Un’opera che ha richiesto
notevole sforzo di coordinamento
(più di 120 autori e 140 voci) ed un attento
equilibrio fra passato e presente
Ordinata nella forma di un dizionario, questa opera (Dizionario di Servizio sociale, Diretto da Maria Dal Pra Ponticelli, Carocci Faber ed., pagg. 831, e 89) raccoglie una serie di contributi forniti da docenti universitari di servizio sociale, responsabili di programmi, esperti di servizio sociale, ecc., con la finalità di illustrare - almeno nelle linee fondamentali - i campi di applicazione e le metodologie operative proprie di questa professione.
Si tratta di un lavoro che ha richiesto un notevole sforzo di coordinamento (più di 120 autori e 140 voci) e un attento equilibrio fra la presentazione dei contenuti che fanno parte del bagaglio storico della professione di assistente sociale e alcune più recenti prospettive considerabili coerenti con l’esperienza sin qui maturata.
La responsabilità di organizzare e seguire tale iniziativa è stata assunta dall’Associazione Italiana Docenti di Servizio Sociale (Aidoss), alla quale va dato atto dell’ottimo risultato conseguito, con particolare riguardo a Maria Dal Pra Ponticelli, professore associato dell’Università di Siena, docente di Metodologia del Servizio sociale, ben nota e apprezzata per le qualità professionali e per la sua attività di studiosa, che ha diretto il lavoro del gruppo con grande sensibilità ed efficienza.
Come tutti i dizionari diretti a sintetizzare in un numero di pagine necessariamente ridotto sistemi di conoscenze ed esperienze operative complesse, viene da chiedersi anche in questo caso da chi e come il dizionario potrà venire meglio utilizzato.
Gli assistenti sociali vi troveranno un importante riferimento ai termini essenziali della loro professione, con una chiara definizione dei principi, dei compiti e delle metodologie caratterizzanti che fanno del servizio sociale una professione specifica. Coloro che conoscono il servizio sociale con grande approssimazione, pronti a confonderlo con i presidi meramente assistenziali o con altre professioni, o ancora semplicimente a trascurarlo suscitando l’impressione che non sappiamo esattamente di cosa si tratti, potranno trovarvi un’informazione di base capace di orientarli per le valutazioni e le iniziative di loro pertinenza. Il che non è poco se si considera che spesso tali valutazioni e iniziative riguardano proprio le competenze operative del servizio sociale o i possibili sviluppi della sua azione.
Infine, si può sperare che, avendo gli interessati consultato il Dizionario di Servizio sociale, non capiti più di vedere preannunciare un convegno dal titolo “Nuove frontiere dell’ordinamento penitenziario” (Roma, 11 novembre 2005), articolato in sezioni ricoprenti la materia carceraria, con l’intervento di illustri personalità politiche, amministrative della stessa Amministrazione Penitenziaria, ecc., senza che, nel programma dei lavori, il servizio sociale sia nemmeno incidentalmente richiamato, salvo - se proprio si vuole essere ottimisti - per la presenza di un solo “partecipante” (dirigente di servizio sociale periferico) nel mare magnum dei menzionati, senza esplicita previsione di intervento in un eventuale dibattito (che ritengo peraltro non risulta programmato).
Il fatto che il convegno - stando sempre a quanto si evince dal programma - non compreda il settore delle misure alternative non cambia nulla, se si pensa che il servizio sociale - oltre che all’attuazione delle misure alternative - è chiamato a svolgere importanti compiti di raccordo dei detenuti con le loro famiglie, così come di partecipazione al trattamento dei condannati, di partecipazione alle commissioni di istituto, di collaborazione con gli altri operatori penitenziari, ecc.
Inconvenienti analoghi - che potrebbero in alcuni casi riflettere una sottovalutazione dell’apporto del servizio sociale alla realizzazione dell’ordinamento penitenziario - avrebbero minori occasioni di verificarsi quando una più ampia diffusione di informazioni fornisse a tutti una adeguata documentazione sulla natura e sulle metodologie operative di questa professione.
Naturalmente, l’esistenza di un libro non garantisce di per sé la sua buona utilizzazione.
Perché un libro serva, si deve anche avere voglia di leggerlo.
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