Trovare il giusto grado di moderazione
e liberalismo nell’Islam sta diventando
il tormentone del nuovo secolo e attorno
all’argomento fioriscono i pareri.
La religione, però,sembra non essere
il problema ma piuttosto uno strumento
per lotte di potere.
E non esiste un solo Islam
Sono d’accordo con il mio amico Belphagor quando dalle pagine di questo giornale sostiene che le guerre (soprattutto in Afghanistan ed in Iraq) abbiano fornito “dei pretesti propagandistici, e soprattutto delle occasioni di inserimento ed espansione” al terrorismo islamico(1). E allora?
Volevamo rimanere nell’ignoranza, mascherandoci dietro al politically correct, senza voler vedere che il terrorismo fondamentalista covava nelle nostre strade di periferia, nei nostri scantinati, nelle moschee improvvisate, tramando la nostra distruzione?
Da molti anni, durante le feste di Natale, il governo inglese invia cartoline di auguri senza immagini riferibili alla cristianità, per non urtare le suscettibilità musulmane. Gli italiani non senza indolenza, vedono crescere le moschee nelle proprie città. Gli americani ospitano convenctions benefiche di associazioni islamiche riservate solo ai fedeli musulmani nei propri stadi.
Dopo l’11 settembre ma soprattutto dopo l’attentato di Londra, abbiamo scoperto che la tolleranza, nei confronti di “certi” musulmani, era inutile. Gli americani hanno scoperto che le convenctions islamiche nelle campagne statunitensi, erano solo una scusa per propagandare il terrorismo e costituire fondi per i gruppi terroristici(2). Alcuni inglesi, addestrati in Pakistan ed imbevuti di cultura londonistana (che non è così moderata come pensavamo), hanno fatto saltare in aria i vagoni del “tube”. Gli italiani, come al solito, litigano dall’alto degli schieramenti politici, per decidere se una scuola illegale vada chiusa, parificata o lasciata dov’è e nel frattempo si addestrano a subire il “loro” attentato.
Per quanto tempo ancora avremmo dovuto nascondere la testa sotto la sabbia?
Non si tratta di scontro di civiltà, di relativismo culturale ed altre amenità tanto care a sociologi ed antropologi, si tratta di sopravvivenza. C’è un “certo Islam” che, nonostante i buoni propositi occidentali, vuole terrorizzare, uccidere e conquistare. E non uccide solo quelli che hanno voluto la guerra in Iraq, uccide tutti, indistintamente. Siamo arrivati al faccia a faccia, per la nostra sopravvivenza dobbiamo conoscere l’Islam ed il suo significato politico, per saper discernere tra Islam moderato, fondamentalista e terrorismo.
L’Islam: politica e religione
Contro il terrorismo - dicono i politici- bisogna dialogare con l’Islam moderato. Ma dov’è questo Islam moderato? Cosa vuol dire Islam moderato? Già i termini “moderato” e “fondamentalista” che si usano nel linguaggio giornalistico e comune, sono poco adatti, il primo perché come sostiene il sociologo del diritto R. Bettini, “è termine politologico occidentale, non arabo-islamico”(3) ed il secondo perché legato storicamente al mondo protestante cristiano (ad ogni modo, per non confondere con termini diversi continueremo ad usare queste definizioni).
L’ occidente è secolarizzato. Vuol dire che Dio e lo Stato viaggiano su due binari differenti. La Chiesa non gestisce più la vita politica e sociale dei cittadini ma al massimo ne gestisce le coscienze e forse, le anime. Dagli albori dell’Islam, Maometto non fu solo “il profeta” ed il capo spirituale dei fedeli ma anche il loro leader politico, giudice e comandante militare. Per ebrei e cristiani, al contrario, nessun profeta ha mai rivestito tali cariche politiche o militari.
