I cosiddetti “vigilantes” stanno
vivendo momenti di particolare
incertezza e frustrazione.
Eppure il mercato della sicurezza
privata, in Italia, si aggira sui
due miliardi di euro l’anno
Due anni prima dell’attentato alle Torri Gemelle, molto prima che la domanda di sicurezza dei cittadini diventasse un affare miliardario, Giovanni Aliquò, Segretario dell’ Associazione Nazionale Funzionari di Polizia - Anfp in una lettera (Prot 0043/99/SN del 1/4/1999) all’allora Capo della Polizia, Fernando Masone, dichiarava: “in barba alle disposizioni di legge e contrattuali vigenti, le Guardie Giurate possono essere mandate in servizio in condizioni di assoluta insicurezza, isolate, prive di idonei indumenti protettivi, di apparati radio, del necessario addestramento e dell’istruzione minima – e obbligatoria – su diritti e doveri degli operatori della vigilanza. Basterebbe operare, invero, un’elementare ricognizione dei mezzi che certi Istituti mettono a disposizione delle Guardie per comprendere come la stessa vita umana, prima ancora che la dignità del lavoratore, possa passare in second’ordine dinanzi alla logica del profitto”. Ed ancora, “Turni massacranti, mancanza assoluta di disposizioni scritte sul servizio e di corsi di addestramento pratico, vigilanze ad agenzie bancarie svolte in abiti civili, piantonamenti isolati ad obiettivi estremamente sensibili, giovani, neoassunti con contratto di formazione, investiti, senza alcuna esperienza, della responsabilità di delicatissimi e pericolosi servizi. Sono queste le assurde condizioni di lavoro, comuni alla maggioranza delle Guardie Giurate, che ingigantiscono l’esposizione al pericolo e fanno venir meno il diritto alla sicurezza del lavoratore, lasciando anche spazi indebiti alla concorrenza sleale tra Istituti”.
Nel 2005, sei anni dopo queste dichiarazioni, ecco la condizione delle Guardie particolari Giurate, dipendenti degli Istituti di vigilanza.
La storia, le leggi, le funzioni
Chi siano le Guardie particolari Giurate è ancora oggetto di discussione tra la dottrina giurisprudenziale, le Forze di polizia e loro stessi. E’ oscura anche la loro la provenienza e metamorfosi storiche, c’è chi le fa discendere dai tres viri nocturni dei romani precristiani e chi invece, li spinge più avanti nel tempo definendoli i successori dei “bravi” di manzoniana memoria. La prima legge italiana in materia è quella del 20 marzo 1865 n. 2248, che dava la possibilità di nominare Guardie particolari da destinare alla custodia della proprietà terriera. Con la legge n. 7321 del 1890, si estendeva la possibilità di vigilare anche le proprietà dei Comuni e dei corpi morali. Con la legge n. 690 del 1907 (T.U. sugli Ufficiali ed Agenti di Pubblica sicurezza), si attribuì ai privati, ai corpi morali ed ai Comuni la facoltà di chiedere l'approvazione della nomina di “Guardie particolari Giurate” per custodire le loro proprietà. Più tardi il R.D. n. 562 del 1914 regolava gli Istituti di vigilanza e custodia della proprietà mobiliare ed immobiliare altrui.
E’ però con il Testo Unico delle leggi di Pubblica sicurezza (Tulps), approvato con R.D. n. 773 del 1931, che le Guardie particolari Giurate prendono la forma attuale. E’ questo il testo che stabilisce gli attuali diritti e doveri degli Istituti di vigilanza e delle Guardie particolari Giurate come ad esempio l’essere tenuti a prestare la loro opera ad ogni richiesta dell'autorità di Polizia (art.139).
Dopo circa 70 anni la legge non è cambiata, le Guardie particolari Giurate sono nominate dal Prefetto, su proposta degli enti autorizzati, giurano innanzi al sindaco e come novellano R.D.L. n.1952 del 26.19/1935 convertito in legge n.508, del 19/3/1936 e il R.D.L. n.2144 del 12/11/1936, sono sottoposti all’autorità disciplinare del questore sia gli istituti che le GpG.
A tal fine è il questore della provincia, dove hanno sede gli Istituti, che emana apposito regolamento il quale disciplina non tanto il lavoratore, ma la persona con lo status di Guardia particolare Giurata.
