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Ottobre/2005 - Articoli e Inchieste
Nicola Calipari/2
Relazione [segue]
di


I fatti occorsi al “Bp” 541
Quanto segue rappresenta ciò che è stato possibile individuare per quanto riguarda lo sviluppo dell’evento, sulla base delle testimonianze dei protagonisti.
Alle 20,45 circa del 4 marzo 2005, i soldati in servizio presso il “Bp” 541 si trovavano nelle stesse posizioni che occupavano fin dalle 19,30. Era trascorsa quindi un’ora e un quarto dall’attivazione del “Bp” e i militari risentivano comprensibilmente di una crescente tensione. Essi erano riusciti a far fare inversione a un certo numero di veicoli, anche se avevano causato pure un tamponamento a catena.
Il sig. Usa-A-8, che cinque giorni prima, il 27 febbraio 2005, era stato riaddestrato all’uso della mitragliatrice M240B, si trovava nella torretta quale mitragliere del veicolo di blocco. Egli era anche responsabile dell’impiego della torcia ad alto potenziale e della mitragliatrice M240B. Il sig. Usa-A-9 si trovava al posto di guida del veicolo di blocco, rivolto a ovest (in direzione della Route Irish). Il sig. Usa-A-7 si trovava presso il veicolo di copertura e stava discutendo del “Bp” con il sig. Usa-A-3 e con il sig. Usa-A-4. A bordo del veicolo di copertura, il sig. Usa-A-5 si trovava in torretta da dove doveva tenere sotto osservazione armata l’area compresa tra la Route Irish e la rampa (un settore di visuale pari a circa 270°). Egli era responsabile del puntatore laser a luce verde da impiegare all’altezza dell’alert line (al di fuori del margine destro del già ampio settore di osservazione di cui sopra). Il sig. Usa-A-4 era seduto sui sedili posteriori del veicolo di copertura ed era intento a pulire le lenti dei suoi occhiali protettivi. Il sig. Usa-A-6, l’autista del veicolo di copertura, stava seduto al posto di guida, guardando in direzione della Route Irish verso sud-ovest. Il sig. Usa-A-3 era sceso dal veicolo e stazionava nei pressi di esso.
In quel mentre, la Toyota Corolla, con a bordo il conducente, il dott. Calipari e la signora Sgrena, stava dirigendosi verso il Biap. La vettura proveniva, diretta a sud, dalla Route Vernon e si dirigeva verso la rampa per la Route Irish in direzione ovest. Il conducente della Toyota non ricorda di avere controllato il tachimetro nei pressi della rampa, ma ricorda che procedeva a velocità costante pari a circa 70 km/h prima di entrare in una enorme pozza d’acqua in un sottopasso a circa 1,2 km dalla rampa. La signora Sgrena concorda sul fatto che prima di imbattersi nella pozza la vettura andasse a una “velocità normale”. All’uscita dalla pozza d’acqua la marcia aveva subito un sensibile rallentamento. I fari e la luce interna di cortesia del veicolo erano accesi e il finestrino lato guida era abbassato per metà. La Toyota Corolla disponeva di un impianto frenante anti-bloccaggio. La strada era bagnata e il conducente, uscendo dal sottopassaggio allagato, come già detto, aveva prudentemente rallentato l’andatura nel timore di incontrare ulteriori allagamenti. Tale affermazione è confermata da quella del funzionario del Sismi che li attendeva all’ingresso dell’aeroporto, in quel momento in contatto telefonico con il conducente. Apprestandosi ad affrontare la rampa di uscita dall’autostrada il conducente ha ulteriormente rallentato. Entrambi i rallentamenti d’andatura sono stati percepiti, e lucidamente ricordati, perfino dalla signora Sgrena, che in quel momento non era certo interessata allo stile di guida.
Tali affermazioni trovano ulteriore conferma nel fatto che se il conducente avesse impegnato la curva ad alta velocità, la signora Sgrena, seduta sul sedile posteriore sinistro, avrebbe avvertito chiaramente l’effetto della forza centrifuga; se avesse - come affermato dai militari statunitensi - frenato bruscamente, la signora Sgrena avrebbe inevitabilmente avvertito il repentino cambiamento di andatura, cosa che non è successa.