“Rendete a Cesare quel che è di Cesare e rendete a Dio quel che è di Dio” - diceva Gesù di Nazareth(4). Nell’Islam, Dio e Cesare vanno di pari passo, anzi è proprio Dio che dice a Cesare cosa fare e cosa non fare. Nel preambolo della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo nell’Islam, si stabilisce che: “L’islam ha plasmato la società che ha costruito, in conformità a principi e regole giuridiche che danno a questi diritti consistenza e stabilità”(5). Non è perciò la società che costruisce le sue regole ed i suoi valori ma è Dio stesso che lo fa. Per questo la “shari’à”(6) non può essere penetrata dalla legge umana, (perché) è per principio superiore alla sapienza umana, alla capacità d’indagine e di ricerca della creatura (l’uomo). Essa comprende in un unico complesso legame l’insieme dei doveri religiosi, politici, sociali, familiari, privati, dei fedeli(7).
La shari’à dà carattere giuridico a quello che per noi sarebbe materia religiosa e dà carattere religioso a quello che per noi sarebbe materia giuridica. Tutta(8) la materia giuridica: Diritto pubblico e privato, civile e penale e perfino il Diritto internazionale, sono, per i musulmani, materia religiosa, dedotta da legislazione divina. Concetti e applicazioni sono diversi dai diritti europei o statunitense, diretti discendenti del Diritto romano, poiché la shari’à è diritto divino.
“L’Islam è contemporaneamente religione e Stato, sottomissione al Dio Unico attraverso riti chiaramente codificati e, nello stesso tempo, modello d’organizzazione della società. I due sono rivelati da Dio. L’ideale religioso si può realizzare pienamente solo attraverso l’ideale politico, la città islamica, non è sufficiente dire che l’Islam è la religione di Stato, occorre parlare di statalità islamica, in quanto la sharì’à definisce la natura e la struttura dello stato”(9).
L’Islam coinvolge così tanto la vita sociale dei musulmani che anche la percezione di sé stessi passa per la religione. I cittadini dei paesi islamici si considerano più come musulmani che appartenenti ad una nazione, nel Pakistan il 79 % della popolazione si considera musulmana prima che pakistana, in Marocco il 70% ed in Giordania il 63%(10). Evidentemente, quando Osama Fin Laden indirizza i suoi proclami alla “nazione araba”, sa bene che l’impatto del messaggio non verrà frenato dalle frontiere del nazionalismo.
I fedeli musulmani percepiscono l’Islam come il contenitore della vita sociale, per quanto questa nostra esistenza possa specializzarsi, complicarsi o evolversi, deve necessariamente essere contenuta nella religione. Ora, se Cesare (impersonificazione dello Stato laico) dicesse a Dio come gestire i musulmani, non sarebbe come negare l’essenza stessa della religione e perciò della società islamica?
Il doppio filo della tolleranza
Si dice ed è vero, che i “musulmani” costruiscono moschee a Roma e vietano la costruzione delle chiese o delle sinagoghe in paesi come l’Arabia Saudita, non solo, in alcuni di questi, diventare musulmani provenendo dall’ebraismo o dal cristianesimo è concesso ma diventare cristiani od ebrei provenendo dall’Islam è vietato dalla legge e perseguito penalmente. Il reato è chiamato “apostasia”(11).
La condotta illecita che genera il reato di apostasia è penalmente perseguibile, nonostante la dichiarazione Onu dei Diritti dell’uomo del 10 dicembre 1948 all’art. 18 stabilisce che: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo”(12).
La spiegazione della presenza del reato di apostasia, è spiegabile solo in termini di allarme sociale che esso provoca, infatti, se venissero permesse le conversioni verso altre religioni il contenitore della vita sociale musulmana inizierebbe a fallarsi, provocando l’implosione dell’attuale sistema di vita. Ecco perché, l’art. 12 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo nell’Islam, prevede che: “Ogni persona ha il diritto di pensare e di credere, e di esprimere quello che pensa e crede, senza intromissione alcuna da parte di chicchessia, fino a che rimane nel quadro dei limiti generali che la legge Islamica prevede a questo proposito. Nessuno infatti ha il diritto di propagandare la menzogna o di diffondere ciò che potrebbe incoraggiare la turpitudine o offendere la comunità islamica”(13). In pratica con questo articolo viene garantita la libertà di culto ma non quello di proselitismo che spetta solo ai musulmani, tanto è vero che, nel preambolo della dichiarazione, si trova scritto: “i musulmani hanno l’obbligo di estendere a tutti gli uomini l’invito ad abbracciare l’Islam”(14).
