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Ottobre/2005 - Articoli e Inchieste
Guardia Svizzera
Da cinque secoli vigila sul Papa
di Ettore Gerardi

Cinquecento anni addietro viene istituito uno
speciale Corpo che doveva vigilare sulla sicurezza
del Pontefice, e durante il sacco di Roma,
147 Guardie si sacrificarono per consentire
a Clemente VII di rifugiarsi a Castel Sant’Angelo.
Oggi la protezione del Papa è garantita
da una complessa organizzazione che comprende
anche la Polizia italiana

Squilli di trombe e rullar di tamburi, nel giorno della cerimonia del giuramento delle nuove reclute delle nuove reclute della Guardia Svizzera, che il prossimo anno celebra mezzo millennio di vita, essendo stata istituita nel gennaio 1506.
Indossando la classica divisa dai colori giallo, rosso e azzurro, che una leggenda (del tutto infondata) attribuisce a Michelangelo o a Raffaello, i nuovi “alabardieri” - tutti baldi giovani sotto i venticinque anni, cattolici, provenienti dai cantoni svizzeri - giurano (con la mano destra stretta sull’asta della bandiera e la sinistra levata in alto con tre dita aperte verso il cielo) fedeltà al Papa, impegnandosi a difenderlo in ogni eventualità.
Il giuramento avviene, ogni anno, il 6 maggio nel ricordo della stessa giornata del 1527 quando, contro i lanzichenecchi, 147 guardie sacrificarono la vita nel “sacco di Roma”, permettendo a papa Clemente VII di potersi rifugiare a Castel Sant’Angelo attraverso il “passetto di Borgo”, lungo camminamento che collega i palazzi vaticani con il Castello.
L’istituzione della Guardia Svizzera come Corpo armato pontificio avvenne con il documento di Giulio II il 21 gennaio 1506, cinquecento anni fa. Il comandante Mauder ha detto anche che sono previsti libri commemorativi, un francobollo congiunto vaticano-svizzero, una moneta coniata dalla Svizzera.
Un evento più solenne sarà il “Corteo storico” che, da Bellinzona a Roma a partire dall’aprile 2006, porterà nella città del Papa per il 6 maggio prossimo in 26 tappe, molte ex guardie e giovani svizzeri: la storica marcia intende commemorare quella compiuta dai primi 150 “elvetici” che si misero a servizio di papa Giulio II.
Il percorso sarà quello stesso effettuato allora, che si sta cercando di individuare su antichi libri di storia: è certo che allora passarono a Milano attraverso via Gottardo e raggiunsero la “via francigena” all’altezza di Fidenza, e sicuramente passarono ad Acquapendente. Cerimonie di accoglienza si avranno nelle città e nei paesi attraversati.
Il comandante Mauder riassume i compiti della Guardia Svizzera: controllo degli ingressi del Palazzo Apostolico; difesa della incolumità del Papa all’interno del Vaticano; servizio d’onore e servizio d’ordine.
Qualcuno ha ricordato che, durate l’occupazione nazista di Roma, gli “svizzeri” agli ingressi del Vaticano erano dotati di mitra. Un giorno il comandante d’allora Pfyffer D’Altishofen chiese a monsignor Montini, sostituto della Segreteria di Stato, se quelle armi, in caso di emergenza, potessero essere usate. La risposta fu negativa. “Vorrei che questo ordine mi venisse dato per scritto” - ribatté il comandante.
Un altro singolare episodio, sempre relativo ai tempi dell’occupazione nazista a Roma, è narrato dallo scrittore Gallagher nel volume dedicato al prelato irlandese monsignor O’Flaherty, che dedicava le sue giornate, invece di lavorare al Sant’Uffizio dove era “officiale”, cioè impiegato, a cercare di salvare i prigionieri inglesi fuggiti dai campi di concentramento o dalle carceri tedesche. Al monsignore fu teso un tranello addirittura nella Basilica Vaticana, ma proprio quando due SS stavano per mettergli le mani addosso, due Guardie Svizzere in borghese intervennero e cacciarono in malo modo quegli intrusi dalla Basilica. Erano state preavvertite da qualcuno, forse dallo stesso monsignor O’Flaherty.
Recentemente, qualche giornale ha adombrato una sorta di malcontento che serpeggerebbe nei Corpi armati pontifici e qualche giornalista ha ipotizzato una “riforma” dei Corpi di sicurezza vaticani.
Nessuna riforma dei Corpi di sicurezza vaticani è all’orizzonte, né sembra necessaria. Anche se, nel generale assestamento dovuto al nuovo pontificato, è sempre probabile una ridefinizione dei rapporti tra Guardia Svizzera pontificia e Vigilanza vaticana. E’ quanto trapela dal Vaticano dopo i recenti articoli sulla Guardia Svizzera pontificia, che ipotizzano tensioni tra i due Corpi armati della Santa Sede.
Il comandante della Guardia Svizzera, colonnello Elmar Theodor Maeder, - al quale, insieme con il predecessore Siegmurre, si deve un grande sforzo di rilancio dell’immagine del Corpo dopo gli anni bui seguiti alla strage del ’98 in cui il vicecaporale Cedric uccise il suo comandante Alois Estermann e la moglie di questi, Gladys, e si suicidò - non vuole commentare in particolare l’articolo pubblicato da un quotidiano milanese, che gli attribuisce una “petizione” indirizzata in periodo di Sede vacante per riottenere un “primato nella custodia della sacra persona del Pontefice”.
Nella caserma della Guardia l’articolo sembra comunque aver creato un certo scompiglio, anche se i suoi sottoposti affiancano il colonnello sulla linea del no comment, negando comunque che ci sia stata alcuna petizione, e rimarcando come in periodo di Sede vacante non si capisce a chi avrebbe potuto essere indirizzata. La presunta rivalità tra Guardie e Gendarmi viene inoltre bollata come folclore.
In Vaticano poi si fa osservare che gli “svizzeri” sono sempre stati presenti, anche se non sempre in divisa di gala, al fianco del Papa durante le uscite dal Vaticano, come accade anche in piazza San Pietro durante le udienze generali.
Come è noto la sicurezza del Papa è garantita da una complessa organizzazione che oltre alla Guardia e alla Vigilanza conta, su territorio italiano, dell’appoggio determinante dell’Ispettorato di Ps italiano presso il Vaticano, che tra l’altro presidia anche piazza San Pietro. L’ispettorato inoltre scorta il Papa ogni volta che esce dal Vaticano e coordina la sicurezza con le autorità di Polizia provinciale coinvolte nei viaggi in Italia.
A queste uscite pubbliche del Papa, Guardia Svizzera e Vigilanza danno il loro contributo affiancando la scorta di Ps, e le Guardie a volte, come durante le udienze in piazza San Pietro, sono in borghese. Nel primo viaggio italiano di Benedetto XVI, lo scorso maggio a Bari, è stata ripristinata la presenza di due svizzeri in divisa di gala. Il referente vaticano per l’Ispettorato è la Vigilanza (che fino al ’70 si chiamava Gendarmeria), mentre la Guardia custodisce gli ingressi della Città del Vaticano e svolge compiti cerimoniali all’interno del palazzo pontificio.
Non ci si devono aspettare elementi di novità in questo meccanismo collaudato che garantisce la sicurezza della persona del Papa.
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Chi erano i “Carabinieri pontifici”

