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Gennaio/2006 - Interviste
Intervista
Far decollare il sistema Lazio a livello europeo ed internazionale
di a cura di Paolo Pozzesi

Massimo Pineschi, Presidente del Consiglio
regionale, espone le linee di intervento
per potenziare il sistema produttivo,
garantendo equità sociale, sicurezza
e rispetto della legalità


Quali sono i problemi più immediati che il Consiglio regionale del Lazio, nell’ambito delle sue funzioni, si trova ad affrontare?
Credo che il rilancio del sistema produttivo, la creazione di nuovi posti di lavoro stabili e il potenziamento dei servizi sociali e sanitari in tutte le province del Lazio debbano essere i nostri obiettivi prioritari in questa legislatura.
Nel documento di programmazione economica e finanziaria per il prossimo triennio, approvato il 21 dicembre scorso, sono state ben delineate le strategie per superare ritardi, difficoltà, emergenze che abbiamo di fronte. C’è un ampio confronto con tutte le realtà locali, attraverso una grande consultazione che è il cuore stesso di quella democrazia della partecipazione che oggi è un valore assoluto da promuovere.
Già in questi primi mesi di impegno, abbiamo dato segnali importanti compiendo con il programma scelte chiare a favore di settori vitali come la sanità, i trasporti e la viabilità, la casa, la scuola, le imprese produttive, i servizi sociali, l’ambiente, la cultura, la formazione, lo spettacolo, lo sport e il turismo.
E particolare attenzione rivolgeremo ai problemi della sicurezza dei cittadini e alla lotta alle varie forme di criminalità e di illegalità.
Sviluppo e socialità sono i temi fondamentali dell’impegno legislativo del Consiglio.
Attraverso il lavoro delle Commissioni, chiamate a esaminare quasi 100 proposte di legge, affronteremo concretamente i problemi di fondo della Regione per garantire ai 5 milioni di cittadini del Lazio una condizione di vita serena dignitosa e un futuro più sicuro.
Come si configura la situazione, molto particolare, di una Regione che “ospita” la capitale della Repubblica, con tutti gli aspetti che questo comporta? A tale proposito qual è la funzione, e quali sono le prospettive di lavoro, della Commissione consiliare speciale per Roma Capitale?
Tra la Regione e Roma c’è un particolare rapporto, come conferma l’istituzione della Commissione speciale “Roma Capitale”. Si è messa al lavoro dimostrando grande attenzione per assicurare quello che è il suo principale obiettivo: favorire uno stretto rapporto di cooperazione a livello istituzionale.
Se cresce Roma, si mette in moto un effetto moltiplicatore per tutta la Regione Lazio nel suo insieme ed anche per il territorio nazionale. Infatti, come avviene in altre nazioni, le capitali sono un “motore” importante di tutto il sistema Paese. Ritengo perciò pernicioso creare conflitti e contrapporsi con la Capitale, non solo per la Regione che la ospita ma per l’Italia intera.
Oggi, sono molti i fatti concreti che la Regione e la Capitale stanno realizzando nell’interesse comune.
Ricordo che il “patto per Roma”, siglato tra Regione, Provincia e Comune, significa l’avvio di un modello istituzionale moderno, e non solo di un tavolo di coordinamento. C’è un vero progetto di lavoro, un’alleanza concreta sulle cose da fare, che aiuterà a potenziare, modernizzare e far decollare il sistema Lazio a livello europeo e internazionale.
Ma sarà necessario che questo grande progetto sia sostenuto con risorse nazionali.
Siamo fortemente impegnati per evitare in ogni modo un taglio dei finanziamenti per Roma Capitale e per il Lazio.
In passato la sanità è stata uno dei punti dolenti del Lazio. In che modo il Consiglio regionale, attraverso la Commissione Sanità, sta affrontando questo problema?
Direi che mai come oggi il tema della sanità è diventato quello più “sensibile”. Tocca un bene come la salute dei cittadini rispetto al quale nella nostra regione emergono situazioni preoccupanti, a cominciare da quella delle risorse finanziarie. La Regione spende 8 milioni di euro su 15 del bilancio per la sanità. Nel biennio 2002-2004 si è accumulato un disavanzo di oltre 2 miliardi.