Eventuali inosservanze dei doveri o carenze da parte del personale, in quanto lavoratori, sono rilevate, dal datore di lavoro che in relazione all'entità delle mancanze ed alle circostanze può, dopo adeguata procedura garantita per legge, irrogare sanzioni disciplinari.
Il Tulps prevede che “possono essere oggetto di vigilanza privata unicamente i beni, mobili e immobili, determinati, mentre la tutela dell’integritá fisica delle persone rimane esclusiva delle Forze di polizia” (G. Calesini, Leggi di P.S. e illeciti amministrativi, Laurus Robuffo), se ne ricava che le GpG possono esercitare l’attivitá di vigilanza, direttamente alle dipendenze di privati proprietari, di enti pubblici o enti collettivi, dei privati tra loro associati, oppure, indirettamente alle dipendenze di Istituti di vigilanza, i quali stipulano un contratto con i proprietari dei beni (art. 133 e s. Tulps).
In tutta Italia sono 800 gli Istituti di vigilanza, forti di un organico di quasi 36.000 unità, forniscono una serie ampia di servizi:
- attivitá di sicurezza delle aziende (supermercati, banche, fabbriche etc.) e di organismi extraterritoriali (ambasciate, sedi Onu, etc.);
- trasporto e scorta valori;
- vigilanza e videocontrollo a distanza;
- gestione dei servizi antifurto;
- sistemi centralizzati di teleallarme;
- telesoccorso;
- radiomobili di pronto intervento.
Il profilo della GpG
Per diventare una GpG, bisogna essere cittadino italiano o di un paese membro della Ue, avere raggiunto la maggiore età, aver adempiuto agli obblighi di leva (adempiuto, non vuol dire necessariamente, svolto), saper leggere e scrivere, non aver riportato condanna per delitto, essere persona di buona condotta morale, essere munito di carta d’identità, essere iscritto alla Cassa nazionale delle assicurazioni sociali e a quella degli infortuni sul lavoro (138 Tulps).
Sulla qualificazione giuridica delle GpG esistono 4 correnti che le collocano rispettivamente nei: Pubblici ufficiali, Agenti di Polizia giudiziaria, Incaricati di pubblico servizio, Privati cittadini.
Una svolta, nel coacervo delle interpretazioni, sembra essere stata data dalla Cassazione, la quale, ha “ritenuto che in virtú dell’art. 358 C.p. sostituito dalla legge 26 aprile 1990 n. 26, alla Guardia Giurata deve attribuirsi non la qualifica di pubblico ufficiale ma quella d’incaricato di pubblico servizio” (G. Calesini, Op. Cit.). Fanno ovviamente eccezione a questa definizione gli agenti venatori o quelli delegati alla sorveglianza ittica o le GpG direttamente dipendenti da Amministrazioni pubbliche o anche, quelle chiamate a prestare la loro opera a richiesta dell’Autoritá di Ps.
Secondo una stima di D. Rizzo il 97% delle GpG sono uomini e solo il 3% donne, il 70% sono coniugate, l’età media si aggira intorno ai 35-40 anni. L’80% delle GpG è in possesso di licenza di scuola media inferiore, il restante 20% sono diplomati, i laureati sono statisticamente inconsistenti (Tam Tam, n.1, gennaio 2002).
In accordo con il Contratto collettivo nazionale di lavoro dell’8/1/2002 (Contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti da Istituti di vigilanza privata), le GpG lavorano tra le 7 e le 7,15 (art. 64 e ss) ore giornaliere, a seconda del sistema di turnazione scelto, possono avere un giorno di riposo ogni 5 (sistema 5 + 1) con 25 giorni di ferie, o, due giorni ogni 6 (sistema 6 +1+1) con 23 giorni di ferie (art. 71).
Le GpG percepiscono la 13^ e 14^ mensilitá (art. 56) e grazie alla contrattazione decentrata, anche i buoni pasto. Il contratto ovviamente riconosce tutti i diritti di legge, quali, ad esempio, il congedo matrimoniale o i permessi studio (artt. 84 e ss.).
In passato le GpG non erano considerate con le loro peculiarità e specificità e venivano inquadrate presso gli uffici di collocamento come operai generici. Ora invece, sono state riconosciute le adeguate differenze rispetto ad altri prestatori d’opera e le GpG presso gli uffici di collocamento, trovano il loro spazio in una lista speciale che le qualifica con maggior precisione.