Per gli occidentali, la tolleranza religiosa è un valore positivo, svincolato da dettami religiosi ed è l’icona della laicità delle istituzioni. Per i musulmani la tolleranza religiosa come la intendono gli occidentali, è un dis-valore, anzi, null’altro che apostasia.
L’apostasia viene punita con la morte in alcuni paesi islamici, con la prigione in altri. La punizione, almeno quella elargita dai governanti umani, non risparmia nessuno, nemmeno gli stessi religiosi. Nel 1985 a Khartum, M. M. Taha, un grande teologo musulmano, è stato condannato a morte per apostasia ed impiccato. Si era schierato contro la concezione della storia islamica che ha al centro una pratica formale della shari’à e che teorizza l’antisemitismo. La centralità della religione non è un concetto da barzelletta, come diceva l’Ayatollah Khomeini: “nell’Islam non c’è tempo per scherzare, tutto è terribilmente serio”. Devono averla presa seriamente questa affermazione, quelle migliaia di manifestanti che hanno protestato davanti alla chiesa cristiano-copta di Alessandria d’Egitto.
Manifestavano, perché proprio in quella chiesa, era stato proiettato un film “irriguardoso” nei confronti dell’Islam. Raccontava la storia di un cristiano di umili condizioni, il quale, per superare la propria miseria materiale si lascia convincere a convertirsi all’Islam; quando successivamente si pente e vuole tornare alla sua fede cristiana, la nuova conversione gli viene vietata.
Gli scontri hanno provocato almeno 2 morti e decine di feriti(15). Non avrebbe sicuramente provocato questo clamore lo stesso episodio vissuto a parti inverse in Occidente.
Quanto detto vale per i musulmani fondamentalisti, si dirà, per i moderati è tutta un’altra storia. Sull’esistenza dei moderati nell’Islam ci sono varie tendenze.
Il “profiling” dei moderati
Non è difficile tracciare il profilo dei musulmani moderati, proprio Gianni Verdoliva su Polizia e Democrazia li definisce come: “orgogliosi della loro fede ed al contempo critici. Musulmani e contro il terrorismo. Senza se e senza ma. Senza distinzioni fra terrorismo buono o cattivo. Sostengono la causa palestinese senza demonizzare Israele. Condannano l’antisemitismo. Credono nella laicità dello Stato. Lottano affinché nel mondo musulmano ci sia l’autocritica. Sostengono a spada tratta i diritti delle donne”(16).
Contraria alla divisione tra moderati e fondamentalisti è Oriana Fallaci per lei: “Il Corano non è un libro da interpretare a seconda delle circostanze e di quel che fa comodo… I fondamentalisti, gli integralisti, non sono il suo volto degenere. Sono il suo vero volto, il suo volto fedele. Ergo, un buon musulmano non può essere moderato. Non può accettare lo stato di diritto, la libertà, la democrazia, la nostra Costituzione, le nostre leggi. L’Islam moderato non esiste”(17).
Spesso, parlando di moderati parliamo d’Islam, come se, in Occidente, la secolarizzazione sia ben affermata. Se parliamo di grandi numeri è certamente vero ma non per tutti è così.
Ci siamo mai chiesti se un testimone di Geova che accetta la trasfusione di sangue perché in pericolo di vita sia moderato? O se un mormone che beve un caffè al bar è, in realtà, secolarizzato? In accordo con la struttura teologico-comportamentale di queste sette cristiane chi agisse come descritto, non sarebbe un moderato ma semplicemente un cattivo praticante. Perché per i musulmani dovrebbe essere differente? Essere moderati, secolarizzati, vuol dire rifiutare degli assunti biblici o coranici perché contrastano con la scienza (vedi le teorie Darwin o il cosiddetto “big bang”) o i diritti umani, chiamati così non solo perché riguardano l’uomo ma perché si sono formati grazie alla struttura civilizzante umana, quell’insieme di studi empirici, lotte politiche, culture, guerre, filosofie che hanno reso l’uomo e la civiltà così come sono oggi. Secondo C. Reuter, giornalista ed esperto di medioriente: “il Rinascimento europeo e le idee dell’Illuminismo, le riforme costituzionali e il relativo passaggio alla modernità non hanno trovato un corrispettivo nella storia delle idee dell’Islam”(18).
