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settembre/2005 - Contributi
Il silenzio dei poliziotti
di Antonio Ciaramella - Direttivo nazionale Siulp

I poliziotti sono frequentemente vittime della delinquenza spicciola, ma negli ultimi tempi, anche della carenza di risorse economiche per garantire la tenuta in aria ed in terra dei veicoli di Polizia. Ciononostante i poliziotti tacciono, consapevoli di un destino cinico, baro ed ingrato che è quello di svolgere un mestiere che regala poche gratificazioni. Il grave è che tacciono pure i mass media, l’opinione pubblica, i politici ed i sindacati.
Pazienza se i dirigenti consigliano agli autisti delle volanti di limitare il percorso dinamico di pattugliamento per centellinare il carburante così da non gravare sulla dimagrita spesa pubblica ma che si taccia sui tragici eventi dei mezzi aerei precipitati mi sembra scandaloso.
Tacciono sul tragico incidente che ha coinvolto i colleghi elicotteristi di Abbasanta; però, dopo il cordoglio alla famiglia Gessa e, per una volta, la pronta guarigione agli altri componenti l’equipaggio del Poli, tutto passa nel dimenticatoio; un altro incidente avvenuto a Milano, e di nuovo il pietoso atto di testimonianza e di vicinanza ai familiari del collega Santoro. Infine Pescara ed i miserevoli resti che vagacano per giorni, abbandonati in un mare continuamente monitorato per il controllo degli sbarchi di clandestini. La priorità era ed è il respingimento dei derelitti stranieri, la pietas per i morti non fa notizia.
Eppure, il Siulp si ostina ad interpretare e fare proprie le reali aspettative degli operatori di Polizia, i quali richiedono, oltre a pretendere dignità economica e sicurezza sul lavoro, una maggiore attenzione alle questioni sicurezza e della categoria, la contrattualizzazione della disciplina ormai desueta ed anacronistica e, non per ultimo, la tutela dei valori enunciati nella legge 121/81, ispirata dal movimento riformatore per creare un modello civile di Polizia.
E’ da sottolineare che mai come in questo momento si è registrata nell’istituzione Polizia una deriva autoritaria, dall’amministrazione della disciplina al trattamento della salute del lavoratore poliziotto, dai tagli alla spesa di esercizio arbitrati e dannosi per la sicurezza alla cancellazione progressiva delle conquiste sindacali, dall’organizzazione dei servizi alla dirigenza degli uffici.
L’Amministrazione centrale, che come altre istituzioni burogratiche, hanno ostinatamente annullato lo spirito della riforma Bassanini e quella della 241/90 di riforma dell’apparato amministrativo secondo criteri di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, svolge un ruolo di mera salvaguardia dell’estabilishment, agnostico, impermeabile ad ogni innovazione e modernizzazione, gestendo la cosa pubblica con poca oculatezza sia delle risorse umane che di quelle economiche.
I direttori generali delle Amministrazioni pubbliche dovrebbero gestire le risorse umane ed economiche secondo lo spirito di una amministrazione efficiente ed efficace e soprattutto trasparente, nel caso del Dipartimento della Ps, invece, si registra che la maggiore preoccupazione è affiggere o meno il ritratto del Direttore generale negli uffici dei dirigenti oppure assecondando le richieste di priorità politica dell’ignaro Ministro dell’Interno, aggirandole, però, mettendo in imbarazzo il governo e soprattutto i cittadini.
La prova? Non mette mai mano alla messa in discussione dell’organizzazione e degli organizzatori, da anni, non esiste un progetto organico per l’utilizzo delle risorse ma un continuo pagnisteo di carenza di organico e mezzi. Eppure la Polizia di Stato conta oltre 110mila appartenenti, inoltre per la sicurezza, l’Italia è il paese europeo che spende la maggior percentuale parte del Pil nazionale.
Così si realizza il poliziotto di quartiere senza mezzi e uomini, si inviano direttive per un nuovo ufficio logistico-tecnico in ogni questura ma poi si abbandona l’idea perché impraticabile, si rafforza la burocrazia come gli uffici interregionali ma non il controllo del territorio.
Inoltre, si tagliano gli anticipi per l’ordine pubblico esterno (scorte espulsione stranieri), si riducono del 50% le risorse dei mezzi logistici, ritardo nel pagamento degli emolumenti previsti per avanzamento di carriera, missioni, straordinari e così via.
Si ha l’impressione di una vera e propria dismissione di Polizia.
Quali sono i rimedi? Rilanciare la riforma 121/81 applicandola in tutte le sue parti con una rinnovata volontà politica.
Un primo passo è stato delineato dal Siulp attraverso la proposta di ricreare la Commissione parlamentare per gli Affari interni, quindi rimettere la materia sicurezza a tale organismo e non a quello degli Affari costituzionali, organismo certamente più prestigioso ma non sempre concentrato alle problematiche della sicurezza.
