri “incidenti”. Di uno di questi è vittima Andrea Bontade, 20 anni, che aveva aiutato a scavare la fossa nella quale sarebbero stati sepolti i due fidanzati, e si era allontanato prima dell’omicidio. La sera del 21 settembre 1999, Nicola Sapone avrebbe detto a Bontade che stava salendo nella sua auto, mettendogli in mano una banconota da diecimila lire, “O lo fai tu, o ci pensiamo noi”. Poco dopo l’auto tra Somma Lombardo e Gallarate si era schiantata contro un muro. Un altro membro della setta, Andrea Ballarin (solo omonimo di Elisabetta, entrata nel gruppo più tardi) sarà narcotizzato e impiccato di notte nel cortile di una scuola, simulando un suicidio.
Nel gruppo vi è una sorta di gerarchia, con Paolo Leoni, detto “Ozzy”, nel ruolo di ideologo e di esperto in satanismo, e Nicola Sapone e Andrea Volpe in quello di comandanti operativi.
L’ultimo delitto avviene proprio per decisione di Volpe. Nel gruppo è entrata una nuova, giovanissima, “adepta”: Elisabetta Ballarin, 15 anni, figlia di Alberto Ballarin, giornalista, collaboratore di “La Padania” e di “Libero”, spesso inviato speciale nei Paesi africani. Elisabetta studia dalle Orsoline, le piace la musica “metallica”, ed è molto bella. Conosce Andrea Volpe, che suona la chitarra come altri del suo gruppo, e ne resta affascinata. Fra i due ha inizio una relazione, e Volpe lascia la fidanzata, Mariangela Pezzotta, sua coetanea, figlia di un consigliere provinciale di Forza Italia, commessa in un negozio di scarpe a Varallo Pombia. Ma i rapporti tra Mariangela e l’ex fidanzato non saranno interrotti, malgrado la presenza di Elisabetta, che, nonostante l’opposizione dei genitori, è andata a vivere con lui.
Si arriva così alla notte del 24 gennaio 2004. Andrea Volpe e Elisabetta (la ragazza ora ha diciotto anni appena compiuti) sono a Golasecca, nei pressi di Busto Arsizio, in uno chalet di proprietà dei Ballarin, che abitano a Milano. I due, abbondantemente drogati con una mistura di eroina e cocaina chiamata “speed”, attendono Mariangela Pezzotta, convocata per telefono da Volpe con il pretesto di portargli la videocassetta di un concerto. Ma forse c’è dell’altro. Comunque, nel gruppo si sa che quella notte (di plenilunio) Mariangela deve essere uccisa: nello chalet vi sono una pistola Smith&Wesson e un fucile, di proprietà del padre di Elisabetta. Poco dopo l’arrivo in auto di Mariangela, Volpe le spara due colpi di pistola in faccia, mentre Elisabetta imbraccia il fucile per impedirle di fuggire; poi il fucile passa a lui, che spara ancora, e si ferisce di striscio a un piede.
A questo punto i due decidono di chiamare in aiuto Nicola Sapone, che arriva di corsa, trova Mariangela ancora agonizzante in una fossa scavata accanto a una serra, e la finisce colpendola in faccia con un badile. Poi, la fuga, che per Volpe e la Ballarin finisce andando ad incastrarsi con la loro auto contro la spalletta di un ponte. Qualcuno chiama i Carabinieri, che, viste le loro condizioni, li portano in ospedale, dove Elisabetta, ancora sotto l’effetto della droga, ripete: “Abbiamo ammazzato Mariangela”.
Seguono le prime indagini, la scoperta del corpo della Pezzotta, e la ricostruzione a ritroso dei crimini della setta. Andrea Volpe, il “capo”, si rivela il più collaborativo: chiede di essere giudicato con il rito abbreviato, e nel febbraio 2005 è condannato a 30 anni. Un altro “adepto”, Pietro Guerrieri, detto “Wedra”, a 16 anni. Mario Maccione, il medium, che all’epoca dell’uccisione di Fabio Tollis e Chiara Marino aveva sedici anni, viene condannato a 19 anni dal Tribunale dei minori.
Delitti senza motivo, crimini orrendi compiuti da ragazzi normali. Almeno, apparentemente normali. Bestie di Satana? Un’etichetta che anch’essa fornisce più interrogativi che risposte.
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