Questo è il punto. Gli occidentali propongono una interpretazione “elastica”ed “al passo con i tempi” delle sacre scritture. Per gli ebrei non è un problema ammettere l’illegittimità della schiavitù che era invece, permessa nella Bibbia del vecchio testamento(19). Quanto scritto nella lettera di Paolo a Timoteo: “la donna impari in silenzio, con tutta sottomissione. Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all’uomo; piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo”(20) - per i cattolici non è indice di misogina supremazia maschile, infatti, la parità tra uomo e donna non è neanche in discussione.
Per i musulmani fondamentalisti, wahabiti in testa, cambiare una virgola al Corano o agli Hadith o darne una interpretazione evoluzionista e secolarizzata è un peccato: punito con la morte.
Ogni cambiamento di rotta o moderazione o ancora tentativo di secolarizzazione viene, dai teologi conservatori cassata come “bid’a”, novità vietata. Infatti secondo quest’ultimi il Corano ha già detto tutto e l’uomo deve comportarsi come prescritto, l’idea stessa di un cambiamento sarebbe come opporsi al progetto di Dio.
Chi ha una visione “elastica” della teologia musulmana può allora essere considerato un moderato, almeno quanto una gran percentuale di cattolici o di ebrei (rimanendo nel monoteismo).
I musulmani moderati sono coloro i quali, confidano in un’interpretazione aggiornata dell’Islam, che li porta a superare alcune basi fondamentali della religione islamica, come la lotta contro gli ebrei negli “ultimi tempi” profetizzata dagli Hadith, come il superamento della shari’à da parte degli attuali diritti “laici”e secolarizzati o come il diritto a sposare una donna appartenente ad un’altra confessione, educando i figli, secondo la religione di quest’ultima.
Per il sociologo R. Guolo: “I musulmani liberali concordano sulla separazione tra religione e politica; sul rifiuto sia dell’Islam di matrice islamista sia della cristallizzazione operata dalla ‘tradizione lunga’; sul fatto che Corano e Sunna non possano costituire fonti di riferimento normativo immutabili e che, come nelle altre religioni monoteiste, i testi sacri dell’Islam assumano oggi, piuttosto, un ruolo di eredità spirituale; sul peso della ragione nello stabilire i criteri validi per definire lecito o illecito il comportamento del singolo di fronte a eventi e situazioni assai mutate rispetto al X secolo- quando le grandi scuole fissarono, definitivamente, le regole del fiqh, il diritto musulmano”(21).
E’ inutile sottolineare il fatto che, i moderati, si ritrovano tra l’incudine dei fondamentalisti che li accusano di apostasia considerandoli il primo nemico da abbattere e il martello degli occidentali che, a causa del terrorismo, li percepiscono sempre con sospetto. La mancanza di fiducia verso tutti i musulmani è presente, nonostante alcuni di essi siano laici, abbiano messo da parte il chador, vestano all’occidentale, amoreggino in pubblico ed ogni tanto bevano una birra in “santa pace”(22).
Ritorno… al passato
Dopo l’11 settembre molti musulmani hanno iniziato a frequentare le moschee che ormai avevano abbandonato, stranamente, il terrorismo è riuscito dove la fede aveva fallito. Riportare i fedeli nella casa di Dio.
Questo ritorno può essere stato provocato da due fenomeni: il primo, il terrorismo ha provocato un’ondata di diffidenza verso l’Islam che ha costretto ogni musulmano ad auto-proteggersi rinchiudendosi a riccio all’interno della propria comunità. Il secondo, il terrorismo, anzi, l’azione eclatante, ha fornito degli spunti che teorizzano il cosiddetto “risveglio islamico” il quale, si rivolge con speranze nuove ad ogni musulmano, patrocinando un progetto politico supportato dalla religione, con il fine di affrancarsi dalla odiata “dominazione occidentale”. Il progetto lo chiamano Islam politico che Kamal Nawash, leader dei “Musulmani progressisti” definisce come: “il desiderio da parte degli estremisti musulmani di creare un impero musulmano fondamentalista composto da ogni nazione musulmana. Questo desiderio di creare un impero musulmano è basato sul concetto che la modernità sia un pericolo per l’Islam e dall’idea che la comunità musulmana si sia estraniata da Dio e che se ci fosse un ritorno ad una stretta interpretazione dell’Islam basata sulla sharia allora i problemi del mondo musulmano sarebbero risolti”(23).
