Dopo cinque anni di lavoro,
trattative, ricerche di un autorevole
comitato scientifico, alle Scuderie
del Quirinale sono esposte le opere
del Maestro di Messina,
un’occasione per dare il giusto rilievo
a un artista che merita la stessa
fama di un Leonardo
La storia di Antonello da Messina è tutta da inventare. Questo se si avesse la penna e la fantasia di Vincenzo Consolo, che al genio pittorico del Quattrocento, suo corregionale, entrambi siciliani di scoglio, di quelli che partono portandosi dietro e dentro l’isola, ha reso omaggio con “Il sorriso dell’ignoto marinaio”, storia di altri tempi e combattenti, affresco e saga di stile ottecentesco, che prendeva il via da quel “Ritratto d’uomo” di Cefalù, che ancor oggi non sappiamo quale volto ritragga. Eppure una cosa è certa: nel guardarlo si sente tutta l’inquietudine di quel beffardo sorriso, si sente vibrare un’ironia nata da carne ormai morta, che ancora, a distanza di cinquecent’anni, arriva intatta oltre la tela.
Sorriso enigmatico e inquietante, perché sempre le tele di Antonello hanno questa duplice veste: le Madonne, sono sacre, ma come scrisse Sciascia, oltre che di chiostro sanno pure d’ovile, gli Ecce homo, sono sì Cristi dolorosi, ma hanno tuttavia una smorfia che oggi si definirebbe mafiosa, come ebbe ad osservare Federico Zeri a proposito dell’opera di collezione privata conservata al Metropolitan di New York. Alle storie dei soggetti, si aggiungono spesso le storie e le avventure dei passaggi di proprietà, del disperdersi nel mondo, del disperdersi nel nulla, causa terremoti, maremoti e devastazioni.
Come quello di Messina appunto, che ha cancellato le già scarse notizie biografiche di Antonello, oltre a parte di suoi lavori. Quante opere restano? Circa 45 e sono sparse in ogni dove, dal Mediterraneo ad oltre Manica ad oltre Oceano. Ogni istituzione che le possiede, ogni privato, le considera uniche ed eccezionali. Ed è per questo, anche per questo, che la mostra alle Scuderie del Quirinale è un unicum forse irripetibile. Mettere insieme la maggior parte dei dipinti del Maestro è impresa mai riuscita prima. Ci sono voluti cinque anni di lavoro, di contatti, di trattative, ci è voluta tutta la credibilità di un comitato scientifico internazionale, per rendere finalmente quel doveroso omaggio a uno dei nostri artisti migliori. E forse, dopo questi tre mesi di esposizione (dal 18 marzo al 25 giugno) la fama e la gloria del Maestro avrà maggior eco nel mondo. Già, perché forse, oltre alla bravura occorrono anche le pubbliche relazioni.
Si chiedeva poco tempo fa, Jane Ure Smith, critica del Financial Times, come mai l’Annunciata di Antonello, conservata a Palazzo Abatellis di Palermo, in un allestimento eseguito da quel genio di Scarpa, come mai non fosse famosa come la Mona Lisa di Leonardo. Già, come mai? Perché non ha goduto della penna di scrittori, come Theophile Gautier e della iconizzazione successiva di Duchamp e della Pop Art. Perché forse, l’Italia, in cui i capolavori abbondano, è abituata al bello e al mirabile. Resta il fatto che a Palermo non ci sono le file che ci sono al Louvre e resta il fatto che forse questa è l’occasione per rimediare.
Le opere
in mostra
Ci sarà dunque la celebre “Annunciata”, azzurro velata, ma anche il “San Gerolamo nello studio” e il “Cristo benedicente”. Ci sarà quel capolavoro assoluto del “San Sebastiano” di Dresda, e forse, trattative permettendo, perfino la Pala di San Cassiano dall’Austria. Ci saranno insomma 37 opere su 45 che arrivano da Londra, Vienna, Baltimora, Dresda, Parigi, Anversa e dalle città italiane che hanno il privilegio di possederne una. Messina, la sua città, circa mezzo secolo fa, nel '53, organizzò una mostra che fece epoca per essere riuscita a mettere insieme ben 18 quadri del misterioso artista di cui sappiamo con relativa certezza solo la data di morte. Secondo il Vasari, che ha vissuto però un secolo dopo di lui, Antonello morì a 49 anni, nel 1479.
