Spie disoccupate... Questo tema, un tempo insolito, se no burlesco, è divenuto oggetto di dibattiti. E’ quasi diventato di moda. Ciò significa che esso è, per tale motivo, reale e pertinente? Per affermarlo, i sostenitori di questa tesi in crescita di favore gettano sul mercato un nuovo concetto chiamato “spionaggio economico”.
Senza dubbio è il caso di spiegarsi meglio. Durante il decennio che si avvia a conclusione, hanno cominciato a farsi sentire quelle che François Heisbourg (autore di “Les volontaires de l’an 2000”) giustamente chiama “le richieste del post-guerra fredda”. Una delle più logiche e delle più pittoresce di queste “richieste” riguarda, naturalmente, lo spionaggio. Perché “naturalmente”? Perché un semplice ragionamento porta molti a pensare che i “Servizi speciali” che si erano moltiplicati sul filo della guerra fredda dovrebbero subire oggi un declino proporzionale alla loro ascesa. Ragionamento semplice, forse troppo semplice... Tre dozzine di anni or sono, Paul-Marie de La Gorce scriveva un articolo piuttosto premonitore (“L’espionnage moderne”, su Science et Vie, dicembre 1969) nel quale, dopo aver sottolineato che “la tecnica non prevarrà sulla coscienza degli agenti segreti”, rilevava anche che “le reti di spionaggio più potenti sono sempre le più vecchie”. Meno di dieci anni fa, pubblicando un’opera di sintesi sullo spionaggio, lo specialista britannico Phillip Knightley sceglieva, non solo ironicamente, come titolo “Il secondo più vecchio mestiere del mondo”.
Due richiami per illustrare una doppia evidenza: il primo, i “Servizi” non sono così solubili nell’attualità come molti pensano; secondo, la tradizione interna, la “cultura dell’azienda” di appartenenza, e persino una sorta di ossessione della continuità, contano molto nella coesione e nell’efficienza di ogni “Servizio”. Riportato a livello individuale, e soprattutto a quello dei funzionari il cui stesso mestiere contempla i “dirty tricks” (colpi bassi) e la pratica dell’illegalità, questo potrebbe rappresentare un indispensabile sentimento di legittimità. La “copertura” non solo esterna contro i colpi dell’avversario, gli incidenti imponderabili, le trappole amministrative e anche alcune “scivolare” politiche, ma anche la “copertura” interna. Contro sé stessi. Contro gli “stati d’animo” così frequenti in una professione nella quale il tasso elevato di suicidi e di disturbi psichici merita di essere indicato.
Certo, si potrebbe parlare qui di ipocrisia tartufesca e trovare detestabile che, per fornire queste garanzie di buova conoscienza, queste assicurazioni contro la cattiva coscienza, si copra molto spesso di un velo di patriottismo l’esecrabile vecchio motto “che abbia ragione o torto, è il mio Paese”, o il suo non meno pernicioso corollario “il fine giustifica i mezzi”. Ma cerchiamo di non essere ingenui al punto di fingere di ignorare che i Servizi segreti si nutrono della “ragione di Stato”. Un nutrimento tanto più indispensabile in quanto esso procura l’impunità. E che, al di là di qualche effimera illusione, solo lo Stato è produttore di impunità. Ebbene, senza un sentimento di impunità, come è possibile esercitare il mestiere di spia e controspia? Merce molto rara, l’impunità è un po’ instabile, e può persino, a contatto con la politica, risultare volatile. Sapendolo per esperienza, i funzionari dei “Servizi”, dello spionaggio e del controspionaggio vanno dunque più lontano di quanto dicevamo prima, e la loro ossessione di continuità diviene quello che Paul Eluard chiamava “il duro desiderio di durare”. Desiderio che, in questo caso, sembra essere stato il più delle volte esaudito.