In merito alla velocità tenuta dalla Toyota le testimonianze dei militari statunitensi, che hanno sparato o che comunque hanno avuto un ruolo o una responsabilità nella sparatoria, pur simili tra loro, appaiono contraddittorie e non univoche (la velocità della vettura viene stimata, con pretesa precisione, da ognuno in maniera diversa: si va da 50mp/h a 80 mp/h) e sembrano viziate da fattori emotivi (ad es. chi ha sparato si è sentito minacciato e ha detto di aver pensato alle figlie piccole nel mentre contava freneticamente i secondi, osservava lo spazio percorso dalla vettura, svolgeva le operazioni matematiche necessarie a calcolare la velocità del veicolo che si avvicinava inesorabile, urlava a squarciagola ma nessun altro soldato ha sentito le grida per farsi sentire dal conducente della Toyota, azionava con la mano sinistra il faro pesante cercando di illuminare il conducente della vettura, sparava con la mano destra colpi d’avvertimento in mezzo al prato alla sua sinistra, buttava via la lampada cambiando contestualmente le condizioni di illuminazione della rampa, imbracciava la mitragliatrice con entrambe le mani, la girava verso la vettura ormai giunta a una distanza troppo ravvicinata per una sospetta autobomba, mirava e sparava avanti alla vettura per cercare di colpire il motore e ruote. Il tutto in una manciata di secondi).
Non può escludersi che tali testimonianze risultino influenzate, nei ricordi, dal brevissimo lasso di tempo in cui gli interessati, chi più chi meno, hanno avuto la vettura nel proprio campo visivo; neppure a tali deposizioni sembra estraneo l’intuitivo convincimento che ad una maggiore velocità accreditata al veicolo dovesse conseguire un minor rischio di vedersi attribuito qualche errore di valutazione. Infine, a parte i due mitraglieri che avevano una possibile visuale sino alla alert line, altri avrebbero rivolto la loro attenzione alla macchina solo dopo aver visto accendere la lampada o aver sentito gli spari. Ancorché il personale in servizio presso il “Bp” 541 non stesse utilizzando alcun cartello o altro tipo di segnale, le linee di allerta e di avvertimento erano state stabilite. Esse erano approssimativamente note ai soldati, ma non erano assolutamente riconoscibili da parte dei conducenti delle autovetture che entravano nella rampa. Non era però stata fissata la stop line prevista dalla Sop sul Tcp. L’unica possibilità che avevano i conducenti delle vetture in arrivo di capire che forse c’era un blocco stradale era basata sulla capacità dei soldati statunitensi di attirare la loro attenzione indirizzando sugli abitacoli dei veicoli i segnali luminosi, operando al momento giusto e nel punto giusto.
Ciò ovviamente, avrebbe richiesto, oltre a notevoli capacità di coordinamento nei movimenti da parte dei soldati americani, anche un elevatissimo e costante livello di attenzione. In particolare, un’attenzione continua - per un periodo prolungato - da parte dei due mitraglieri, che dovevano mantenere sotto costante vigilanza l’inizio della rampa. Ma i mitraglieri dovevano sorvegliare con attenzione anche altri settori: in particolare, il sig. Usa-A-5 doveva tenere sotto osservazione armata un ulteriore settore di altri 2700. Peraltro, il veicolo del sig. Usa-A-5 era in posizione di blocco nei confronti di veicoli eventualmente diretti in contromano dalla Route Irish alla rampa e il sig. Usa-A-5 era il mitragliere di quel veicolo.
La torcia ad alto potenziale adoperata dal sig. Usa-A-8 era di tipo ad azionamento manuale mediante interruttore a grilletto da tre milioni di candele, alimentata attraverso un cavo di collegamento all’impianto elettrico del veicolo di blocco. I soldati del “Bp” 541 non sapevano che gli italiani si stessero avvicinando.
Mentre la Toyota Corolla si avvicinava alla rampa, il conducente era in collegamento telefonico costante (via cellulare) con il suo collega all’ingresso dell’aeroporto tenendolo permanentemente aggiornato sulla situazione, secondo consolidata procedura di sicurezza; per ovvi motivi il suo livello di attenzione era alto. Il dott. Calipari stava parlando anch’egli a un telefono cellulare. Né il conducente né il dott. Calipari erano a conoscenza del fatto che la rampa per la Route Irish fosse bloccata da un “Bp”.
Il conducente era comunque al corrente del fatto che la rampa era semi-ostruita dalle barriere Jersey (disposte perpendicolarmente rispetto al bordo stadale e di larghezza tale da occupare circa metà della carreggiata disponibile), da prevedibili ampie pozzanghere di acque e temeva che ci potessero essere trappole esplosive collocate in corrispondenza del bordo stradale. Peraltro, il conducente era al corrente del fatto che gli americani, talvolta, ricorrevano a questi tipi di blocchi stradali senza segnali né cartelli indicatori, definiti “illegal checkpoints” nel gergo della comunità occidentale a Baghdad, conosceva le loro modalità operative e sapeva che poteva imbattersi in uno di essi. Il dott. Calipari e il conducente, inoltre, erano stati avvertiti dal vice Comandante del Corpo d’Armata multinazionale della pericolosità rappresentata dal personale di pattuglia del contingente americano e del nervosismo recentemente dimostrato da quest’ultimo ai checkpoints.
