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settembre/2005 - L'angolo del 'giallo'
Due delitti per due poliziotti
di Simona Mammano

Stelvio Mestrovich e Michele Giuttari ambientano gli
ultimi due libri a Firenze e Venezia: alle soluzioni si perverrà grazie alla costante sagacia degli investigatori

E’ ambientata nell’atmosfera cupa, silenziosa e oscura delle navate di alcune chiese di Venezia la prima parte di Venezia rosso sangue di Stelvio Mestrovich (Dario Flaccovio 2004, pp. 200, E 13). L’ispettore capo Giangiorgio Tartini indaga sulle strane morti di alcuni preti. Essi vengono uccisi all’interno del confessionale, durante il rito della confessione. L’assassino lascia sempre vicino al cadavere l’arma utilizzata per uccidere: un pesante crocifisso. Sarà da un negozio veneziano di arte sacra che partiranno le indagini del nostro investigatore.
Nel secondo episodio Tartini è sempre alle prese con un omicida seriale. In questo caso saranno delle prostitute ad essere uccise. Venezia è rappresentata dal punto di vista di chi ci vive, con i suoi meravigliosi scorci, ma anche con i difetti propri della città lagunare: troppi turisti, gli effluvi del canale, l’acqua alta. L’ispettore Giangiorgio Tartini è un poliziotto molto particolare. Con la passione per la musica, suona il violoncello ed è discendente del famoso musicista istriano, Giuseppe Tartini. E’ un uomo solitario e ombroso, mette in discussione la sua carriera in Polizia chiedendosi se sarebbe potuto diventare un buon musicista. Poi, quando si trova a dover dipanare il mistero di un’indagine, capisce che la sua è stata una scelta giusta.
Giangiorgio Tartini condivide la propria casa con il gatto randagio Annibale, di cui si prende cura la vecchia vicina, un po’ impicciona, quando l’ispettore non rientra a causa del suo lavoro.
Mestrovich ha la capacità di caratterizzare anche i personaggi secondari. Le donne risultano invece sfumate, l’impressione è che ciò sia voluto dall’autore per dare maggiore forza alla personalità di Tartini.
Venezia rosso sangue è un libro che, oltre a una trama gialla, contiene riferimenti alla musica e all’arte, passioni coltivate anche da Stelvio Mestrovich.


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Torna Michele Ferrara, capo della Squadra Mobile di Firenze (Michele Giuttari, La loggia degli innocenti, Rizzoli 2005, pp. 391, E 16.50).
Siamo in agosto, il caldo e l’afa irritano il commissario, che alle otto della mattina inizia la sua giornata visitando la posta. Apre la cartella che la contiene e, proprio in cima, Ferrara trova il rapporto sul decesso di una giovanissima ragazza, presumibilmente morta per un’overdose.
Il commissario non riesce ad evitare di fare una serie di riflessioni. E’ ancora una bambina, non si sa come si chiami perché senza documenti e nessuno ne ha denunciato la scomparsa. E’ possibile che una ragazzina, dell’apparente età di 14 anni, sia già così dipendente dalla droga da morirne?
Tutto sembra indirizzare verso un tragico incidente, ma Ferrara non riesce ad esserne convinto. Il commissario inizia ad investigare e prova strane sensazioni, sensazioni date non da fatti, ma dall’abitudine che un buon poliziotto ha di osservare, a tutto tondo, ciò e chi lo circonda. Decide di dare un nome alla bambina morta, come per una forma di rispetto, e la chiama Stella.
Michele Ferrara è un poliziotto che non si è costruito una corazza che lo tenga emotivamente lontano dagli orrori che vede a causa del suo lavoro. Perdere sensibilità, per un investigatore, può voler dire dare per scontato ciò che non lo è.
Dopo qualche giorno dal ritrovamento in Versilia di Stella, viene trovato il corpo di un uomo. E’ stato ammazzato e il commissario scopre che il maggior sospettato è il suo amico di infanzia.
Cosa lega queste due morti? Perché il suo amico è scomparso, avvalorando così la tesi della sua colpevolezza?
Sono tre gli ambienti coinvolti dalle indagini del capo della Mobile di Firenze: mafia, droga e logge massoniche.
Michele Giuttari, che non dobbiamo dimenticare essere un commissario a capo di un ufficio investigativo della questura di Firenze, ha costruito un intreccio che lascia il lettore costantemente in attesa, durante il lento svolgersi dell’indagine, fino alla soluzione finale. Soluzione che si completa con l’incastro perfetto di tutti i tasselli.


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