Le recenti dichiarazioni di Pelosi,
già processato e condannato
per l’uccisione dello scrittore,
riaprono uno scenario inquietante
Alcuni mesi fa, lei ci ha rilasciato una intervista sul caso Pasolini, partendo dalla scena del crimine, a proposito della quale lei ripete che c’era stata qualche omissione. Ora sono uscite fuori altre testimonianze che forse cambiano o confermano il quadro.
La novità è che Pelosi, per la prima volta, dopo trent’anni dal delitto ha confessato di non essere stato solo sul luogo del delitto.
Da un punto di vista strettamente tecnico-processuale non ha detto nulla di nuovo, perché una sentenza del tribunale per i minorenni, una sentenza della Corte d’appello minorile, ed infine la sentenza della Cassazione, hanno sostanzialmente avallato sempre la presenza di ignoti. In modo particolare la prima sentenza, quella del Tribunale per i minorenni di Roma che era presieduta da Carlo Alfredo Moro. Quindi, dal punto di vista strettamente tecnico- processuale non è una novità. E’ viceversa una novità notevole il fatto che sia lui, che è stato l’unico protagonista ritrovato dalle Forze di polizia, l’unico protagonista preso in flagranza di reato, perché è stato arrestato dopo qualche minuto dalla uccisione di Pier Paolo Pasolini, proprio lui, finalmente, dopo trent’anni ammette quello che la parte civile, che io come parte civile avevo sostenuto, e che era stato recepito in tre sentenze dei tribunali della Repubblica. Adesso il problema che si pone qual è? A distanza di trent’anni è possibile ricostruire i fatti così come sono andati? Sarebbe possibile e molto semplice se Pelosi dicesse l’altra parte di verità, quella che nasconde. Pelosi sicuramente dice la verità, una verità acclarata dalle carte processuali, però sarebbe utile che dicesse l’altra parte che lui sicuramente conosce. Insomma, il problema è che Pelosi è reticente. Reticente su due punti fondamentali direi. Il problema secondo me è che Pelosi è un’esca consapevole, quindi un complice del delitto. Naturalmente è una persona che non tocca Pier Paolo Pasolini, non uccide Pasolini, lo porta sicuramente in un agguato.perché non contribuisce all’uccisione. Perché non ci può essere da una parte un cadavere, quello di Pier Paolo Pasolini martoriato, dissanguato, E dall’altra parte Pelosi vestito, direi, quasi elegantemente, senza una macchia di sangue. Però è anche molto probabile che lui sia stato un’esca consapevole, che quindi conosce i veri assassini e quindi l’inchiesta sarebbe facile se lui decidesse di fare i nomi di questi assassini.
Senza la collaborazione di Pelosi si può arrivare? C’è una traccia che io mi sono permesso di indicare agli inquirenti che è quella di Citti. Citti parla di un agguato teso a Pasolini, che potrebbe andare in sintonia con l’agguato di cui parla Pelosi. Solo che Citti è in grado di dare qualche elemento in più. Credo che Citti sia stato già sentito, è stato sentito sicuramente anche Pelosi. Ora il clima è cambiato, non c’è (come c’è stato) il desiderio di non indagare sui mandanti o sugli esecutori dei mandanti di Pier Paolo Pasolini, perché poteva venire fuori un mandante politico importante, scomodo alla Procura Generale, (voglio ricordare che l’inchiesta di Pasolini era affidata alla Procura generale che aveva avocato l’inchiesta dal tribunale per i minorenni). Oggi è competente la normale Procura della Repubblica che è diretta da un magistrato di prim’ordine, che ha affidato il caso a due magistrati. Quindi se ci sono elementi di indagine, tracce di indagine da sviluppare, sicuramente questi lo sapranno farenella maniera migliore.
Immediatamente dopo i fatti un intervento della Procura generale vero, investigativo, scatenando le forze dell’ordine di cui disponevano allora, si sarebbero trovati i veri assassini, i nomi, i mandanti, gli esecutori, e così via.
Questa è la prima ipotesi, che dico con rabbia, perché è un’ipotesi è ormai sfumata da trent’anni. La seconda ipotesi è che decida Pelosi di confessare i nomi degli assassini.
La Polizia Scientifica, secondo lei, è in grado di ricostruire la scena del crimine? In una intervista fatta a Carlo Bui, direttore della Uacv (Unità analisi crimine violento), il funzionario diceva che loro erano in grado di indagare sui reato del passato. In questo caso, secondo lei, sarebbero in grado?
In particolare, questa direzione di Carlo Bui è molto autorevole, scientificamente a livello altissimo.
In alcuni casi si può, ma certamente nel caso di Pier Paolo Pasolini, per esempio c’era una traccia di sangue sul tetto della macchina sportiva che ad una prima sommaria analisi non era risultata né di Pelosi né di Pier Paolo Pasolini. Su questa traccia oggi non è possibile intervenire per un fatto molto semplice, che non è soltanto il passaggio di trent’anni ma il fatto che la macchina è rimasta incostudita. La Procura dei minori non aveva neppure provveduto a far ricoverare la macchina. Quindi aveva piovuto, la macchina era rimasta per due giorni e mezzo all’acqua, al vento, al sole. E fu questo uno dei motivi che mi indussero a chiedere la avocazione alla Procura generale di Roma. Però la traccia di sangue ormai non era più utilizzabile. Certo, se si trovasse qualche elemento si potrebbe, con gli strumenti scientifici di oggi, si potrebbe andare più a fondo. Ma temo che in questo non ci sia niente su cui appigliarsi. Ripeto. A meno che Pelosi non parli, a meno che non si sviluppino tracce investigative che possono poi essere approfondite sul piano scientifico.
(Intervista a cura di Paolo Andruccioli)
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