Il sig. Usa-A-8 utilizzava la torcia manuale ad alto potenziale. A un certo punto della rampa, il conducente vide una luce alla sua destra, più in alto di quella che normalmente è all’altezza media dei veicoli, ma non ne fu accecato. I due mitraglieri erano gli unici soldati posizionati in modo da poter vedere il veicolo in arrivo al momento della sparatoria. Il mitragliere del veicolo di blocco sparò almento due raffiche ravvicinate con la sua M240B, una breve, una lunga. I primi proiettili che il conducente della Toyota vide provenivano da destra. Il veicolo aveva superato la linea di avvertimento, quando fu colpito da proiettili calibro 7,62 mm. I proiettili colpirono il lato destro e la parte anteriore della vettura. Il sig. Usa-A-8 sparò più di 11 colpi. Gli undici proiettili calibro 7,62 mm, che hanno colpito la vettura, provenivano, secondo i periti legali, dalla medesima M240B (numero di serie U87744), ossia quella impiegata dal sig. Usa-A-8. Mentre vedeva i traccianti venirgli addosso, e sentendo i proiettili che colpivano il mezzo, il conducente frenò repentinamente il veicolo, lasciò cadere il cellulare, e si raggomitolò sul lato sinistro del sedile di guida in quanto continuavano ad arrivare colpi. I traccianti apparivano di colore rosso. Lo pneumatico anteriore sinistro del veicolo fu colpito da un proiettile, ma il conducente non si accorse di tale ultima circostanza. Il veicolo si fermò in pochi metri di frenata in modo tale che la prima barriera Jersey era allineata con il veicolo tra gli sportelli anteriori e quelli posteriori.
Tutte le dichiarazioni rese dai soldati indicano che il veicolo di blocco e quello di copertura si trovavano sulla rampa quando furono esplosi i colpi. Le dichiarazioni rese dal conducente non contraddicono questo punto, ancorché siano compatibili anche con altre possibili versioni. Non c’erano altri veicoli sulla rampa al momento dell’evento, né altre persone, e il luogo dell’evento non poteva essere visto da nessun altro “Bp”.
Sul nastro dell’M240B del veicolo di blocco, il rapporto tra cartucce ordinarie e traccianti delle munizioni rimanenti è di 1:1. Ma la cassetta delle munizioni non risulta essere stata immediatamente sigillata/sequestrata come corpo del reato e pertanto non è consentito ritenere con sicurezza che il nastro fosse lo stesso usato nell’occorso o con lo stesso rapporto tra pallottole ordinarie e traccianti.

Fatti successivi all’evento
Subito dopo la cessazione degli spari, il conducente uscì dalla vettura con le mani in alto, il cellulare in una mano, e gridò ai soldati di essere dell’ambasciata italiana.
Il sig. Usa-A-3, il sig. Usa-A-7, il sig. Usa-A-4 ed il sig. Usa-A-9 si avvicinarono alla vettura con le armi spianate e si occuparono del conducente ferito. Il sig. Usa-A-7, nella vita civile un agente del Dipartimento di Polizia della città di New York, lo perquisì somariamente, (anche se non si accorse che il conducente aveva indosso un caricatore della pistola) per verificare che non fosse armato e gli chiese se c’erano altre persona all’interno della vettura. Il conducente rispose che ce ne erano altre due e che c’era un’arma sul sedile anteriore e una indosso al passeggero di sesso maschile. Egli avvisò il sig. Usa-A-7 che entrambe le armi avevano il colpo in canna. Il sig. Usa-A-7 allora fece spostare il conducente a circa 10 metri di distanza dalla vettura e sul lato della strada per interrogarlo ed esaminarlo. Dopo avere inzialmente preso in custodia i cellurali, i documenti e i tesserini del conducente e del dott. Calipari, il sig. Usa-A-7 restituì il tutto al conducente. A un certo punto, il sig. Usa-A-7 diede ordine che la leva del cambio della vettura fosse posizionata in posizione di park, dal momento che la vettura continuava a muoversi. Il sig. Usa-A-4 e il sig. Usa-A-3 perquisirono il mezzo. Il sig. Usa-A-3 ordinò al sig. Usa-A-5 di informare il Capitano comandante della Compagnia e di fare avvicinare il sig. Usa-A-6 con la borsa dei medicinali. Il sig. Usa-A-6 giunse alla macchina e trovò il dott. Calipari mortalmente ferito. Il sig. Usa-A-6 applicò un bendaggio alla ferita del dott. Calipari ma quest’ultimo spirò pochi minuti più tardi.