Fin qui il mondo delle GpG sembra disciplinato e sicuro, ma i fatti ci raccontano un’altra storia.
Rapporti difficili
Le GpG stanno vivendo un momento di particolare incertezza e frustrazione, dai forum aperti su Internet, si evince una condizione frustrante, per un mondo dove regna l’anomia e l’incertezza. Molte GpG si lamentano della poca considerazione (quando non ilaritá) che ricevono dalle Forze dell’ordine e dai cittadini, da cui, per il 48,9%, si sente disprezzato (sondaggio: www.guardiegiurate.net), si chiedono chi sono, o quali sono i loro poteri quando in servizio, nelle metropolitane, nelle caserme, negli aeroporti. Il 35% considera la sua formazione così insufficiente che spesso, durante il servizio, non sa cosa fare (sondaggio: www.guardiegiurate.net).
Hanno poca fiducia delle Istituzioni e tra di esse, si fidano più dei Carabinieri (23,9%) che dei sindacati (6,4%), della Polizia amministrativa che li gestisce (5,5%) e ancora meno (2,1%) della Prefettura (sondaggio: www.guardiegiurate.net).
La gente: i fruitori dei servizi bancari, dei supermercati, i dipendenti delle fabbriche, gli utenti della strada, ha varie percezioni delle GpG, spesso poco positive. Percezioni, quando negative, provocate da distorte valutazioni di persone che, non conoscono il lavoro delle Guardie, ma anche, dai comportamenti, a volte vessatori, che queste ultime hanno, nei confronti dei cittadini.
Al non idialliaco rapporto tra GpG e cittadini, non aiuta la definizione di “sceriffi” che i giornali e la televisione, troppo spesso, danno delle GpG. Non aiutano neanche i comportamenti di quei “ragazzi giovani ed inesperti che con la divisa e la pistola pensano di essere dei veri e propri sceriffi” (cfr. le dichiarazioni della GpG anonima a Piergiorgio Giacovazzo in Tg2 Costume e Società).
La situazione reale è diversa.
Per ogni “sceriffo”, c’è un onesto lavoratore che, ogni giorno, in mezzo a mille difficoltá, cerca di assicurare non solo la nostra sicurezza patrimoniale ma rappresenta anche una “vigilanza” in più contro la criminalità. Occhi vigili, come quelli della GpG in servizio antirapina presso una banca di Milano la quale ha filmato, per alcuni istanti, un gruppo di rom ed una bambina chiamata “Danàs”, sosia di “Denise”, la bambina scomparsa a Mazara del Vallo. I nomadi accortisi delle attenzioni di questo “vigilantes” sono scappati, senza attendere l’arrivo della Polizia che era già stata avvisata. Perché la GpG non abbia inseguito, quella che credeva essere Denise, bambina sequestrata e non abbia arrestato (come facoltà di tutti i privati cittadini per questo tipo di reati, art.383 C.p.p.) chi la deteneva, rimane un mistero. Probabilmente nella mente della GpG si sono materializzati una serie di aporie: potrò inseguirla? Potrò lasciare il posto di servizio per liberarla? Sarà veramente lei? Quali poteri ho per intimare l’alt a queste persone? Tanti problemi, forse troppi e quella che poteva essere Denise è fuggita insieme a loro.
Un mondo variegato
All’interno del “pianeta GpG” ci sono le “pecore nere”, i “lecchini”, quelli che stanno “caldi”, ma anche lavoratori che muoiono per difendere i beni altrui, che soffrono l’harrasment (persecuzione) degli Istituti di vigilanza, dei colleghi e dei superiori, vedendo spesso il loro posto di lavoro a rischio.
Le GpG lavorano tanto, piú di quanto ci si immagini. Secondo il Savip circa il 70% delle GpG lavora 12 ore al giorno, non c’è allora da meravigliarsi che con turni così lunghi quasi il 90% percepisca di avere poco tempo per la famiglia (cfr. www.savip.it), due ore al giorno, considerando 8 ore di riposo e due per i pasti e necessità fisiche quotidiane.
Tra l’incudine ed il martello
L’incertezza percepita dalle GpG nasce, a volte da vuoti legislativi, a volte dagli interessi di qualche Istituto di vigilanza che ha poco a cuore i propri dipendenti, a volte da necessitá economiche o lavorative, a volte dalla mancanza di addestramento e di istruzione, a volte dalla sensazione di essere utili solo come “bersagli” per malviventi sempre più organizzati. I problemi sono svariati eccone alcuni.
