Anne Perry, autrice di romanzi gialli di grande
successo, mette al centro della vicenda del suo ultimo
volume un cappellano militare già apparso nel
precedente volume della scrittrice
È sorprendente la capacità di Anne Perry di giocare sull’epoca di ambientazione dei suoi gialli. Dopo i mistery raccontati nell’Inghilterra vittoriana, la Perry inaugura una nuova serie che ha per sfondo la prima guerra mondiale. Giustizia in prima linea (traduzione di Seba Pezzani, ed. Fanucci, 2005, pp. 293 E 17,50) ha per protagonista un cappellano militare, il capitano Joseph Reavley, lo stesso che troviamo anche nel primo libro della serie, uscito con Fanucci nel 2004, Alto tradimento.
In quest’ultimo romanzo, Joseph vive lo strazio dei soldati che, nel 1915, si trovano al fronte, nella Fiandra occidentale. Egli conosce le condizioni in cui si combatte nelle trincee, senza acqua potabile, con cibo di pessima qualità e razionato, convivendo con ratti, pidocchi, pulci e il perenne fetore dei cadaveri in decomposizione. Joseph “aveva visto uomini paralizzati dal terrore, incapaci di muoversi o di tenere le proprie funzioni corporee sotto controllo” (pag. 45). Joseph Reavley si chiede cosa sia giusto dire a questi soldati. Che c’è un Dio che li ama e pensa a loro?
In questo scenario atroce di morte, si aggiunge l’uso che, per la prima volta, i soldati tedeschi fanno del gas, lanciandolo nelle trincee del fronte occidentale. Tutto questo viene nascosto all’opinione pubblica. Un giornalista, inviato di guerra, intenzionato a raccontare la verità, viene ucciso. Sarà il capitano Reavley a trovarne il corpo e a capire che il giornalista è morto per mano di un inglese. Toccherà quindi a Joseph investigare, cercando di scoprire chi ci sia dietro alla sua morte. La morte del giornalista si inserisce all’interno di un contesto di indagine, che lega come un filo rosso tutti i romanzi della Perry ambientati durante la Grande Guerra (l’autrice ne ha previsti cinque), vale a dire l’indagine condotta da Joseph e suo fratello Matthew sulla morte dei genitori.
La Perry analizza i sentimenti più intimi di uomini che vivono un momento di forte rottura, quello della guerra. Tutto è sospeso. Le passioni sono contraddistinte da un’intensità tale che le rende a volte ingovernabili.
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“Ho vissuto le trincee della Grande Guerra”
Come ti sei documentata per l’ambientazione della tua storia?
Sono stata personalmente nelle trincee nelle Fiandre, ho visitato musei della guerra e casualmente ho trovato la tomba del più giovane soldato morto. Aveva 13 anni. Poi ho letto lettere mandate dai soldati ai loro famigliari.
Perché decidere di scrivere un romanzo ambientato durante la prima guerra mondiale?
Per scrivere storie che abbiano una forza, credo si debbano cercare anche periodi difficili. Penso che quel periodo fosse la fine di un’era storica e l’inizio di una nuova. E’ spaventoso pensare quanto sia cambiato in 50 anni (periodo di distanza tra le due ambientazioni, n.d.r.).
In questo libro dai più spazio alle sensazioni e ai sentimenti dei personaggi...
Spero che la mia scrittura sia migliorata in questo senso, perché so che si tratta di persone reali. Uomini veri che hanno sofferto realmente.
C’è una giustificazione alla guerra nel libro, una relativizzazione della morale?
E’ difficile dividere il buono e il cattivo in maniera netta. Un conto è dover scegliere tra il bene e il male, un conto è dover scegliere tra due mali, capire qual è quello minore. Ognuno di noi deve decidere in cosa crede prima di arrivare a questa decisione. Non sarei stata in grado di scrivere un libro come questo, se non avessi prima indagato in fondo a me stessa.
Non pensi che il lavoro di poliziotto comporti la necessità dello stesso tipo di indagine interiore?
Sono assolutamente d’accordo con te. Il viaggio spirituale di Joseph (il cappellano militare) è essenziale in questo e negli altri libri della serie. Perché lui si sente incapace di aiutare i soldati che stanno combattendo, impedire che muoiano, porre fine al loro dolore. Joseph non si sente nemmeno di consolare i soldati ricordando loro che c’è Dio, perché tutto sembra far pensare che Dio non ci sia. Nel Vangelo Gesù chiede ai discepoli di vegliare una notte con lui. Loro, però, si addormentano. Ebbene, credo che Joseph dica agli uomini in trincea: “veglierò su di voi, vi sarò vicino”, non può fare altro per loro. In Giustizia in prima linea il cappellano militare deve affrontare il discorso etico all’interno di un momento di rottura come è quello della guerra.
Nei tuoi libri ambientati in epoca vittoriana ci sono spesso personaggi di questo tipo.
La prima storia di Monk si doveva svolgere dopo una guerra proprio per la natura stessa dei crimini che aveva commesso. Ho creato inoltre il personaggio di Ester, atipico in quanto infermiera militare.
Anche Charlotte (I delitti di Londra. Tre indagini dell’ispettore Pitt, 2002, Mondadori) non è una donna tipica. Sembra che tu voglia sottolineare che senza le donne gli uomini non sono in grado di fare nulla.
E’ vero anche il contrario.
Tuo nonno era cappellano militare, ti ha raccontato della sua esperienza?
E’ stato mio padre che mi ha parlato tanto della personalità di mio nonno e mi ha raccontato degli episodi della sua vita. Io non l’ho conosciuto.
Dove vivi?
Prima abitavo nel sud dell’Inghilterra, poi una mia amica mi ha fatto conoscere un villaggio, lo stesso dove anche lei vive, di 455 abitanti, cani e gatti inclusi. Me ne sono talmente innamorata che ho deciso di comperarvi la casa. E’ sul mare, con un immenso giardino. Ogni stanza ha i muri dipinti con colori differenti.
Ho comperato una vecchia Rolls Royce, macchina che sognavo fin dalla mia infanzia (una vecchia Rolls si acquista allo stesso prezzo di una nuova Ford). Ogni mese vado a ritirare la mia pensione, 50 sterline al mese, con quell’auto. Il pieno mi costa come tutta la pensione.
(Intervista a cura di Simona Mammano e Seba Pezzani)
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