C’è da sottolineare che il terrorismo islamico non avrebbe possibilità di manifestarsi se non fosse sostenuto da una serie di “mullah” che, attraverso le fatwa (pronunciamenti religiosi con valore legale che obbligano ogni fedele musulmano), forniscono legittimità religiosa agli attacchi terroristici e che si potrebbero definire side-terrorist od “omertosi ideologici”(24).
La maggior parte delle volte, le fatwa vengono pronunciate da capi religiosi che operano indisturbati nei loro paesi d’origine in Pakistan, Arabia Saudita e nei paesi del Golfo. Questa internazionale di imprecatori che sommerge il mondo di fatwa costituisce in qualche modo il vero consiglio supremo di al-Qaeda (e del terrorismo islamico in generale). Gli autori di queste condanne legittimano il terrorismo islamico e accordano ai militanti dell’organizzazione una vera influenza religiosa. Senza queste fatwa, che ne sono il motore, l’organizzazione si indebolirebbe(25).
Sono questi i “giurisperiti” (a volte improvvisati) che giustificano la Jihad, l’antisemitismo, l’odio religioso, la lotta contro l’Occidente ed il terrorismo. Esprimono cordoglio per le vittime civili di New York, di Madrid o di Londra ma poi, parlano dell’ingiusta guerra all’Iraq, dell’“occupazione” israeliana della Palestina e delle “persecuzioni” contro i musulmani, come causa scatenante e provocatoria di attentati sempre più micidiali.
Lo Sheikh dell’Università egiziana “Al Azhar”, Mohamed Sayed Tantawi, ritenuto la massima autorità teologica dell’Islam sunnita, ricevendo al Cairo un deputato arabo-israeliano, emise una fatwa, in cui sentenziò che “le operazioni di martirio contro qualsiasi israeliano, inclusi i bambini, le donne e i giovani, sono legittime dal punto di vista della legge islamica”. Tantawi spronò il popolo palestinese a “intensificare le operazioni di martirio contro il nemico sionista, in quanto la manifestazione più alta della Jihad”(26). Scrive invece Abu Hamza su di un giornale islamico edito a Londra:“Il solo modo di difendere i musulmani è la guerra nucleare e allora bisogna farla. L’Islam giustifica tale azione come giustifica il fatto di mangiare carne di maiale in caso di carestia”(27).
Se il Bush post 11 settembre dichiarando guerra globale al terrorismo sosteneva “o con noi o contro di noi”, il terrorismo fondamentalista fornisce solo due opportunità “o con noi o apostati, cioè contro Dio stesso” ecco perché Bin Laden dice: “aiutare l’America o il governo Allawi [in Irak], che è apostata, quello di Karzai [in Afghanistan] o il governo di Mahmud Abbas [dell’Autorità Palestinese], che è apostata, oppure gli altri governi apostati in guerra contro i musulmani, è la maggiore apostasia di tutte ed equivale all’abbandono della comunità musulmana”(28).
Il fedele musulmano, che sia palestinese, curdo, pakistano o saudita, è messo di fronte ad un bivio o scagliarsi contro gli Usa ed a favore dell’Islam o con i “crociati e gli ebrei” e contro Dio. Per un credente, qualsiasi credente, la scelta è pressoché imposta. C’è di più, come sostiene R. Guolo riprendendo la tesi dello scontro di civiltà di S. Huntington, “un musulmano, come un occidentale, si schiererà sempre con la propria cultura d’appartenenza in caso di conflitto di civiltà anche se ritenesse sbagliato quel conflitto. Una civiltà convinta della superiorità della propria cultura e ossessionata dall’idea di decadenza e inferiorità nei confronti dell’Occidente è destinata a schierarsi ‘naturalmente’ a fianco dei suoi combattenti”(29).