Non di rado le esigenze operative delle GpG contrastano con la legge. Se si trasportano milioni di euro su un furgone, sì blindato ma non a prova di tutto, rimanere imbottigliati nel traffico cittadino potrebbe rappresentare un problema, in quanto, più si è fermi o lenti, più si diventa facile bersaglio per i malintenzionati.
A volte allora, i trasporti valori viaggiano sulle corsie preferenziali o si fanno largo in mezzo al traffico con i sistemi acustici di allarme accesi come se fossero una sirena. Infrazioni al Codice della Strada necessarie, dettate da esigenze di sicurezza, secondo le GpG, semplici infrazioni da sanzionare secondo le Forze dell’ordine, che a volte, comprensibilmente chiudono un occhio. Quando i tutori dell’ordine non si dimostrano comprensivi, succede che le GpG si vedano azzerati i punti patente (La Stampa, 19/05/2004). Nessuno pensa che, senza la patente, non si puó guidare, senza poter guidare, non si puó lavorare.
Diritto al profitto o diritto dei lavoratori?
Il mercato della sicurezza in Italia, si aggira attorno ai 2 miliardi di euro annui. A volte per massimizzare i profitti, certi Istituti di vigilanza utilizzano il personale per scopi diversi rispetto allo status di GpG, attuando inaudite forme di discriminazione e persecuzione.
Nel 2002 per alcuni giorni, delle GpG con tanto di divisa ed arma d’ordinanza aprivano i cancelli di alcune ville milanesi e prelevavano i sacchi dell’immondizia dai giardini per depositarli sul marciapiede, dove gli operatori ecologici provvedono a raccoglierli (il Giornale, 06/02/2002).
Delle GpG non autorizzate, perché non in possesso dei requisiti di legge, sono state assunte ugualmente da un Istituto di vigilanza che aveva in appalto la sicurezza dell’aeroporto di Malpensa, facendo servizio in uniforme, con pistole giocattolo in fondina (Corriere della Sera, 12.06.2004).
Un titolare di un’agenzia di vigilanza, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, avrebbe secondo la Guardia di Finanza, costretto delle GpG a rinunciare ai compensi mensili e al pagamento degli straordinari, nonché alla tredicesima e alla quattordicesima mensilità pena le contestazioni disciplinari fino all’eventuale licenziamento o (Il Crotonese.it, 27/07/2004).
A Roma una GpG è morta a causa di un malore improvviso. Se ne è accorta un'altra GpG di passaggio che ha chiamato un’ambulanza, ma ormai l’uomo era morto (Corriere della Sera, 7.10.2005). Forse se fossero stati in due, come previsto dal Contratto nazionale, il collega avrebbe potuto chiamare dei soccorsi o dirigersi verso il primo pronto soccorso ma non é successo ed una persona è morta.
Spesso le discriminazioni sono vere e proprie violazioni dei diritti umani.
Alcuni dirigenti di un Istituto di Palermo, i quali, per non attuare più un comportamento vessatorio verso una GpG ed infine non licenziarlo, hanno richiesto, in una sorta di rediviva jus primae noctis, le prestazioni sessuali della moglie (La Stampa, 7 giugno 2001).
Una GpG del vercellese è stata licenziata, dopo 20 anni d’onorato servizio, perché a causa dell’applicazione di un peace-maker, non poteva più indossare il giubbotto antiproiettile (La Stampa, 18/10/2002).
Orario di lavoro e tempo di vita
Lo stipendio delle GpG non è alto, rispetto ai rischi e allo stress lavorativo. Una GpG guadagna, dopo 3 anni d’anzianità, circa 1.160 euro lordi, che si trasformano al netto in circa 850 euro (Titolo VIII, Ccnl). Per raggiungere uno stipendio dignitoso, di almeno 1.000 euro, una GpG dovrà lavorare ulteriori 30 ore, considerando che il netto di un’ora di straordinario si aggira intorno ai 5 euro. Gli straordinari diventano una voce importante dello stipendio delle GpG a scapito peró del benessere fisico degli uomini e del livello d’attenzione che va a scemare giá dopo circa 4 ore di servizio, figuriamoci con turni di 12-14 ore.