Qualche esempio. Il record di anzianità nella continuità è britannico. Anche se prende amministrativamente forma solo sotto Vittoria, nel XIX secolo, è nel XVI secolo, sotto la prima regina Elisabetta che, per vincere la flotta spagnola, l’Invincibile Armada, appare l’embrione del Secret Intelligence Service (Sis), diventato il Military Intelligence Service (M16), mentre i suoi, relativamente, più giovani fratello e sorella, il Five (M15) e la Special Branch di Scotland Yard, si occupano di controspionaggio.
I britannici non furono i soli beneficiari della loro anzianità nell’intelligence, anche gli Stati Uniti ne approfittarono. Il luogo comune secondo cui gli Stati Uniti sarebbero i cadetti nella grande famiglia delle spie non è, in effetti, né del tutto vera né del tutto falsa. Certo, l’Office of Naval Intelligence (Oni) era nato nel 1882, il Military Information Department (Mid) nel 1985 e il Federal Bureau of Investigation (Fbi) nel 1908, ma si dovette attendere la Seconda guerra mondiale per un’affermazione del servizio d’informazione nordamericano. E fu lo Special Operations Executive (Soe) inglese che tenne a battesimo l’Office of Strategic Servie (Oss) americano che, qualche anno dopo, avrebbe dato vita alla Central Intelligence Agency, vale a dire la Cia. In Francia, il Service des Renseignements (Sr) militare appare nel 1867, sotto il nome di Ufficio delle Statistiche. L’“affaire” Dreyfus provoca una scissione poiché le contro-spie saranno ormai poste sotto la tutela civile alla Surveillance du Territoire (St). I sommovimenti del 1944-1945 sono brevi. Mentre la St diviene una Direzione (Dst), il Sr militare si fonde con il neonato “servizio” gollista Bcra. Di qui la Dgss, poi Dfer, dalla quale nasce lo Sdece, del quale François Mitterand, presidente, cambia solo la sigla: Dgse, Direzione Generale dei Servizi Esterni.
E’ però in Germania che la forza di questa perennità appare più evidente. Nato poco prima della fine delle guerre napoleoniche, il “Servizio” austro-ungarico Evidenzgruppe diviene nel 1850 l’Evidenzbrirc. Nel 1918 la sua sparizione è solo apparente, poiché le sue forze vive integrano in Germania l’Abwehr, che nasce, o piuttosto rinasce, nel 1921, in continuità con il “Servizio” prussiano: il Nachrichtenburo, voluto da Bismarck, divenuto Nachrichtendienst, alias IIIb, prima e durante la Prima guerra mondiale. Sotto Hitler, l’Abwehr ha un potente rivale, il “Servizio” delle SS, il Sd Ausland. Rivalità al vertice che, anche se costa la vita al capo dell’Abwehr, ammiraglio Canaris, e obbliga il “Servizio” a cambiare nome divenendo il Mil-Amt, sarà per evidenti ragioni politiche in seguito molto esagerata. Gli “ex” Abwher e “ex” Sd del resto non si serbono rancore e, qualche mese dopo, si rincontreranno.
La caduta del III Reich e il processo di Norimberga? Non li toccano. Un vero miracolo. Un miracolo americano. Mentre a Mosca, Londra e Parigi (in ordine decrescente), si recuperano artigianalmente le spie e le contro-spie del regime hitleriano, a Washington si lavora industrialmente. Dopo mesi di negoziati minuziosi tra specialisti, una specie di contratto di subappalto della guerra fredda in Europa centrale è stilato con la nuova versione del “Servizio” tedesco, l’Org o Organizzazione Gehlen. Almeno i due terzi dell’Abwehr e della Sd scampati alla guerra sono nuovamente arruolati. Naturalmente, segreto totale. Segreto che sarà rispettato sino al momento in cui essendo la Repubblica Federale Tedesca divenuta uno Stato sovrano, l’Org uscirà alla luce con la sigla di Bnd (Bundesnachrichtendienst, Servizio federale d’informazione). Mezzo secolo dopo, il Servizio conserva ancora questo nome.