La prima priorità politica per una sicurezza efficiente ed efficace è il coordinamento delle Polizia, prima grande intuizione della legge di riforma 121, sempre osteggiata “per assicurare (ipocritamente) la tenuta democratica degli apparati forti”.
E’ da tempo che si discute del mancato coordinamento e nessuna forza politica, forse per stanchezza, ha il coraggio di parlare di unificazione per eliminare un anacronismo che produce sprechi di risorse e ci allontana dall’Europa. Anzi, si moltiplicano le Forze di polizia e si suggerisce la Polizia regionale, quella provinciale, addirittura amministrativa. In conclusione, si arriva ad importare il modello italiano dell’Europol proponendo la gendarmeria europea.
La creazione della Quarta Forza armata, vero e proprio colpo di mano con un semplice emendamento sulla Finanziaria, è la capitolazione del politico ai boairdi ministeriali, ovvero il ruolo pregettizio che persevera soltanto il mantenimento del proprio privilegio, di odore napoeonico, ancorati a quelle prerogative dello “Stato di diritto” quale valiido strumento per mantenere un “ancien regime”, che si autoalimenta ed è sempre più referenziale e lontano dai bisogni dei cittadini.
Una delle parole d’ordine del movimento riformatori della Polizia democratica era, e rimane, fuori i Prefetti dalla Polizia.
La sicurezza deve essere gestita da polziotti e non da burocrati.
Il Comitato provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica è un istituto privo di decisione nel quale il Prefetto preferisce non prendere decisioni ma registrare l’inefficienza ed il mancato coordinamento. Solo recentemente vengono ammessi i rappresentanti dei cittadini, quelli che maggiormente risentono dell’insicurezza nelle città, i sindaci, ma senza alcun vincolo decisionale.
Occorre, pertanto, elimirare il dualismo Prefetto e questore e creare un’unica autorità provinciale di Ps con pieni poteri decisionali ed anche disciplinari per eventuali inadempimenti, solo così la Commissione potrà più attentamente concentrarsi su altri aspetti della gestione della sicurezza.
Ritorna in voga il militarismo, il fascino della divisa, la necessità di mostrare la divisa con tutti i suoi nastrini e benemerenze, ovvero prende il sopravvento l’apparenza sull’efficienza; il poliziotto di quartiere a protezione dei commercianti ed a scapito del controllo del territorioper occultare l’inefficienza degli apparati centrali sulla gestione sicurezza. Occorre invece una concreta integrazione delle informazioni raccolte dal poliziotto di quartiere all’Ufficio del controllo del territorio (le ex Volanti) e queste a loro volta alle Squadre Mobili.
Insomma, un controllo del territorio diversificato ed integrato nel territorio, anche con il poliziotto di quartiere, ma capillare nel territorio quale ricettore dell’informazione criminale ed eversiva.
La progressione di carriera è frustata dal clientelismo e dalle cordate che nulla hanno a che vedere con la meritocrazia e non si creano incentivi ancorati al risultato piuttosto che all’anzianità o al titolo di studio. Occorre riformulare una selezione severa ed ancorata alla formazione permanente, diversificati per ruoli di responsabilità e compiti.
Occorre abiurare il procetto prefettizio di concentrare le scuole per mero risparmio economico ma allo scopo di creare il “pensiero unico” di Polizia.
Occorre salvaguardare l’aspetto civile delle investigazioni, quale tutela dei valori democratici dei cittadini, diversificando i ruoli e le specializzazioni, sempre più mortificate da continue ed estenuanti riformine senza futuro certo.
Occorre diversificare i ruoli ed i compiti, distinguendo l’attività burocratica da affidare completamente ad impiegati civili, da quella di supporto all’attività operativa ed infine premiare chi fa il poliziotto e non l’essere.
Valorizzare la Polizia Scientifica, ma senza duplicazioni o fiction televisive, ma attraverso la professionalità e percorsi di formazione permanente. Potenziare specializzazioni come la Polizia delle telecomunicazioni o altre Specialità al passo dei tempi.
Rimettere al centro delle indagini preliminari l’iniziativa della Polizia giudiziaria, controllata dal gip ma consegnata al pm soltanto nella fase del rinvio a giudizio.
Al poliziotto deve essere rimessa la “signorìa delle indagini” mentre al pubblico ministero la “signorìa dell’accusa in giudizio”.
Controllo democratico dei servizi di sicurezza con maggiore trasparenza e percorsi obbligatori nella permanenza nelle Polizie operative e non a chiamata diretta e sotto il controllo della Presidenza del Consiglio.
Non ultimo, la differenziazione del Comparto contrattuale in materia di sicurezza distinto da quello della difesa, sia per valorizzare l’aspetto civile della Polizia che per omogeneizzare e individuare gli istituti contrattuali e stipendiali più consoni ad una Polizia civile e democratica.
In una parola, restituire la Polizia ai poliziotti.

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