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febbraio-marzo/2006 - Articoli e Inchieste
Carceri
Arriva la Croce Rossa
di

Reperire strutture abbandonate
del Demanio e della stessa Cri, riadattarle
a Istituti di pena con custodia attenuata
e affidarle al personale civile
e ai volontari

Spazi ristretti, sovraffollamento, diritti sanitari non adeguatamente rispettati: la pena per i detenuti italiani ha una dose di disumanità che - secondo gli addetti ai lavori - non ha a che vedere con lo stato di diritto. Di fronte all’emergenza carceri, la Croce Rossa Italiana lancia una proposta: è disponibile a trasformare in Istituti di pena, edifici abbandonati (del demanio o mettendone a disposizione fra quelli di proprietà della stessa Cri) assicurandone la gestione, chiavi in mano, con tanto di militari, personale civile e volontari. Il tutto, nel rispetto della persona e dei diritti umani.
Il presidente della Cri, Massimo Barra, si dice pronto a predisporre, anche a breve qualora ci fosse un interesse delle istituzioni, un progetto di fattibilità. L’ipotesi prevede la gestione, chiavi in mano, di strutture inutilizzate da destinare a carceri a carico e responsabilità della Cri, che metterebbe a disposizione anche il personale; la Cri ha fra le sue componenti anche i militari.
Sarebbe un progetto-pilota con l’obiettivo primario di sperimentare un nuovo approccio di convivenza nelle carceri. Il primo e principale intervento sarebbe decongestionare le carceri, rispettando il numero dei detenuti e quello dei posti letto.
“L’invivibilità delle carceri - dice Barra - è un dato oggettivo. Non vogliamo entrare nelle questioni politiche, il nostro criterio è puramente umanitario. Di fronte alle condizioni di vita degli istituti di pena, i detenuti sono persone vulnerabili. Sono loro il nostro interesse. La pena che devono scontare è nella limitazione della libertà, questo basta ed avanza. Cosa c’entra col non avere bagni dignitosi, strutture idonee, personale umano? Cosa c’entra con la disattenzione sui loro problemi sanitari? Tenuto conto che il 30% della popolazione detenuta, ed è un dato patologico, è tossicodipendente e spesso sieropositiva o malata di Aids? La qualità della vita, anche nelle carceri, non può essere messa in discussione. Ricordo che il rispetto dei diritti umani, compresi quindi quello dei detenuti, rientra nella nostra ‘mission’”.
La proposta di Barra ha un precedente nella storia internazionale del movimento. Il Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) ha contribuito a gestire nel 1995, in fase di emergenza, alcune strutture penitenziarie in Ruanda. Gli operatori del Cicr si occuparono di fornire cibo, acqua, assistenza sanitaria; riattivarono i servizi igienici e le cucine, finanziarono la costruzione di nuovi luoghi di detenzione.
“Questo intervento - afferma il Presidente Croce Rossa - riportò nella media del Paese la mortalità della popolazione detenuta, che era arrivata a punte altissime”.
“La Cri - aggiunge ancora il Presidente - non entra nel merito delle questioni politiche, né partecipa al dibattito sull’amnistia. Per noi si tratta di un intervento umanitario, vogliamo vedere se con la nostra esperienza è possibile dare un servizio più umano ai detenuti; c’è tanta sofferenza che potrebbe essere alleviata, siamo pronti a contenere questi disagi. Ciò che rileviamo prima di tutto, ma non è una novità, è la discrepanza fra numero dei posti negli Istituti e le persone realmente detenute. Lo Stato, come anche noi, ha tante strutture abbandonate, penso ad esempio alle ex colonie. Ecco, noi diciamo al governo: offriamo la nostra organizzazione per vedere se è possibile avere carceri più umane. La Croce Rossa ha un valore aggiunto, in essa opera tanta gente che si rapporta in modo professionale, non paternalistico, di fronte alla sofferenza”.
Barra poi precisa: “Non si tratterebbe di una privatizzazione, noi siamo un ente di diritto pubblico. Rientra nella nostra missione alleggerire situazioni di emergenza”. Inoltre, “ci tengo a sottolineare che la Cri non è dalla parte di Caino, stiamo dalla parte della sofferenza che esiste, indipendentemente dai motivi che l’hanno creata. E nelle carceri italiane si soffre molto. Sono convinto che non è un’idea lunare, potrebbe essere un progetto pilota che ritengo fattibilissimo”.


FOTO: Massimo Barra

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