"E purtroppo non acquisiremo altri dati perché il terremoto di Messina del 1908 ha distrutto la già scarsa documentazione d'archivio riguardante Antonello", racconta Mauro Lucco, docente di Storia dell'arte all'università di Bologna e curatore unico della mostra evento di Roma. "Vasari sembra sicuro sulla data della morte – prosegue Lucco - Abbiamo però un buco pressoché totale sul primo quindicennio della sua produzione, pare avesse una bottega familiare a Messina dove dipingeva gonfaloni per le confraternite. Ma non ci è arrivata una sola opera di quel periodo. Tutto ciò che noi abbiamo sono i lavori degli ultimi 15 anni della sua breve esistenza. Ma non esiste, ad esempio, un solo documento che parli di lui tra il 1465 e il 1470".
Dov'era l'artista in quei cinque anni? In Spagna, in Francia, nei Paesi fiamminghi, ai cui pittori - secondo critici e storici dell'arte - si è ispirato? Forse invece è rimasto sempre in Sicilia, dove molte opere fiamminghe, spagnole e francesi nel '400 erano apprezzate e Antonello avrebbe potuto benissimo vederle. "Lui non dipinge su pioppo come gli artisti italiani dell'epoca, ma piuttosto su noce come francesi e spagnoli. E' su noce uno dei pezzi più belli della mostra, il “Cristo alla colonna” comprato solo nel '92 dal Louvre e ora restaurato. E' un pezzo ancora poco visto, perché era di un privato. A mio parere è di una potenza indimenticabile, le lacrime con i riflessi di luce, il dolore che esprime il Cristo... Eppure è una tavoletta di 30 centimetri per 20, spessa sei millimetri", spiega Lucco.
Già perché di solito i quadri di Antonello sono piccoli folgoranti ritratti. Fa eccezione il San Sebastiano di Dresda, alto un metro e 70, anch’esso restaurato apposta per questa mostra. Ma i restauri, che non sono stati solo conservativi, hanno serbato anche affascinanti sorprese. Laddove infatti le devastazioni naturali hanno posto dubbi e lacune, almeno in parte la moderna tecnologia, li ha riempiti o resi ancor più affascinanti. E’ il caso della Madonna di collezione Forti di Venezia.
Ci racconta infatti Giovanni Villa, storico dell’arte di ultimissima generazione, curatore del catalogo della mostra insieme a Lucco: "Analizzando la Madonna ci siamo accorti che i pigmenti usati sono diversi da quelli della Madonna di Como e da tutti gli altri dipinti del Maestro. Sottoposto agli infrarossi il volto della Vergine ha svelato un disegno sottostante che raffigura un San Michele Arcangelo disegnato con inconfondibile stile catalano valenciano". E quindi? Forse quel quadro come già supposto da alcuni critici, non sia di Antonello ma un precedente.
Ammireremo anche quest’ultima opera in mostra come pure oltre alle opere già citate, e tanto per citarne altre, il “Ritratto d’uomo” di Berlino, quello di Torino e quello di Philadelphia, la “Crocifissione” di Anversa, la “Madonna Salting”, “La vergine coronata” degli Uffici, e quella leggente da Baltimora. Insomma 37 imperdibili capolavori che mai più si vedranno insieme, compreso quel recto e verso del Metropolitan, con un “Ecce homo” e un “San Gerolamo penitente” di cui Federico Zeri in “Dietro l’immagine” (Tea economica) scriveva: “E’ un’opera giovanile ancora ignota alla letteratura artistica. E’ un dipinto a due facce: sul retro vi è un finissimo paesaggio (che conferma la datazione al periodo giovanile del pittore) con una figura di santo, cioè Gerolamo, in ginocchio, completamente rovinata.