Nei paesi islamici, il moderatismo, il laicismo o il liberismo con qualsiasi termine si voglia chiamare quello che sembra lo stesso fenomeno, è schiacciato dalla la voglia di fondamentalismo religioso. Secondo una ricerca del dal Pew Global Attitudes Project, le persone che ravvisano come “positivo” un ruolo maggiore dell’Islam nella politica sono: il 97% in Giordania ; il 94% in Pakistan 94%; il 93% in Marocco; l’88% in Indonesia; il 54% in Libano e il 39% in Turchia(30).
Il ruolo dell’Islam sta aumentando per vari motivi: per lo “sviluppo dell’immoralità nella società” (58% in Giordania e 44% in Marocco), per la “crescita dell’influenza occidentale” (in Giordania il 30%), per l’“insoddisfazione verso il proprio governo (in Pakistan il 37%)”(31).
Conclusioni
Tanto per chiarire subito, fondamentalismo e terrorismo sono due cose differenti. Ci sono persone e Stati fondamentalisti che non sono terroristi e viceversa. L’Iran è uno Stato teocratico sospettato di sostenere finanziariamente e logisticamente il terrorismo sciita di Hezbollah. L’Arabia Saudita è uno Stato fondamentalista che finanzia istituzioni caritatevoli e religiose, le quali, forniscono il supporto economico e teologico, legittimante dell’azione terrorista. Ci sono Stati fondamentalisti che invece, non forniscono nulla all’azione terroristica come la Nigeria, ed alcuni che invece hanno praticamente creato al-Qaeda e sono, da sempre, alleati degli americani come il Pakistan.
Ci sono Stati laici che sono sospettati (al pari dell’Iran) di finanziare il terrorismo come la Siria ed altri che non lo fanno più, come la Libia. Ci sono inoltre gruppi laici, ex-comunisti, assolutamente laici, che compiono azioni suicide identiche a quelle dei terroristi fondamentalisti religiosi.
Trovare il “giusto” grado di moderazione nell’Islam sta diventando il tormentone del nuovo secolo, attorno all’argomento fioriscono i pareri. E’ preoccupato M. Allam che, quasi quotidianamente, dalle pagine del Corriere della Sera, mette in guardia da un “certo Islam italiano” quello che “non ha resistito alla tentazione, per la prima volta in Italia, di emettere una fatwa, condannando il terrorismo tramite il riferimento al concetto coranico della ‘fitna’, intesa come sedizione e eversione, e dell’elaborato giuridico del Aqd al Aman, un Patto di sicurezza che i musulmani stipulerebbero al momento del loro ingresso legale nel nostro Paese”(32).
Per Guolo o Reuter “il fondamentalismo radicale islamico non è un ritorno alle radici dell’Islam: è un moderno tentativo di adoperarlo come leva di potere. Non ci troviamo davanti a una ribellione contro la modernità, ma ad una moderna ribellione”(33) contro l’Occidente ed i suoi valori. Huntington, con l’assioma dello scontro delle civiltà sostiene che, il fondamentalismo islamico non è una deviazione dall’ortodossia o un’interpretazione di una componente minoritaria della tradizione religiosa ma l’essenza stessa dell’Islam.
La conflittualità tra Islam e Occidente, non sarebbe legata a particolari periodi storici collegati all’espansione militare dell’Islam, alle crociate, al colonialismo o alla globalizzazione, ma sarebbe legata all’elemento intrinseco del rapporto tra le due civiltà, entrambe, paradigmi di culture e religioni universaliste, che rivendicando la propria come l’unica vera fede alla quale l’umanità dovrebbe aderire. Sono perciò destinate al conflitto.
Alla fine, il problema per l’Occidente non è il fondamentalismo islamico ma l’Islam in quanto tale(34).
Il Bettini sostiene che il terrorismo è fuori dall’Islam in quanto: “la violazione più vistosa della shari’a è il terrorismo, specie internazionale. Si tratta di un fenomeno non in linea con la tradizione sharitica”.