Secondo un sondaggio del Savip (Sindacato Autonomo della Vigilanza Privata), il 68,81% delle GpG effettua turni di 12 ore (visto il 23/8/2005).
Secondo un altro sondaggio il 9,9% delle GpG non esegue straordinario, il 24,5% un’ora al giorno, il 17,4% due ore al giorno, l’8,1% tre ore al giorno, il 12,1% quattro ore al giorno, il 12,9% cinque ore al giorno, il 7,7% sei ore al giorno, il 7.5% piú che puó (www.guardiegiurate.net, tutti i sondaggi del sito visitati il 13/09/2005).
Il record d’ore di straordinario in un mese che, è stato possibile registrare, è di 296 ore, effettuate da una GpG soprannominata “il vecchio”, impiegato presso un Istituto di vigilanza di Roma.
Una GpG a Roma è finita in coma per un incidente stradale provocato da un colpo di sonno dopo un servizio ininterrotto di 12 ore dalle 18 alle 6 di mattina (Corriere della sera, 26/04/2004).
Tra pecore nere e squali bianchi
Esiste quello che si potrebbe definire il “paradosso dell’impiego” negli Istituti di vigilanza, infatti quando è la singola a compiere degli illeciti ne paga le conseguenze, quando invece è l’Istituto chi ne soffre sono sempre le GpG.
Alcune GpG a Brindisi secondo i Carabinieri, rubavano, piazzavano ordigni esplosivi, compivano incendi ed estorsioni utilizzando anche le autovetture di servizio, sulle quali facevano salire anche i pregiudicati (La Provincia.it, 08/02/2005).
Secondo la PolStrada, tre Guardie Giurate hanno rubato, circa 50.000 euro provenienti dai caselli autostradali (Il Messaggero, 28/05/2005).
Una GpG ha confessato alla Polizia di aver rubato 10.000 euro ai magazzini Ikea di Firenze per poter passare un bel Natale (La Repubblica, 19/12/2005).
Delle GpG spacciavano droga in un supermercato a Varese (AdnK, 19/07/2005).
Tutte le suddette Guardie Giurate sono state arrestate mentre gli Istituti proseguono le normali attività.
Che gli Istituti, attraverso i controlli dei servizi, non siano riusciti, per proprio conto, a smascherare queste “pecore nere” appare grave. Considerando la percezione che ne hanno le GpG, il numero dei rapporti disciplinari ed il numero di rapine, sembra quasi che, i controlli giornalieri effettuati dai “graduati” siano piú vessatori rispetto ai lavoratori, invece di essere un supporto all’attivitá giornaliera delle Guardie volta alla sicurezza di tutti.
Ecco il paradosso: il giudice, in seguito ad alcuni illeciti, sospende la licenza ad un Istituto di vigilanza e i 100 GpG impiegati rimangono senza lavoro (La Repubblica, 19/11/2002).
Il mondo degli Istituti di vigilanza non è tutto nella legalitá, Giovanni Aliquó (Anfp), al congresso SicurEur-Ope 2005 parla di un “settore ampiamente inquinato… che dovrebbe essere alla ricerca di un diverso e superiore livello etico nell’attivitá imprenditoriale” (La Ronda, n. 6, giugno 2005). Parla di cose di questo pianeta, il funzionario di Polizia, eccone alcuni esempi:
- un Istituto di vigilanza secondo la Guardia di Finanza, avrebbe truffato circa 33 miliardi di lire all’erario, perché risultava, non essendolo, ente morale, beneficiando illegalmente degli sgravi fiscali di legge (Il Messaggero, 13/05/2000);
- secondo la Guardia di Finanza un Istituto di vigilanza ha evaso il fisco per 630.593,87 euro di mancati versamenti Iva (La Stampa, 04/01/2002);
- un Istituto di vigilanza è sotto accusa per aver truccato una gara d’appalto con il ministero della Difesa, per la sorveglianza di siti militari (Corriere della Sera, 29/08/2004);
- un Istituto di vigilanza che aveva l’appalto per la sorveglianza nei parchi di Milano, mandava un numero inferiore di GpG rispetto a quelli previsti dal contratto (Corriere della Sera, 3/04/2004);
- il 48,8% delle GpG, nonostante sia vietato dal regolamento delle questure, usa la propria macchina (e non come previsto quella dell’Istituto) per eseguire i piantonamenti fissi (sondaggi: www-guardiegiurate.net ).
Dove stanno i criminali?