Il sig. Usa-A-9 tentò anch’egli di fornire assistenza al dott. Calipari. Egli tornò al veicolo in posizione di blocco e diede il cambio al sig. Usa-A-8 in torretta per consentirgli di riprendersi. Il sig. Usa-A-7 disse al sig. Usa-A-8 di mettersi seduto al posto di guida perché non voleva che vedesse ciò che aveva fatto. A quel punto sig. Usa-A-6 si occupò delle ferite della signora Sgrena. Egli cercò di somministrarle una flebo per via endovenosa ma, a suo dire, gli aghi di cui disponeva erano troppo grandi. Nel frattempo, il sig. Usa-A-4 applicava un bendaggio alla spalla ferita della signora Sgrena.
Quindi giunse sul posto il Capitano comandante della compagnia, accompagnato dal sig. Usa-A-11, che era un sanitario qualificato. Il sig. Usa-A-11 controllò la signora Sgrena prendendosi cura del suo stato di shock. Quindi confermò che il dott. Calipari era deceduto. Il Capitano comandante della Compagnia valutò la situazione, trasmise le informazioni necessarie al proprio comando e ordinò che i feriti venissero trasportati all’ospedale da campo (Csh), all’interno della zona internazionale, affinché fossero curati. Egli richiese anche un’ambulanza per la salma del dott. Calipari. La signora Sgrena fu fatta salire sul veicolo dal quale aveva sparato il sig. Usa-A-8 e si avviò verso il Csh insieme al veicolo di copertura. Il conducente fu trasportato più tardi da un altro veicolo tratto da un elemento della pattuglia del Capitano comandante della compagnia. Tutto l’equipaggiamento che si trovava nella Toyota Corolla prima della sparatoria fu in seguito fatto pervenire al conducente.
Prima di essere trasportato al Csh, il conducente fece almeno sette telefonate con il proprio cellulare. Egli cercò di chiedere informazioni sullo stato di salute dei suoi compagni ma non riuscì a ottenere risposta. Il sig. Usa-A-10 giunse insieme al Capitano comandante della Compagnia e si rese conto che il conducente, come lui, parlava spagnolo. Egli fu così in grado di informare il conducente circa lo stato di salute dei suoi compagni.
Il vice Comandante del Corpo d’Armata multinazionale e il suo assistente militare americano - il quale una volta venuto a conoscenza del fatto aveva escluso, in un primo momento, che lungo la Route Inish fossero presenti checkpoint statunitensi - e il funzionario del Sismi presenti al checkpoint n. 539 (ingresso dell’aeroporto internazionale di Baghdad) avevano in un primo momento chiesto e ottenuto l’autorizzazione a recarsi sul posto dell’evento (distante circa un chilometro), mentre successivamente il Comandante della Compagnia, arrivato sul luogo dell’evento, negava tale autorizzazione adducendo motivi di sicurezza. Tuttavia altri ufficiali statunitensi del Mnc e Mnf sono stati autorizzati a recarsi sul posto. Il conducente cercò di spiegare al sig. Usa-A-10 chi fosse la signora Sgrena e che stava cercando di raggiungere l’aeroporto (Biap). Il conducente ebbe un leggero capogiro, quindi il sig. Usa-A-10 gli portò dell’acqua. Il conducente continuava a fare telefonate. Il conducente contattò il funzionario del Sismi all’aeroporto che fece venire al telefono l’assistente militare americano del vice Comandante del Corpo d’Armata multinazionale. Il conducente allora fece parlare il Capitano comandante della compagnia con il predetto assistente militare. Il conducente continuò a insistere che voleva andare in aeroporto. Dopo una delle telefonate, però, egli disse che aveva bisogno di andare presso l’ospedale dove era stata condotta la signora Sgrena.
La testimonianza del sig. Usa-A-10 si pone in netta dissonanza con tutte le altre quando riferisce di aver sentito il conducente dire che: prima di essere inquadrato dalla luce e colpito dai proiettili era nel panico; che per questo aveva accelerato; aveva fretta di recarsi all’aeroporto.
