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Ottobre/2005 - Articoli e Inchieste
Guardie Giurate
"Nessuno di noi ama questo lavoro"
di Paolo S. - Guardia Particolare Giurata

Le esigenze di trovare una occupazione,
spinge molti uomini e donne a vestire la
divisa di Guardia
particolare Giurata, ma le condizioni di lavoro sono aberranti:
ecco la testimonianza di uno di loro

La definizione di GpG cioè Guardia particolare Giurata, a distanza di tanti anni dalla sua nascita ancora non trova una collocazione legislativa contrattuale adeguata, ció significa che i dipendenti di un Istituto di vigilanza privata, risultano essere iscritti alle liste di collocamento come “operai generici”.
Fin da bambino ho sempre pensato che gli operai fossero coloro che vanno a lavorare nelle fabbriche, davvero non avrei mai creduto che un lavoratore in divisa e per giunta armato di pistola, potesse essere un operaio!
Di certo, qualcosa è da rivedere, infatti, da qualche tempo ci si sta muovendo addirittura in parlamento per cercare di modificare lo status lavorativo di questi “operai generici”, anzi, sembra che finalmente questa benedetta qualifica sia arrivata, quindi, nella scheda professionale, potranno trovare adeguata collocazione la certificazione delle competenze professionali delle Guardie particolari Giurate e le pregresse esperienze lavorative nel settore.
Volendo tralasciare l’aspetto burocratico della questione, non pochi punti interrogativi emergono dall’aspetto pratico e quindi operativo di chi svolge effettivamente questo lavoro. Portare una pistola dovrebbe in qualche modo lasciar pensare che chi la porta sia in grado e di conseguenza adeguatamente addestrato da saperla “gestire” nel miglior modo possibile. Ma sará sempre così?
Spesso, dopo aver presentato domanda di assunzione e nella migliore delle ipotesi dopo aver effettuato un colloquio conoscitivo con il responsabile delle assunzioni, il futuro dipendente viene invitato a recarsi al poligono di tiro per prendere l’abilitazione all’uso ed al maneggio delle armi che occorre alla questura per poter rilasciare il porto d’armi.
Il certificato del poligono viene rilasciato il giorno stesso, in meno di un paio d’ore la futura GpG è ormai capace, a tutti gli effetti, di utilizzare una pistola.
Smontarla, pulirla, tenerla in sicurezza per sé e per gli altri, custodirla in modo adeguato nonché saperla usare in caso di bisogno.
Facciamo un passo indietro… possibile che nessuno si sia chiesto se chi dovrà lavorare con una pistola abbia anche la capacità psico-attitudinale per farlo? In casi rarissimi infatti gli aspiranti GpG vengono sottoposti a test psico-attitudinali o hanno un colloquio con uno psicologo.
Una volta assunti si riceve una divisa, un distintivo metallico con un numero di matricola ed un cinturone con una fondina. La pistola rimane un’oggetto pieno di misteri. Come si può usare? Quando si può usare? Quali sono le leggi che ne regolamentano l’uso? Tutti interrogativi questi che, nel bagaglio culturale del futuro dipendente, non trovano risposta certa. In compenso gli “anziani”, spesso GpG con qualche mese di anzianità in più, si prodigano in consigli. Alcuni di essi basati sulle classiche leggende metropolitane.
Se poi uniamo il tutto alla tipologia di servizi che vengono svolti allora, davvero, credo che una bella riflessione non farebbe male.
Turni spesso lunghi, anche 12-15 ore consecutive, riposi che vengono saltati, servizi notturni a bordo di pattuglie dove si richiedono due persone ma puntualmente servizi svolti da una singola Guardia, insomma, tutti fattori che sommati non mettono in condizione il lavoratore di avere dei margini di sicurezza per sé e per gli altri.
Non meno importante è la tutela di tali dipendenti da parte non solo delle disposizioni della questura ma anche da parte degli Istituti stessi, o meglio, la non tutela. Nella maggior parte dei casi, sono sempre i dipendenti a pagare gli errori e le mancanze degli altri.
