Il terzo millennio è cominciato come qualche visionario aveva previsto. Il mondo, dopo l’attentato terroristico più grave della storia contemporanea, non è più lo stesso ed è di nuovo sull’orlo di una guerra che potrebbe avere conseguenze e ricadute a tutt’oggi imprevedibili. Quelle scene americane hanno sconvolto milioni di persone in ogni parte del pianeta, l’incredulità per ciò che stava accadendo, la grandiosità delle scene che hanno evocato film prodotti proprio da Hollywood si sono trasformate subito in angoscia, dolore, paura. I parenti delle vittime della strage ora le piangono e invocano una risposta, ma è come se un’enorme miccia fosse stata accesa l’11 settembre 2001. E noi non sappiamo neppure prevedere che cosa succederà da qui a qualche giorno, dal momento in cui scriviamo il presente articolo, cinque giorni dopo l’attentato, a quando potrete leggere questo numero della nostra rivista.
Nel mondo stanno succedendo fatti che cambiano il normale procedere delle cose. Ed è proprio questo, secondo noi, il pericolo più grave di tutti: l’escalation, il crescere esponenziale dell’odio e della violenza, la risposta colpo su colpo e la conseguente contro risposta, colpo su colpo. Il ritorno all’uso delle armi e in generale del mezzo bellico. La ragione che è sopraffatta dalla barbarie, la guerra santa del mondo islamico contro l’Occidente tutto, il terrorismo diffuso. Una prospettiva apocalittica, da fine del mondo appunto, come neppure i più pessimisti tra i commentatori non avevano mai potuto pensare. E’ proprio così? Siamo davvero sull’orlo della guerra che inevitabilmente, anche se con caratteri molto diversi dal passato, non potrà che essere mondiale? E quali sono le conseguenze, gli effetti magari più nascosti che tutto ciò avrà su ognuno di noi?
In questi giorni di tensione, politici, esperti e commentatori d’ogni parte del mondo hanno cercato di decifrare in qualche modo l’attentato alle Torri Gemelle di New York e soprattutto le inevitabili conseguenze militari. In molti, poche ore dopo l’attentato e prima ancora delle dichiarazioni ufficiali del presidente americano Bush junior, hanno usato la parola “guerra”. siamo in guerra è stato detto. Questa è guerra, hanno titolato i giornali di tutto l’Occidente. Ma contro chi? E poi quali saranno ora gli schieramenti effettivi delle forze nello scacchiere mondiale? Il nemico numero uno, quello che è additato da tutti come il mandante degli assassini kamikaze, è Osama Bin Laden, sceicco miliardario che ha deciso di dedicare la sua vita e tutte le sue risorse alla guerra contro gli Stati Uniti d’America. Un uomo che ora è braccato e che cercherà di nascondersi e di farsi proteggere dai suoi, nel suo mare, l’integralismo islamico.
Bin Laden ha parlato subito dopo la tragedia. Ha detto non sono stato io, ma ringrazio Allah per aver permesso di colpire l’America. Poi quasi tutti i leader dei paesi arabi e islamici hanno attaccato con durezza l’attentato che quindi non solo (almeno per ora) non è stato rivendicato da nessuno, ma non è neppure giustificato. La condanna è pressoché totale e la stragrande maggioranza degli Stati e dei governi si è dichiarata pronta ad appoggiare l’America, dalla Russia di Putin al Pakistan.
Ora però comincia il periodo più pericoloso perché, come ha dichiarato lo stesso Presidente americano, “la guerra sarà lunga”. E non sarà neppure una guerra di tipo tradizionale. Sarà una guerra inedita che mescolerà vecchie strategie e scelte militari tradizionali a tattiche e strategie nuove, da guerriglia anti-terroristica. Ma sarà una guerra in cui si potranno usare tutte le armi, dove ci sarà la caccia all’uomo, ma anche azioni di guerra sul territorio nemico a cominciare dall’Afghanistan. Non è questa la sede, né lo strumento adatto per analizzare la situazione geopolitica che abbiamo di fronte alla vigilia di questa guerra. Ci preme piuttosto mettere l’accento su due elementi, solo apparentemente banali.
Il primo riguarda la forza della guerra. Negli anni più recenti, anche prima della caduta del Muro di Berlino e della fine della divisione del mondo in due blocchi contrapposti, ci sono state guerre di tutti i tipi considerate necessarie per risolvere situazioni d’altissima tensione. Pensiamo a molti interventi militari in Africa. Ma pensiamo anche ai Balcani e a tutta quell’area che pur essendo Europa è stata ed è una polveriera. E pensiamo poi soprattutto ad Israele e alla Palestina e poi ricordiamo la guerra contro Saddam Hussein e i bombardamenti su Baghdad. Questa prima considerazione banale riguarda appunto la capacità della guerra e delle armi anche più ricercate di risolvere le situazioni di tensione. Quale può essere il bilancio serio dopo tutte queste guerre? Qual è stata davvero una guerra vittoriosa e chi l’ha vinta? In questo caso poi il rischio è enorme perché si potrebbe cadere nel trabocchetto davvero mortale per tutti noi della guerra santa, tutti gli occidentali contro tutti i musulmani. Un’ipotesi perfino impensabile.
L’altra considerazione banale che vogliamo fare riguarda la vita normale, sì proprio quella di ognuno di noi. Dopo l’11 settembre ci svegliamo al mattino, andiamo a lavorare, vediamo la solita gente, seguiamo le notizie. Ma forse ognuno di noi si sente davvero più minacciato anche se la guerra (tutti lo sperano) magari sarà lontana dalle nostre case. la tragedia americana è stata però sconvolgente proprio perché ha dimostrato agli americani e a tutti che può succedere il peggio anche in casa propria. Perfino il paese più potente del mondo può essere colpito al cuore. Perfino gli obiettivi militari come il Pentagono possono essere colpiti. Si afferma che i Servizi segreti e le varie Intelligence avessero segnalato la possibilità dell’attentato e sono scoppiate negli Usa anche le polemiche sull’efficienza dei sistemi di sicurezza.
Il punto vero, secondo noi, è che gli americani non si aspettavano una cosa così tremenda in casa loro. Oggi tutto è possibile. E tutti si sentono più minacciati da un nemico invisibile. E’ questo che vogliono le centrali del terrore ovunque esse siano nascoste. Forse non è vero che siamo tutti americani com’è stato detto. Ma è sicuro che siamo tutti più insicuri.
(tratto dal numero di ottobre 2001)
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