Al riguardo - premesso e considerato che il sig. Usa-A-10 è un mero testimone de relato e che per sua stessa ammissione parla la lingua spagnola con la quale il conducente gli aveva rivolto la parola meno bene di quest’ultimo - è facile pensare che il sergente di prima classe abbia quanto meno capito male o frainteso. D’altra parte nessun testimone oculare ha visto il conducente accelerare, al contrario lo hanno visto rallentare (vedasi testimonianza Sgrena); non c’era nessun motivo per avere fretta di arrivare all’aeroporto, anzi ve ne erano diversi per rallentare l’andatura. Nessun altro testimone Usa, descrivendo il conducente, lo ha definito “nel panico”, semmai scosso per il fuoco amico, e addirittura il funzionario del Sismi all’aeroporto che parla con il conducente al telefono né la signora Sgrena si sono accorti di tracce di panico nel comportamento del conducente.
Infine c’è da notare che il comportamento post incidente tenuto dal conducente appare molto professionale e presente a sé stesso: si occupa di identificarsi come “amico”, fornisce subito indicazioni ai militari Usa in merito alle armi presenti a bordo della vettura e alle modalità per metterle in sicurezza, si occupa dello stato di salute dei suoi compagni, mantiene un costante collegamento con i propri superiori e con le Autorità di governo, cui fornisce aggiornamenti di situazione. Sull’evento fu fatto rapporto tramite i canali di comando, e il Generale comandante della Divisione C ordinò subito che fosse svolta un’inchiesta del comandante/indagine preliminare. Tuttavia, prima che l’incaricato delle indagini arrivasse sul posto, gli Hmmwv coinvolti nell’evento erano già partiti alla volta del Csh e la macchina era stata spostata asseritamente nel tentativo di ripristinare la viabilità nel luogo dell’evento e di poter così riaprire la rampa al traffico locale. Il Comandante della Brigata A arrivò circa due ore dopo l’evento e, al fine di dare il massimo sostegno possibile all’inchiesta del Comandante, ordinò che la vettura fosse rimessa nella posizione in cui si trovava nel momento in cui si era fermata.

Evidenze rilevate dai periti
Rapporto del 5 marzo 2005 - Nelle ore successive alla morte del dott. Calipari, sotto la guida di personale del Cid, alcuni addetti alle Combat camera scattarono delle fotografie della scena dell’evento.
La posizione esatta dei tre veicoli coinvolti nell’evento non ha potuto essere determinata perché i due Hmmwv erano stati spostati in occasione del trasporto della signora Sgrena all’ospedale di supporto per le Unità di combattimento (Csh), e la Toyota Corolla era stata spostata durante le operazioni di ripristino del sito.
Rapporto dell’11 marzo 2005 - In base alle misurazioni effettuate mediante Gps, l’indagine legale svolta la mattina dell’11 marzo 2005 presso la scena dell’evento ha fornito le seguenti distanze tra i punti rilevanti: i dati relativi alla struttura del “Bp” 541 perizie sono coperti da classifica.
Rapporto del 14 marzo 2005 - Dopo la rimozione della vettura dal luogo dell’evento, sulla stessa è stata svolta una perizia legale. I periti americani, giunti dagli Stati Uniti, hanno individuato 11 fori di ingresso di proiettili. Essi sono compatibili con proiettili calibro 7,62 mm. Tre proiettili hanno perforato la porzione frontale della macchina in corrispondenza del paraurti, del faro anteriore destro e del parafango destro. Due proiettili hanno perforato il parabrezza. Sei proiettili hanno perforato il lato destro, la porta destra e i finestrini anteriore destro e posteriore. Non sono stati rilevati fori di ingresso di proiettili o danni da proiettili di rimbalzo sotto il pianale dell’autovettura.
Tale rapporto è giunto alla conclusione che l’ipotesi - emersa dalle testimonianze dei soldati - che tutti e 11 i proiettili provengano da un unico punto d’origine è plausibile. I periti non hanno potuto determinare in modo incontrovertibile la distanza effettiva tra la macchina e la mitragliatrice per via di diverse variabili: l’angolo formato dalla curva e il grado di curvatura della carreggiata; le depressioni o le elevazioni del terreno; lo spostamento laterale della vettura; i tempi di reazione umani, la modulazione della velocità e della frenata da parte del guidatore; una gomma bucata e il movimento laterale e verticale della mitragliatrice. Le condizioni di sicurezza del sito dell’evento hanno impedito agli ispettori di recarsi sul posto per approfondire a sufficienza tutte le predette variabili. […]


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