Per quello che riguarda noi italiani, è certo che esiste un problema “terrorismo”, sostenuto dal fondamentalismo islamico. I due fenomeni sono complementari, non si diventa terroristi, non si combatte la Jihad anti-occidentale se prima non si è fondamentalisti. Secondo l’intelligence britannica dai mille ai tremila giovani musulmani britannici sono passati [dalle moschee] ai campi di addestramento di al-Qaeda o di altri gruppi estremisti(35). Tanti giovani addestrati al terrorismo, nella sola Inghilterra fanno spavento, non si sa quanti ce ne siano in Italia o nel resto d’Europa. Nei paesi islamici, i moderati sono, nel migliore dei casi, messi a tacere dai clamori e dalla propaganda fondamentalista - i più fortunati vivono nel terrore di essere considerati cattivi musulmani o collaborazionisti dei “sionisti e del nemico occidentale” e si nascondono - quelli più sfortunati vengono uccisi
In Occidente è difficile riconoscerli, i moderati, visto che, i ragazzi dell’attentato di Londra erano “normali ragazzi della porta accanto” e che gli stessi terroristi consigliano di confondersi “comportandosi da occidentali”. Gli istruttori di al-Qaeda raccomandavano alle future cellule “dormienti” di viaggiare negli Stati Uniti o in Europa recando con sé riviste come “Play Boy”, giornali di moda o profumi, con lo scopo di ingannare la vigilanza dei Servizi di sicurezza, facendo credere di non essere certo fondamentalisti islamici”(36).
Sembra una situazione con poche vie d’uscita. Eppure ci sono stati nella storia, periodi di tolleranza e pacifica convivenza tra musulmani, cristiani ed ebrei. Anche nelle regioni dominate dai musulmani, le altre religioni dette “del libro” (ebrei e cristiani), erano pressochè libere di praticare i propri culti e di costruire chiese e sinagoghe. I cittadini non musulmani, sottoposti allo stato di “dhimmi”, cioè sotto la protezione dell’Islam, pur essendo considerati in qualche modo cittadini di serie “B”, prosperavano grazie al commercio e all’artigianato e a volte ottenevano incarichi governativi di prestigio; nessuno li definiva né crociati, né infedeli.
Il Corano stesso è colmo di inviti alla pace con la “gente del libro” e di altri buoni propositi. Pare tutto dimenticato.
Oggi, va di moda la moschea come centro di lotta politica, la disinformazione antioccidentale e antisemita e la propaganda pro-terrorismo e non solo nei paesi islamici, anche tra i giovani musulmani occidentali. La religione però non è il problema, è solo uno strumento per la lotta di potere.
Grazie ad una complessa tradizione fatta di: scuole di pensiero differenti, un repertorio sempre maggiore di conclusioni per analogia, fatwa varie promulgate da centinaia di persone differenti, certi principi di fede islamica sono stati rivoluzionati, cambiati e ricambiati di nuovo, uno stesso concetto è visto a volte in maniere diametralmente opposte. Non esiste un Islam ma vari tipi di Islam: attingendo ai sacri principi si può dimostrare a seconda dell’occasione che la religione musulmana è pacifica o meno, che la Jihad sia una guerra o uno sforzo, che il kamikazismo stragista sia legittimo o meno, tutto ed il suo contrario: a seconda del versetto, della fatwa o della scuola di pensiero che si citi.
La religione riguarda i rapporti tra gli uomini e Dio non la lotta per il potere, lo aveva capito Imam Ali, genero del profeta Maometto e primo Imam degli sciiti quando affermava che: “Il Corano è uno scritto, compreso fra due copertine, che non parla. Solo gli uomini lo fanno parlare”(37). Lo hanno capito i moderati, ma non li ascolta nessuno.
_______________________________________
Per una lettura più consapevole, per un confronto ed una verifica di
quanto scritto, si riportano le fonti di ogni nota presente su questo articolo.
(1) In Polizia e Democrazia, Settembre, 2005.
(2) Cfr. Autrice anonima, La cacciatrice di terroristi, Piemme.
