Sul finire del dicembre scorso, ho indirizzato al presidente del Copaco on. Enzo Bianco e ai membri dello stesso Comitato, una lettera nella quale, facendo seguito alla mia del 28 marzo 2000 e alle successive scritte in merito alla questione dell’altra Gladio, delle informazioni fornite dal “gladiatore” Antonino Arconte sul preavviso circa l’attentato di via Fani e dall’altro “gladiatore” Franz Cangedda circa il covo delle Br a “Gradoli Strasse”.
Premesso che, come aveva dichiarato l’on. Beppe Pisanu fin dal 2 aprile 1997 nella intervista rilasciata al Corriere della Sera, non c’è dubbio sulla esistenza di una Gladio all’estero operante come grande rete di intelligence praticamente in tutto il mondo con particolare riferimento all’Africa settentrionale come testimonia l’operazione della destituzione del presidente Bourghiba in Tunisia a cui hanno partecipato uomini di quest’altra Gladio e della quale si ha anche notizia nel libro dell’ammiraglio Fulvio Martini: “nome in codice Ulisse”.
Circa il fatto che tra i compiti di Gladio ci fosse quello di svolgere operazioni clandestine all’estero per il sovvertimento di regimi ostili, lo si legge, ad esempio, nel documento del 24 gennaio 1952 dei Capi di Stato Maggiore Usa dove è previsto che la Sb (Stay Behind) svolga “operazioni clandestine all’estero per il sovvertimento di regimi ostili”. Tali operazioni negli Stati Uniti vengono affidate alla Cia, ma in Italia, tenendo conto della legge 801/77, non possono essere svolte dai Servizi segreti ai quali è consentito svolgere solo operazioni di pura intelligence, cioè di puro stampo informativo. Che tali operazioni non debbano essere messe a conoscenza dei governi venne stabilito dal piano Demagnetize (piano nel quale si specifica, appunto, che solo i Servizi segreti siano a conoscenza di determinate operazioni e non il governo). Per inciso, ciò ha segnato, per i nostri Servizi, la prima grande deviazione. E’ chiaro, quindi, perché le operazioni debbano considerarsi clandestine e perché sussista il vincolo del non renderle note e quindi l’obbligo di distruggere tutti i documenti che ad esse si riferiscono.
Le affermazioni dell’on. Pisanu spazzano via tutte le false informazioni fornite al Parlamento secondo cui non si aveva notizia di questa Gladio (o componente armata di Gladio all’estero) che, come ben si sa, operava in modo clandestino e vengono spazzate via anche le diffamatorie dichiarazioni su quanto hanno affermato i “gladiatori” Arconte e Cangedda in relazione alle operazioni sopra accennate.
Operando armate all’estero queste componenti della Gladio agivano come un “Corpo armato” non dipendente (e non conosciuto) dal Presidente della Repubblica, il quale è, per la Costituzione, a capo delle Forze armate. Di conseguenza queste operazioni clandestine dovevano considerarsi fuori dell’ordine costituzionale. Del resto, per quanto riguarda gli Ossi (Operatori speciali del Servizio segreto) che hanno operato armati (dipendevano dalla VII Divisione del Sismi), questi sono stati considerati in alcuni atti della magistratura, come svolgenti operazioni eversive al di fuori dell’ordine costituzionale. In caso di necessità eventuali operazioni armate debbono essere affidate ai Reparti speciali dei Carabinieri o della Guardia di Finanza.
Dunque si tratta di una vicenda molto preoccupante anche sotto il profilo costituzionale.
A quanto sopra ora si aggiunge la falsa risposta ad una interrogazione parlamentare nella quale si attribuiscono al gip del Tribunale di Roma dei giudizi negativi sull’operato dell’Arconte, mentre il gip stesso ha chiaramente dichiarato Arconte “parte offesa”, ovviamente per false affermazioni che sono state fatte al suo riguardo.
Quindi un cittadino italiano è stato denigrato senza alcuna prova, le insinuazioni fatte a suo conto sono state archiviate sia dal pm del Tribunale di Roma in data 29 marzo 2004, sia dal gip nel citato documento del 7 maggio 2004. Ed invece, in data 10 settembre 2004, nella risposta alla interrogazione del sen. Andreotti n. 4-06855 viene affermato che sono state avviate indagini sul sig. Arconte e sulla produzione di false attestazioni documentali, quando invece l’Arconte era stato considerato addirittura “parte offesa”.
Nella risposta a detta interrogazione si parla, a proposito dei documenti inclusi dall’Arconte nel suo libro “L’ultima missione”, di documenti di “uso corrente” opportunamente manipolati, mentre, ovviamente, si tratta di documenti di “uso clandestino” dato che tutte le operazioni svolte dalla Gladio erano clandestine ( a meno che non siamo giunti al punto da considerare “clandestine” tutte le operazioni di “uso corrente!”).