Le stesse continuità e perennità sono constatabili in Italia, in Spagna, ecc. Nondimeno una cosa fa riflettere: l’evoluzione del “Servizio” russo, poi sovietico, poi di nuovo russo. Allungando le sue radici più che trisecolari, lontane ma vivaci, nell’Oprichnina di Ivan il Terribile, il “Servizio” degli ultimi zar, la III^ Sezione, diventata dal 1881 l’Okhzana, è un organismo nel quale si mescolano pratiche inquisitorie, puntigliosità e metodi moderni. La cheka bolscevica non la distrugge, la cattura e la digerisce, assimilando bene le sue caratteristiche. Una certa tradizione copravvive, così come sotto i nomi successivi di Ghepeu, Ogpu, Nkvd, Mvd, ecc.sopravvivono degli “organi” i cui membri, in preda al terrore delle purghe staliniste, assumono, quasi simultaneamente e con infornate sempre più accelerate, la funzione di boia e quella di vittima. Il XX Congresso del Pcus provoca qualche processo, qualche esecuzione, e un cambiamento di nome. Tre decenni di Kgb. Poi altro cambiamento di nome. Il Svr non è più sovietico, ma russo. Non sembra però che la parziale apertura di qualche archivio, qualche scambio di abbracci con dei veterani della cia, alcuni riferimenti ideologici sostituiti da nuove forme di attenzione, e qualche statua abbattuta, abbiano reso il “Servizio” meno in forma.
Dopo queste constatazioni di perennità, si sarebbe inclini a pensare che i “Servizi” in quanto tali non sono molto minacciati, e che la disoccupazione annunciata di migliaia di loro membri potrebbe essere piuttosto relativa.
Nei campi d’azione che stimolano l’eloquenza ministeriale, che solo la “guerra alla droga” e le operazioni dirette a “terrorizzare i terroristi”, gli effettivi non sembrano essere all’altezza delle sfide lanciate dai telegiornali. Lo sviluppo di forme supersofisticate di sorveglianza (intercettazioni illegali, lotta contro la pirateria informatica, ecc.) dovrebbe creare abbondanza di impiego. Lo snobismo crescente dell’intelligence economico dovrebbe moltiplicare le vocazioni tardive di “esperti” e “consulenti”.
Anche se si vedono riapparire a proposito dei “Servizi”, e in particolare della Cia, tutti i vecchi clichés tante volte smentiti dalla realtà. Questa Cia che viene regolarmente sepolta prima di essere morta, fingendo di ignorare che l’indomani risusciterà come una Fenice dalle sue supposte ceneri. Ma piuttosto bisogna chiedersi se un nuovo fenomeno, anche furtivamente espresso, o evocato quasi casualmente, non stia apparendo, preparandosi ad essere decisivo. Nel corso di una recente trasmissione televisiva sulla rete Arte, tra gli invitati figurava un veterano della Cia, Peter Bagley, già capo aggiunto della Russian Soviet Division, specialista in transfughi. L’intelligence economica? No, risponde, “non è per noi, non spetta alla Cia immischiarsi di certe cose!” E dopo aver ricordato che le informazioni da lui ottenute le comunicherebbe “al governo degli Stati Uniti”, Bagley si era chiesto: se si raccoglie un’informazione economica importante, “a quale azienda si deve passare questa informazione?” Sottinteso: perché a questa piuttosto che a quella?
Facendogli eco, il giornalista Vincent Jauvert esclamava poco dopo: “Alla Cia erano pronti a morire per l’America, ma non per la General Motors!”
Non sapendo di che cosa sarà fatto l’avvenire, ci guarderemo bene dal tirare conclusioni. però una cosa è evidente. Privatizzando un Servizio segreto, sottraendolo dunque all’autorità dello Stato, si priverebbero i suoi membri della necessaria legittimità di cui abbiamo parlato. E che dire della definizione delle missioni di un “Servizio” diretto da multinazionali concorrenti?
(tratto dal numero di aprile 1996)
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