(3) R. Bettini, Allah fra terrorismo e diritti umani, in corso di stampa, Franco Angeli.
(4) Bibbia, Nuovo Testamento, Vangelo secondo Luca, Cap. 20 Vers. 25.
(5) Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo nell’Islam, proclamata il 19 settembre 1981 presso l’Unesco a Parigi, traduzione di H.R. Piccardo visibile su www.Islamitalia.it.
(6) La legge Islamica desunta dal Corano e dalla Sunna.
(7) Di Nola, L’Islam, Newton & Compton Editori, Roma 2004, pg 91.
(8) In Polizia e Democrazia, Settembre, 2005.
(9) Rizzardi, Introduzione all’Islâm, Queriniana, Brescia 1992, p. 35.
(10) Dati forniti dal Pew Global Attitudes Project, www.Pewglobal.org, visitato il 14.07.2005.
(11) Definito dal vocabolario della lingua italiana Zanichelli come: “rinnegamento della fede o abbandono pubblico della propria religione per abbracciarne un’altra”.
(12) United Nations Department of Public Information, www.UN.org.
(13) Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo nell’Islam, preambolo, cit.
(14) Ibidem.
(15) Agi - Agenzia giornalistica Italia, 24. 10. 2005.
(16) G. Verdoliva (a cura di), No all’ antisemitismo, Polizia e Democrazia, gennaio 2005.
(17) R. Bettini, Op. Cit. riporta alcuni temi scottanti che il Corriere Magazine ha scelto dalla trilogia, sintetizzati e cuciti da Oriana Fallaci, in Corriere della sera magazine, 13.01.2005.
(18) C. Reuter, La mia vita e’ un arma, Longanesi & C. , Milano 2004 p.34.
(19) Libro del Levitico Cap. 25 Vers. 41.
(20) Bibbia, Nuovo Testamento, Timoteo, Cap. 2 Vers. 11.
(21) R. Guolo, L’Islam è compatibile con la democrazia?, Universale Laterza, Bari 2004, pg 114.
(22) Tutte azione vietate o dal Corano o dalla Sunna o dalle consuetudini.
(23) In Polizia e Democrazia, Settembre, 2005.
(24) La definizione non è mia ma di R. Bettini, tratta dal suo ultimo libro in corso di stampa.
(25) R. Jacquard, Il libro nero di al-Qaeda, Newton&Compton Editori, Roma, 2004, pg. 130.
(26) Incontro tra M. S. Tantawi e A. W. Darawsheh del 4 aprile 2002, riportato da M. Allam sul Corriere della Sera il 25 luglio 2005.
(27) Abu Hamza, La rivista dei partigiani della sharia, Londra, 1998, cit. da R. Jacquard, Il libro nero di Al-Qaeda, Newton&Compton Editori.
(28) Il 27 dicembre, l’Istituto Al-Shahab per la produzione mediatica, noto come distributore delle videocassette di Al Qaida, ha pubblicato la lettera di Osama bin Laden “Ai musulmani iracheni, in particolare, e alla nazione [islamica] in generale”. Due minuti circa della cassetta – lunga più di un’ora - sono stati trasmessi da Al-Jazeera. Registrato e tradotto da Membri. Cfr. http://www.memri.org/.
(29) R.Guolo, L’Islam è compatibile con la democrazia?, Universale Laterza, Bari 2004, pg 16 e ss.
(30) www.Pewglobal.org, visitato il 14.07.2005.
(31) www.Pewglobal.org, visto il 14.07.2005 riportate le percentuali che, nel singolo stato erano le più alte rispetto agli altri.
(32) M. Allam, Un destino tricolore per l’Islam, www.corriere.it, 28 luglio 2005.
(33) C. Reuter, Op. Cit., pg.37.
(34) Cfr. S. Huntington, Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale, Garzanti, Milano, 1997.
(35) A. Nicastro, Wahir, Un lavoro part-time e il sogno Jihad, Corriere della sera, 11 luglio 2005.
(36) Cfr.R. Jacquard, Op.Cit., pg 23.
(37) Cit. da Christoph Reuter, Op.Cit. p.180.
|