Il vertice mondiale dei Capi di Stato e di governo che ha celebrato, nel settembre scorso, il sessantesimo compleanno dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, si è concluso senza avviare le nuove riforme annunciate, e tanto discusse durante i mesi che lo hanno preceduto. Riforme che il segretario generale Kofi Annan aveva annunciato, pur sapendo che avrebbero incontrato la resistenza, per non dire l’ostilità, di alcuni fra i più potenti membri del club mondiale. Fra le più attese, vi era l’allargamento dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza, che tante speranze aveva suscitato anche nel governo italiano (fiducioso nella riconoscenza dell’“amico George” per l’appoggio fornito in Iraq), ma non meno importanti dovevano essere una calibratura più precisa dei poteri dell’Onu, e un consistente aumento degli aiuti forniti per suscitare lo sviluppo delle aree più svantaggiate del globo. Si tratta di progetti che tali rimangono. “Ci sono volute settimane di negoziati – ha commentato il Wall Street Journal, quotidiano finanziario che esprime lucidamente, e con apprezzabile franchezza, il pensiero della destra Usa – perché il nuovo ambasciatore americano all’Onu, John Bolton, riuscisse a scongiurare cose del genere”. In effetti, la scelta del “falco” Bolton da parte dell’Amministrazione Bush era stata giudicata dai commentatori politici americani come una decisa presa di posizione nei confronti dell’organismo internazionale, troppo restio ad avallare le strategie “interventiste” della Casa Bianca.
E il Wall Street Journal, prendendo spunto dal rapporto di Paul Volcker sullo scandalo “Oil for Food” (tangenti pagate, prima della guerra, da Saddam Hussein per alleggerire l’embargo), ha avanzato quello che definisce “una modesta proposta”: “L’Amministrazione Bush deve insistere perché la burocrazia dell’Onu sia sottoposta ad amministrazione fiduciaria per cinque anni, per attuare le riforme suggerite nel rapporto Volcker. Gli amministratori fiduciari dovrebbero essere un gruppo di personalità oneste e stimate da tutti. Certo Washington non può imporre queste condizioni alle Nazioni Unite, ma il Congresso può sospendere i finanziamenti americani all’Onu finché non sarà insediata l’amministrazione fiduciaria, e noi speriamo che lo faccia”. Insomma, riforme sì, ma di segno nettamente opposto alle “geniali trovate” di Kofi Annan: parlando di compleanni, è come sostituire le candeline con un grosso petardo.
Del resto, stando al suddetto giornale, l’Onu i guai se li è cercati, ha voluto intervenire in affari che non lo riguardavano: “Noi non abbiamo mai accettato la tesi – sempre più diffusa negli ambienti liberal – che gli Stati Uniti non debbano mai prendere iniziative di politica estera senza la benedizione Onu. Né siamo mai stati d’accordo che la parte del leone, nel tutelare la sicurezza internazionale e nello stimolare lo sviluppo economico spettasse alle agenzie delle Nazioni Unite. Tuttavia, finché l’Onu continuerà a esistere, ci piacerebbe pensare che possa essere, per quanto possibile, uno strumento utile della politica estera statunitense, a condizione che sia credibile ed efficace”
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“Questa è la voce dell’America, una delle Nazioni Unite”, diceva l’annuncio delle trasmissioni radio dirette ai paesi dell’Europa occupata dai nazisti. Naturalmente l’Onu non esisteva ancora, ma il termine era nato nella mente del presidente Franklin Delano Roosevelt, il quale prevedeva per il dopoguerra un’organizzazione più solida e aperta della tristemente, e ingloriosamente, defunta Società delle Nazioni.
In quella frase, “una delle Nazioni Unite” si sottolineava un concetto di eguaglianza, di parità tra paesi grandi e piccoli, che doveva restare più nelle intenzioni del suo ideatore che nei fatti. Roosevelt morì alla vigilia della fine del conflitto, e fu un gran danno per tutti (Hitler, chiuso nel bunker di Berlino, sperò addirittura che questa morte potesse risollevare in extremis le sue sorti), e l’Onu nacque il 24 ottobre 1945 (la celebrazione del Sessantesimo riguarda la firma della Carta), con sede provvisoria a San Francisco: un’assemblea con i rappresentanti di 51 paesi, e un Consiglio di Sicurezza, responsabile in primo luogo del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Il Consiglio di Sicurezza era (ed è tuttora) formato da 15 membri, 10 eletti dall’assemblea per un periodo di due anni, e 5 permanenti, con diritto di veto. I cinque erano i protagonisti della vittoria della Seconda Guerra mondiale: Stati Uniti, Unione Sovietica, Gran Bretagna, Cina, e Francia, quest’ultima ammessa tra i “grandi” grazie alla scelta coraggiosa di Charles de Gaulle nel giugno 1940, e al contributo dato dalla Resistenza. I problemi arrivarono presto, e si acuirono con l’inizio della “guerra fredda” fra i due blocchi. Un primo elemento di contrasto fu il seggio attribuito alla Cina nel Consiglio di Sicurezza, che era andato al governo di Chang Kai-scek, e quando il governo nazionalista, nel 1948, si rifugiò a Taiwan, gli era rimasto, dato che gli Stati Uniti e i loro alleati non riconoscevano la legittimità della Cina Popolare: solo nel 1972 il governo di Pechino ottenne di subentrare ai nazionalisti.
Per alcuni decenni il Palazzo di vetro (appositamente edificato per essere la sede dell’Organizzazione) fu periodicamente teatro degli incontri e degli scontri fra i rappresentanti di Washington e quelli Mosca, dei contenziosi periodicamente rinviati dall’uso del veto da parte dell’uno o dell’altro: con la Gran Bretagna quasi sistematicamente schierata dalla parte degli Stati Uniti, la Francia spesso atteggiata a battitore libero, e la Cina, prima vicina all’Urss, e dal 1962 in dissidio sempre più accentuato con i “revisionisti” di Mosca. Nel complesso, sino alla fine della “guerra fredda”, vale a dire sino all’implosione dell’Unione Sovietica, l’Onu ha funzionato da termostato della temperatura politica mondiale. Aumentando sempre di più il numero dei paesi membri (attualmente sono 189), fatto che ha portato a dare una presenza e un peso a nazioni del Terzo Mondo (comprese quelle nate dalla decolonizzazione) fino a quel momento escluse dalla scena internazionale.
Oggi, come si è visto, assistiamo a una battuta d’arresto, anche se le situazioni da affrontare si sono accresciute, e le previsioni non inducono certo all’ottimismo. Il segretario Kofi Annan, 68 anni, originario del Ghana, dotato di prestigiosi titoli accademici guadagnati in patria, in Europa e negli Stati Uniti, funzionario dell’Onu dal 1962, è stato eletto, per la seconda volta, alla sua alta carica il 1° gennaio 2002 e il suo mandato scade il 31 dicembre 2006. Annan, che è probabilmente il segretario generale che ha avuto una più profonda conoscenza dei meccanismi (positivi e negativi) del Palazzo di vetro, non ha nascosto l’intenzione, e l’ambizione, di lasciare ai suoi successori una Organizzazione delle Nazioni Unite più forte, meglio attrezzata per assumere compiti di stabilizzazione in campo mondiale di ordine politico ed economico. E’ stato fermato, per usare le sue stesse parola, da “governi che non sono disposti a fare concessioni”. Atteggiamento che, va detto, non è una novità.
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