Alcuni mesi fa si parlò di un progetto di legge su “affido congiunto”, da portare in discussione alla Camera dei Deputati. Questa legge divise trasversalmente politici, giuristi e psicologi. Il progetto si basava su cinque punti:
- BIGENITORIALITA’: i figli hanno il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con i propri genitori;
- CONDIVISIONE: i figli sono affidati ad entrambi i genitori che condividono la ptria potestà. Se non si giunge ad un sereno accordo il giudice, dopo aver valutato l’idoneità della coppia stabilisce personalizzando le modalità di frequentazione;
- PROGETTO EDUCATIVO: con la richiesta di separazione i genitori devono presentare un progetto per stabilire il metodo di allevamento dei figli;
- MEDIAZIONE: in caso di disaccordo i genitori sono obbligati a rivolgersi ad un centro di mediazione;
- MANTENIMENTO: si elimina l’assegno e ciascun genitore provvede al mantenimento dei figli in maniera diretta e per note di spesa. Se un genitore guadagna di più, il giudice dispone un assegno aggiuntivo periodico.
L’8 luglio scorso è stata approvata a Montecitorio la nuova norma sull’affidamento condiviso, cioè la possibilità da parte dei figli di genitori divorziati di avere rapporti sia con la madre che con il padre. Ora questa legge passerà al Senato per l’approvazione definitiva. Attualmente l’affidamento dei figli era quasi esclusivamente (nell’86% dei casi) riservato alla madre. Si cerca ora di cancellare tale norma.
Il testo è stato approvato da una maggioranza bipartisan con l’introduzione di sei aggiornamenti.
La prima novità prevede che dopo il divorzio i figli proseguano a frequentare, oltre che i genitori, anche nonni e parenti. Si prevede l’obbligo di entrambi i genitori al mantenimeto dei figli. Chi non versa il contributo per oltre tre mesi rischia una condanna penale di circa tre mesi. Se l’affidamento lede l’interesse del minore, il giudice può escludere un genitore. Sempre il giudice interverrà nella soluzione di possibili conflitti tra i genitori sull’esercizio della potestà.
In seguito ad un secondo matrimonio verrà meno il diritto al godimento della casa familiare assegnata a uno dei coniugi. Per i figli maggiorenni non indipendenti economicamente sono previsti assegni.
Il testo contenente tali regole è stato accettato poiché ha come punto centrale “l’interesse del minore” anche se si spera la modifica di qualche norma, come quella che fa perdere il diritto alla casa coniugale al genitore.
Quello che si instaurava tra i divorziandi era una continua tensione che con l’affido congiunto si potrà affievolire.
In pratica si tratta di accordarsi, senza chiedere “autorizzazioni” come fanno le coppie che vivono insieme. Ora si potrà aprire un dialogo e accettare che non ci siano verità assolute. Se i genitori, anche divorziati, parlano in modo civile anche i bambini sentono che sono uniti nell’occuparsi di loro.
Seguendo le regole applicate fino ad ora, l’affido congiunto risultava precario perché, in teoria, bastava un capriccio di uno dei genitori per ritornare dal giudice. Con l’affido condiviso si salvaguarda la regolarità, la continuità e la libertà dei rapporti dei figli con entrambi i genitori. Soltanto per motivi validi o per decisioni che non siano nell’interesse dei minori si potrà tornare dal giudice.
Ma qualche voce fa notare che l’affido congiunto salva l’alleanza genitoriale, ma se non c’è alleanza ne viene imposta una voluta dai giudici. Chiamiamola quindi, non alleanza, che significa un affidamento suddiviso e non condiviso.
L’alleanza dei divorziati, consapevoli di avere la capacità di gestire insieme qualsiasi decisione per il bene dei propri figli, non avrebbe dovuto avere la necessità della legge. La vita dei figli dopo la separazione dipende solo ed esclusivamente dalla qualità dei genitori che dovranno gestire la loro vita.
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