Da menzionare un fatto accaduto all’Aeroporto “Costa Smeralda” di Olbia; una Guardia particolare Giurata con pochi giorni di servizio e senza adeguato addestramento, svolgendo servizio ai varchi con il metal detector, si è trovato a dover affrontare una situazione difficile. Un ispettore della Polizia di Stato che si occupa della sicurezza negli aeroporti, riesce a superare il varco presidiato dalla Guardia succitata, avendo in tasca la pistola d’ordinanza. Dopo accurate indagini e dopo aver appurato anche il malfunzionamento del metal detector, sapete chi ne ha fatto le spese? Risposta esatta!
Proprio il nostro “operaio generico”, allontanato dal posto di servizio e probabilmente licenziato alla fine del periodo di prova. Come se non bastasse alla GpG è stata comminata dall’Enac una multa di 2mila euro, quasi tre stipendi.
Pare proprio che si vogliano scaricare le colpe sull’anello debole della catena, forse è proprio così, visto che neanche l’Istituto di vigilanza privato, suo datore di lavoro, ha voluto tirar fuori un centesimo poichè la notifica di pagamento della multa è stata “ad personam”.
L’esempio appena citato non è che l’ultimo di una lunga serie che per esperienza professionale mia e di tutta una categoria di lavoratori posso testimoniare.
Un noto Istituto di vigilanza romano, vantandosi di essere una società in continua crescita, organizza dei corsi di formazione pre-assunzione, assumendo tutto il personale a fine corso. Fantastico.
Il problema nasce quando i neo-assunti, o almeno la maggior parte di loro, finito il periodo di prova della durata di 60 giorni di lavoro effettivo, vengono puntualmente licenziati, un giorno prima di tale scadenza.
Ció comporta, una serie di disagi. I documenti da fare per ottenere lo status di Guardia particolare Giurata costano in più, l’Istituto obbliga il dipendente ad acquistare un certo tipo di pistola per iniziare a lavorare, spesso in armerie “convenzionate”. Il costo totale? Circa 1.600-1.700 euro. Per due mesi le Guardie assunte dopo il corso e poi licenziate avranno lavorato gratis.
La speranza di un lavoro ai giorni nostri è un pensiero che affligge i giovani, l’illusione di averlo trovato per poi vederlo svanire, per quanto umile e mal retribuito, fa stare male.
Vi siete mai chiesti dove va a finire la pistola di chi viene licenziato da tale Istituto?
Nel cassetto di casa, dimenticata da tutti e spesso senza che sia custodita a dovere. Un numero esagerato di pistole è nelle mani di cittadini, ex Guardie Giurate, infatti, con la perdita dello status di GpG, si perde anche il porto d’armi ma non la detenzione della pistola.
Non so se sia meglio rivedere le procedure di legge sulle armi e quindi togliere la detenzione dell’arma oppure regolamentare in modo più severo le assunzioni fatte da codesti Istituti “benefattori”.
Parlando di benefattori bisogna ricordare che la maggior parte degli Istituti sono società, gli altri sono cooperative. Qualche mese fa uno dei più grandi Istituti romani, da società è diventata cooperativa. Per rendere operativo tale passaggio è stato chiesto ai dipendenti di aderire all’iniziativa; con un esborso di circa 4.000 euro, si poteva diventare soci. In tanti hanno aderito, altri hanno preferito non pagare e sono rimasti dipendenti ma non soci.
La quota di maggioranza è tuttavia rimasta alle stesse persone che prima gestivano la società, così adesso, la cooperativa si ritrova con gli stessi padroni che decidono ed una miriade di piccoli soci che, “divisi e governati” non contano nulla.
Neanche a dirlo, la quota da pagare doveva essere ragionevolmente rateizzata con piccoli prelievi sulla busta paga ed invece pare che in molti non riceveranno per qualche tempo il salario, perché tagliato, per pagare nel più breve tempo possibile il debito.
Dal canto mio posso dire di essere fra coloro che prestano servizio in un posto cosiddetto “caldo”, però tutti sanno che oggi sei qui e domani chissà dove, a secondo degli umori del superiore di turno.
Nessuno di noi ama questo lavoro che in fondo ci dà da mangiare, viviamo con l’utopia di poter un giorno trovare qualcosa di meglio, qualcosa che forse non arriverà mai. Ma perchè smettere di sognare, anche noi GpG? Sognare è lecito o magari è l’unico modo per credere ancora in quello che facciamo.

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