Con le accuse di produzione di “false attestazioni documentali” nei riguardi dell’Arconte praticamente, per cinque anni, si sono bloccate le indagini sui fatti denunciati e ciò, nonostante che, fin dal 1997, nel documento citato fosse stata confermata l’esistenza in modo clandestino (e quindi adottasse procedure che prevedevano, ad esempio, la “distruzione immediata” di documenti relativi alle operazioni condotte per poter fa sì che Gladio potesse restare in clandestinità) ne è prova l’unica documentaqione di cui siamo in possesso che riguarda la “operazione Delfino” condotta nel 1966 e che presumeva l’attuazione di azioni armate, come ad esempio il lancio di una bomba da esercizio sulla sede del Pci a Trieste.
Proprio perché trattavasi di un’operazione clandestina tutte le carte relative a tale operazione non portavano una classifica di segretezza. Infatti, quando viene attribuita ad un documento una classifica di segretezza, il documento stesso deve essere registrato negli appositi protocolli e quindi, pur se non se ne conosce il contenuto, si sa che una data operazione è avvenuta. Per le operazioni clandestine, ovviamente, non si può apporre un timbro di classificazione perché già questo sarebbe una traccia. E certamente, come si è detto sopra, non si usano per queste operazioni dei “documenti di uso corrente”.
Le operazioni armate di Gladio sono state condotte secondo lo stile della Cia utilizzando le direttive per le operazioni di Insurgency e Counter Insurgency (sovversione e antisovversione) stabilite dal Field Manual 30/31 degli Usa (una copia del quale fu ritrovato nella caligia della figlia di Gelli). Tra l’altro, il Field Manual, con varie modifiche, è ancora in vigore. L’operazione succitata, condotta per la destituzione del presidente Bourghiba, fu proprio un’operazione che vide l’attuazione sia delle operazioni di “Insurgency” che di “Counter Insurgency”, operazioni del tipo di quelle che si verificarono, ad esempio, nella “operazione Delfino”.
In conclusione, non potendo esservi dei dubbi su quanto affermato dall’on. Pisanu nell’intervista citata, segnalo ancora una volta la necessità che si indaghi sulla esistenza di quest’altra Gladio che non è stata fino ad oggi resa nota in Parlamento, sulle operazioni clandestine che effettuava, sulle informazioni che, come rete di Intelligence, ha prodotto, in particolare quelle sopracitate relative al preavviso dell’attentato di via Fani e alla segnalazione secondo cui esisteva a via Gradoli un covo delle Br di cui, purtroppo, si è scoperta l’esistenza troppo in ritardo essendo stato dato credito, invece, a quanto segnalato dal tavolo spiritico di Bologna.
Ritengo anche sia doveroso indagare su chi è stato responsabile delle falsità contenute nelle risposte a varie interrogazioni parlamentari tra cui quelle del sen. Russo Spena, del sen. Malabarba e del sen. Andreotti.
Non mi pare assolutamente accettabile, infatti, che in Parlamento vengano fornite false risposte e specialmente in relazione a fatti così gravi come quelli che hanno portato alla uccisione dei cinque agenti nell’attentato di via Fani e al rapimento dell’on. Moro. Ma non è accettabile, allora, che venga tenuta nascosta l’esistenza di una organizzazione clandestina all’estero che operava fuori dalle conoscenze del Parlamento e anche del Presidente della Repubblica, e della quale non si conosce neppure chi era responsabile. Come pure non mi pare assolutamente accettabile che cittadini italiani possano essere accusati di falso o, per usare le parole della citata risposta alla interrogazione 4-06855 del sen. Andreotti, “produzione di false attestazioni parlamentari”, senza che vi sia una prova e ciò anche in relazione a quanto stabilito nella legge 801/77.
Ancor meno accettabile, mi pare, che fatti così gravi, come quelli che riguardano un possibile preavviso all’attentato di via Fani e l’esistenza del covo di via Gradoli, non abbia portato ad interrogare tutti coloro che possono contribuire al chiarimento di quei fatti, a meno che non si voglia stendere una coltre di silenzio su tali vicende.
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Interrogazione parlamentare
L’on. Malabarba ha rivolto questa interrogazione al presidente del Consiglio dei Ministri.
Premesso che sul quotidiano “La nuova Sardegna” del 21/12/2005 è uscito un articolo a firma Piero Mannironi dal titolo “Pasticcio politico-giudiziario sul caso Arconte. Accusato di essere un falsario ma dall’inchiesta emerge invece che era parte lesa”, si chiede di conoscere se risponsa al vero:
- che il “gladiatore” Arconte risulta essere stato accusato di essere un falsario come si deduce dalla risposta all’interrogazione 4-06855 del sen. Andreotti e Malabarba, risposta pubblicata in data 23 settembre 2004, dove si afferma che sono state avviate indagini sul signor Arconte e sulla formazione di false attestazioni documentali;
- che il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma in data 7 maggio 2004, quindi vari mesi prima della risposta, aveva affermato che l’Arconte era da ritenersi “parte offesa”;
- infine, chi abbia fornito le false informazioni tendenti a far credere che l’Arconte fosse un falsario.
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