Il lavoro di GpG è, anche, un lavoro pericoloso. Bisogna sottolineare “anche” perché dopo gli esempi giá descritti quello dei malviventi che, dovrebbe essere il primo problema, è relegato in fondo. I giornali non danno molto spazio alle GpG morte o ferite anche se sono tante, a causa di rapine in banca, ai portavalori nelle aziende. Fa più notizia la GpG che organizza una rapina al furgone dei suoi colleghi o che ruba nel caveau del suo stesso istituto che le GpG uccise, sequestrate, malmenate, per aver fatto il proprio dovere. C’è qualcosa che non va nel sistema della vigilanza privata fatta di soprusi quotidiani, di disservizi e di illegalità, si conosce poco di questa faccia povera rispetto alle “rapine miliardarie” che invece trovano ampio spazio nei mass media.
Sindacato e sciopero
Se Marx scrivesse oggi la sua opera maggiore,“Il Capitale”, probabilmente, dedicherebbe un capitolo al concetto di alienazione associandolo alle GpG.
Secondo un sondaggio del Savip il 77,85% delle GpG è insoddisfatto per il trattamento ricevuto dall’azienda (visto il 23/8/2005).
Per guardiegiurate.it, il 62,2% delle GpG non si sente tutelato dal proprio Istituto, l’80% dei contattati ha percepito del mobbing nei suoi confronti da parte dell’azienda, spesso per ottenere servigi (22%), nonostante tutto, il 39,5% crede ancora nella propria professione.
La qualità del lavoro delle GpG in Italia è al di sotto di standards accettabili. Il 47,7% delle GpG fa servizio solo di notte mentre il 36,2% è obbligato dalle aziende a saltare i riposi settimanali. Il contratto nazionale è scaduto il 30/4/2004 e per il nuovo ci sarà ancora da aspettare. Sembra che la situazione descritta da Giovanni Aliquò nel 1999 non sia cambiata di molto e per certi versi è anche peggiorata, tuttavia, quello che non si evince dalle statistiche si percepisce parlando con le GpG.
Le GpG dipendenti di Istituti privati vivono ai limiti della sopportabilità umana, si tratta di un mondo costituito da soggetti dis-uniti in cui ognuno vive, alla giornata, come può. Tra la possibilità di un turno straordinario in più e la ricerca di un posto “al caldo” cercando di evitare le rapine ed il “fuoco amico”, quel fenomeno che include le decine di GpG ferite ed uccise dai colleghi, per incidenti dovuti alla poca maturità di alcuni e, soprattutto, per la scarsa esperienza al maneggio delle armi da fuoco.
Le parole “sindacato” e “sciopero” sono spesso sconosciute ai più. Nonostante questo, molte GpG si sono unite per dar vita a movimenti che rivendichino i loro giusti diritti, lottando contro alcuni Istituti esclusivamente money-oriented e la mentalità rinunciataria, di alcuni loro colleghi, volta al mantenimento dello status quo. La passività rispetto ai problemi, rende inermi di fronte alle ingiustizie, rimane solo la speranza che un giorno qualcosa cambi. Non cambia nulla senza una decisa presa di volontà, senza che si rischi del proprio perché la propria situazione cambi.
Lo ha dimostrato la Polizia di Stato nella lotta per la smilitarizzazione e la democratizzazione, con una forte base, con dei veri leader della protesta, con la voglia di cambiare, con la fermezza di chi è nel giusto, i risultati si ottengono e le giuste rivendicazioni vengono ascoltate. Chinare la testa per qualche ora di straordinario o un posto “caldo”, non fa che peggiorare la situazione, per il benessere di un singolo si condanna al malessere tutti gli altri. Un intervento legislativo ed una maggiore attenzione di chi deve vigilare sul mondo delle GpG è auspicabile ma se il malcontento non si veicola in giuste e precise rivendicazioni di tutte le GpG, non ci si potrà aspettare un cambiamento favorevole per i lavoratori.
Homo homini lupus, diceva Hobbes, è quello che succede tra le GpG, quando ognuno guarda il suo orticello. Tuttavia come insegnano tutti i Corpi militari d’èlite dai Navy Seals ai Parà, chi fa morire il suo collega, muore a sua volta, ne deriva che, chi non si preoccupa della vita del proprio collega, in fondo, non si preoccupa neanche della propria. Esattamente quanto accade tra le GpG.
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