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Gennaio/2006 - Contributi
I poliziotti protestano
di Salvatore Palidda - Sociologo

Con il comportamento tipico da cogestori o postulanti tale funzione, i sindacati di Polizia sembrano unanimi nel lamentare le riduzioni delle risorse finanziarie che - dicono - prevede la Finanziaria approntata da Tremonti (ma Pisanu dice che non è vero e che anzi ci saranno 200 milioni di euro in più). Comunque, è francamente sconcertante che nessuno del centrosinistra dica che lamentarsi per tali eventuali riduzioni non è assolutamente accettabile da un punto di vista democratico. Perche:
1) da anni le risorse allocate al settore sono state in continua crescita continuando ad alimentare allegramente sprechi di ogni sorta;
2) l’Italia è il Paese che, in proporzione agli abitanti, spende più di ogni altro per la sicurezza privata e pubblica, la cui “produttività” consiste solo nel colpire i soliti arcinoti piccoli delinquenti e a volte spesso innocenti (come si vede bene dalla composizione della popolazione carceraria e nelle carceri speciali per migranti che avrebbero diritto all’asilo umanitario o politico - i Cpt) o consiste anche nell’accanisrsi, come a Genova per il G8, contro pacifici manifestanti (lasciando libero campo ai provocatori conniventi con parti della Polizia).
Da anni nelle Polizie pubbliche e anche in quelle private si reclutano sempre più persone che hanno già fatto il servizio militare volontario, quindi assai spesso con evidente impronta militaresca che cancella definitivamente il processo di democratizzazione che avrebbe dovuto essere sviluppato dopo la riforma della Ps del 1981. E’ anche grazie a questo che si diffondono l’involuzione autoritaria e i comportamenti violenti e spesso sfacciatamente vigliacchi (tipici da fascistelli e squadristi ben noti in passato) in particolare nei confronti di piccoli delinquenti o immigrati. Ma a questa situazione corrisponde anche una condizione che di fatto gode di privilegi certi rispetto ai coetanei o agli altri lavoratori di altri settori del pubblico impiego e del privato. Basta andare a guardare quanto guadagnano come primo stipendio un agente, un ispettore o un vice commissario e confrontarli con le paghe dei giovani che si barcamenano fra sommerso e precario o anche che sono riusciti ad accedere ad un lavoro fisso (comunque un ragazzo con 4-6 anni di anzianità nelle Forze armate come nelle Polizie riesce a guadagnare di più di quanto prende nei primi tre anni un neo-ricercatore universitario la cui formazione e “gavetta” è costata ai genitori e a lui stesso sicuramente molto di più che quella del più giovane neo-militare o neo-poliziotto).
Infine, nessuno parla degli sprechi clamorosi che si perpetuano nell’organizzazione della sicurezza in Italia: perché in ogni città ogni Polizia deve avere la sua centrale operativa per lo stesso compito del cosiddetto controllo del territorio? Quanti sono i funzionari di questura che hanno diritto ad auto e autista di servizio anche per andare e tornare da casa pur non essendo a rischio alcuno? Quanto costano certe consulenze di privati spesso assai poco necessarie? Perché nessuno parla dello squilibrio flagrante fra le spese per la repressione e la penalità e le spese per il trattamento sociale di problemi e malesseri che sono classificati come delinquenza (e messi in carcere com’è il caso dei tossici, balordi, clochards, immigrati clandestini)? Quante volte le Polizie intervengono per tutelare i diritti fondamentali dei più deboli? (i supersfruttati nel lavoro nero compresi i clandestini, per esempio).
Speriamo che qualche democratico voglia ancora discutere di razionalizzazione democratica della sicurezza e di gestione pacifica del disordine che produce un assetto economico fondato sull’asimmetria fra attori forti e classi subalterne.

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