Ma mentre il paesaggio è conservatissimo, la figura è devastata. Come si spiega? Questo dipinto veniva certamente custodito entro una piccola borsa di cuoio chiamato cuir bouilli o cuir cuit, cuoio cotto o bollito, che veniva poi solidificato e impreso con decorazioni): era quindi un quadro da portarsi in viaggio. Il proprietario era devoto a San Gerolamo e, baciandolo di continuo, per anni e anni, ne ha distrutto la figura”.
Gli altri artisti presenti
In mostra saranno presenti anche altri artisti che il messinese ha influenzato o, al contrario, da cui ha tratto ispirazione. "Antonello vive nel crogiolo del Mediterraneo. La mostra indagando l’affermarsi di uno dei geni assoluti dell’arte mondiale, si propone – ci racconta ancora Villa - di ricostruire compiutamente la figura di Antonello proponendo, in scansione cronologica, tutte le tematiche da lui mirabilmente sviluppate.
Dal plastico lirismo dei suoi santi, nei frammenti dei polittici di Palermo, Messina, Firenze e Milano, si passerà alla serie delle opere veneziane del grande maestro, lette in serrato dialogo con la poetica di Giovanni Bellini, in un rapporto di dare-avere che, nella pala di San Cassiano, conoscerà il punto di arrivo di tutte le precedenti ricerche e al tempo stesso il punto di partenza delle future sperimentazioni sia dello stesso Bellini sia di allievi e seguaci, rappresentati in mostra dal figlio Jacobello di Antonello – “filius non umani pictoris”, come egli stesso sigla la sua opera presso l’Accademia Carrara di Bergamo – a Bartolomeo Montagna, Alvise Vivarini e Jacometto Veneziano, per citare solo qualche nome.
L’intento della mostra non è solo quello di consacrare e far comprendere appieno la grandezza straordinaria di Antonello, uno tra i primi artisti che, in una sorta di “romanzo di formazione” sviluppato tra la natia Sicilia e Napoli arrivando fino a Venezia e Milano, giunge negli anni finali di carriera a essere unanimemente riconosciuto e richiesto da committenti di altissimo prestigio quale il più grande tra i pittori, ma anche indagarne la misteriosa tecnica a tempera e olio attraverso un’ampia campagna di indagini fisiche non invasive che già ha portato a risultati di rilievo circa gli anni di formazione.
A completamento, dunque, delle opere autografe dell’artista, la mostra includerà anche dipinti di Colantonio e Jan Van Eyck – e dunque, in qualche modo, i precedenti – ma anche di Giovanni Bellini, Cima da Conegliano, Alvise Vivarini, Jacometto Veneziano e Bartolomeo Montagna, solo per citare qualche nome; a dimostrazione, da un lato delle fonti cui egli attinse, dall’altro della profondissima influenza esercitata dal grande artista siciliano.
Altra influenza sarà poi quella suscitata dall’arte provenzale di Enguerrand Quarton e Barthelemy d’Eyck, di cui approfondisce gli aspetti il saggio in catalogo di Dominique Thiebaut, conservatore capo Dipartimento di pittura del Musée du Louvre e membro del comitato scientifico della mostra".
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“Antonello da Messina”
18 marzo - 25 giugno 2006, Scuderie del Quirinale, via XXIV maggio, Roma
Domenica-giovedì 10-20, venerdì e sabato 10-22,30.
Biglietto d’ingresso: intero e 10, ridotto e 7,50, gruppi e 7,50, scuole e 4.
Per scuole e gruppi prenotazione obbligatoria.
Info: 06/39967500, 06/39967200. Catalogo Silvana Editoriale.
FOTO: Antonello da Messina, Crocifissione, Anversa, Musée Royal des Beaux Arts
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