Ed è proprio su questo versante finanziario che bisogna agire con più rigore. Dobbiamo abbattere gli sprechi e investire le risorse necessarie a garantire standard di servizi sanitari all’altezza di una Regione che vogliamo davvero far diventare un modello di buona sanità.
Tutti i cittadini devono sentirsi più sicuri e protetti sul piano sanitario. Soprattutto coloro che versano in condizioni di maggiore disagio e hanno bisogno di più tutela. Pensiamo che sono oltre centomila gli ultra 65enni non autosufficienti e quindi che più necessitano di protezione.
Abbiamo dedicato all’emergenza sanitaria una seduta straordinaria del Consiglio regionale e oggi siamo pienamente consapevoli delle cose da fare, a cominciare dalla trasparenza dei bilanci delle strutture sanitarie.
Dovremo anche ridurre gli eccessi nei consumi dei farmaci dove il Lazio ha, purtroppo, un primato.
Vogliamo una sanità moderna per tutti, e soprattutto una sanità di qualità. È per questo che la Regione vuole garantire standard di qualità nei servizi, cioè, requisiti minimi per tutte le strutture sanitarie.
Il disagio sociale, la sicurezza e la lotta alla criminalità: sono problematiche che si pongono da sempre, ma oggi particolarmente presenti e urgenti. Come affrontarle, a livello regionale, con gli strumenti di cui dispone il Consiglio?
Si tratta di temi sensibili, specialmente per una Regione che denuncia ancora sacche di emarginazione sociale e forti problemi del lavoro che rendono precaria la condizione soprattutto dei giovani e delle donne.
Il Lazio è anche una regione aperta, che promuove una cultura dell’accoglienza e vede quindi concentrarsi una forte quota di immigrati di anno in anno.
Di fronte a questo problema, noi dobbiamo combattere ogni forma di disagio, favorendo la sicurezza dei cittadini con una grande solidarietà sociale, e promuovendo una diffusa cultura della legalità.
Non dobbiamo sottovalutare la presenza nel Lazio di una forte criminalità organizzata e mafiosa che è radicata specialmente in alcune zone.
Il Consiglio è attivo su queste tematiche e nel suo ambito opera una Commissione speciale che si occupa dei temi della sicurezza, dell’integrazione sociale, della lotta alla criminalità.
Sono convinto che le Istituzioni possono fare molto. L’osservatorio regionale per la sicurezza è uno strumento che può essere molto efficace nell’orientare le politiche di contrasto alla criminalità in tutte le sue forme. Molto importante è la collaborazione instaurata con gli enti locali, le Forze dell’ordine, i sindacati e i cittadini perché ognuno ha una sua funzione e può dare un contributo decisivo a debellare l’illegalità e sconfiggere ogni minaccia al diritto alla sicurezza delle persone.
Devolution, tagli agli enti locali e alle Regioni. Come sarebbe possibile armonizzare la distribuzione delle risorse economiche nazionali, tenendo al primo posto il benessere di tutti i cittadini?
Sul tema della devolution e della riforma costituzionale il Consiglio regionale ha deliberato la richiesta di referendum. È un atto di grande valore politico e istituzionale votato all’unanimità.
Quanto al problema della distribuzione delle risorse, è certamente un nodo fondamentale per la Regione. Se perseguiamo l’obiettivo di una più forte crescita della ricchezza, dobbiamo però coniugarla con l’equità redistributiva che garantisce più uguaglianza tra i cittadini.
Come dire che dobbiamo garantire più sviluppo senza pregiudicare però le conquiste dello stato sociale che in Italia hanno visto protagonisti tanti movimenti e tante generazioni.
Oggi, molti economisti avvertono che per misurare il tasso di crescita di un Paese non possiamo semplicemente riferirci al Pil, cioè all’incremento di ciò che viene prodotto. In effetti non si tratta solo di perseguire un risultato quantitativo di crescita.
Nel Pil deve essere, invece, incorporato anche un indice di benessere collettivo, quello che si definisce il fattore qualità, cioè la qualità delle condizioni di vita, la garanzia di una vita dignitosa e umana e la sicurezza per l’avvenire.