Colpita dal decreto di scioglimento dei Corpi militari pontifici la Gendarmeria ha cessato di esistere il 20 gennaio 1971, venendo tuttavia sostituita, in forza della relativa legge del 15 dicembre 1970, con un Ufficio Centrale di Vigilanza, di nuova istituzione, nel cui personale furono peraltro assunti numerosi ex gendarmi, Ufficio trasformato nel 1991, in Corpo di Vigilanza dello Stato della Città del Vaticano e posto in pari data alle dirette dipendenze della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano.
L’uniforme indossata dai Gendarmi pontifici era costituita da una tunica nera serrata in vita e munita di lunghe falde, simile a quella dei Carabinieri italiani, pantaloni lunghi di color azzurro intenso a doppia banda nera, e come copricapo usavano la caratteristica lucerna napoleonica; nell’alta uniforme i pantaloni erano invece bianchi chiusi negli alti stivaloni neri alla scudiera, mentre un alto colbacco di pelo nero sostituiva l’usuale lucerna.
La Gendarmeria venne istituita nel 1816, su proposta del governatore di Roma Tiberio Pacca e secondo il piano da lui stesso elaborato, il Corpo dei Carabinieri pontifici, a cui erano affidati “il mantenimento dell’ordine pubblico, l’esecuzione delle leggi ed una vigilanza continua e repressiva nell’interno dello Stato”, come recitava l’art. 2 dello speciale Regolamento emanato il 22 ottobre 1816 a firma del cardinale segretario di stato Ercole Consalvi.
Formato da due reggimenti su tre squadroni ciascuno, ognuno dei quali su due compagnie, a piedi ed a cavallo, con un effettivo totale di 2.280 uomini, il Corpo dei Carabinieri pontifici era adeguatamente dislocato in tutte le province dello Stato. Tra le varie caserme che essi ebbero in Roma, va ricordata quella di piazza del Popolo, fatta costruire da Pio VII e tuttora esistente, occupata sin dal 1870 dai Carabinieri italiani.
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Auto elettrica per il Papa

Dalla fine di settembre, papa Benedetto XVI ha a disposizione una vettura elettrica per gli spostamenti all’interno della Città del Vaticano e della residenza di Castel Gandolfo.
La vettura è stata consegnata da una società del gruppo DaimlerChrysler: si tratta di un modello speciale con telaio in alluminio e dotata di motore da 72 volt alimentato da sei speciali batterie che garantiscono un’autonomia di circa 70 chilometri. La notizia della consegna della vettura è stata diffusa dalla Natuzzi, società leader mondiale dei divani in pelle, che ha allestito gli interni della vettura, “curando - è detto in una nota della società - ogni minimo dettaglio: dalla selezione della pelle, alle cuciture, al comfort”.
Oltre alla vettura del Santo Padre, è stato fornito alla Città del Vaticano un altro veicolo elettrico che verrà usato dalla Gendarmeria vaticana per i servizi di sicurezza al Pontefice.







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