Tutto ciò è presente nel modello europeo, che esprime una società che pone al centro dello sviluppo l’uomo, la tutela dei suoi diritti, la salvaguardia del welfare.
Nel suo libro sul “sogno europeo”, Jeremy Rifkin si dice convinto che l’Europa possieda più di altri la visione necessaria per affrontare e vincere i problemi della globalizzazione. Proprio perché ha un sistema di valori di libertà, uguaglianza, di socialità, di pace, di democrazia che garantiscono anche un migliore confronto e dialogo con le diversità, con altre culture, e con Paesi che richiedono aiuto, cooperazione e solidarietà.
Sono convinto che in Italia possiamo realizzare una più forte equità e uguaglianza proprio armonizzando la distribuzione delle risorse, combattendo le nuove povertà, l’emarginazione sociale dei giovani e degli anziani e l’isolamento di tanta parte della popolazione femminile che stenta a inserirsi nel circuito del lavoro e del pieno riconoscimento dei suoi diritti.
È vero che si avverte sempre più l’esigenza di una politica di contenimento dei tagli della spesa pubblica, ma i tagli devono riguardare gli sprechi che ci sono, altrimenti si creano nuove disuguaglianze tra Regioni e Regioni e tra i ceti sociali. E ciò non è ammissibile.
Lei ha affermato che il ruolo delle assemblee regionali è di garantire la governabilità, la trasparenza e la partecipazione, mantenendo sempre aperto il dialogo con i cittadini. Concretamente, come si raggiunge questo obiettivo?
Senza dialogo con le Istituzioni politiche, senza un rapporto profondo tra chi governa e i cittadini, senza il rispetto delle loro idee e dei loro diritti, non possiamo parlare di democrazia.
Oggi, la nostra società è in piena evoluzione proprio sul terreno della partecipazione.
Basta vedere quanti movimenti, gruppi di opinione, gruppi sociali, associazioni, forze cooperative si propongono come controparte del potere politico, proprio per affermare diritti negati o rivendicare risposte più efficaci ai bisogni primari.
Una classe politica che si chiude in se stessa, autoreferenziale, non è in grado di rispondere alle richieste più pressanti che provengono dal territorio, dal piccolo borgo all’area metropolitana. Perciò, il ruolo delle Assemblee regionali deve essere lo strumento fondamentale per ascoltare le domande dei cittadini e trovare efficaci sintesi sul piano legislativo.
I Consigli regionali, che sono dotati di poteri legislativi, sono chiamati a rappresentare tutti i cittadini, di qualunque opinione politica e portatori di qualunque legittimo interesse.
Come Presidente del Consiglio regionale del Lazio, posso confermare che abbiamo posto al centro del nostro lavoro proprio il tema dei diritti. Vogliamo una governabilità caratterizzata dalla presenza, dal dialogo, dalla partecipazione dei cittadini.
Da questo punto di vista, ritengo molto importante il varo da parte della Regione del Consiglio delle Autonomie Locali, che rappresenta le Regioni e gli enti locali, dunque le Istituzioni elettive, e del Consiglio Regionale per l’Economia e il Lavoro, che rappresenta le forze sociali e produttive del territorio.
Parimenti importanti sono altri organismi che tutelano specifici gruppi sociali, come i Garanti dei detenuti, per l’infanzia, per le pari opportunità, e come il Difensore Civico il cui mestiere è proprio quello di ascoltare i cittadini e di aiutarli a tutelare i loro diritti.

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Massimo Pineschi è nato a Roma: 47 anni, avvocato, è sposato con due figli.
Titolare di uno studio legale che si occupa di questioni giuridiche penali, amministrative e civili, con particolare riguardo al diritto del lavoro.
E’ stato avvocato di Confederazioni sindacali, enti di Patronato, istituti pubblici, società private e consulente legale di trasmissioni Rai.
Eletto Consigliere della Regione Lazio alle elezioni regionali del 2005 con la lista Civica Piero Marrazzo.
Il 18 maggio 2005 è stato eletto Presidente del Consiglio regionale del Lazio.
Dal 17 ottobre è vice coordinatore della Conferenza dei Presidenti dell’Assemblea, dei Consigli regionali e delle Province Autonome.

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