Intervista con Roberto Mirabile,
presidente dell’Associazione
nata otto anni addietro a Reggio Emilia,
che ha scelto di fare
“formazione e informazione”
per contrastare il triste fenomeno
Intorno al tema della pedofilia si fa un gran parlare. La caramella buona, nata ormai otto anni fa a Reggio Emilia, è un’associazione che ha scelto di fare della formazione e dell’informazione i propri valori fondanti affinché non siano il timore, l’allarme a prevalere quanto la conoscenza e la consapevolezza. Questo tanto tra gli adulti quanto tra i bambini. Ne abbiamo parlato col presidente, Roberto Mirabile.
La caramella buona è stata creata nel 1997. Come è nata l’esigenza di un’associazione come questa?
La scelta è nata da un gruppo di ragazzi, naturalmente volontari. Sono stati i fatti di cronaca a spingerci ma anche la sensazione che ci fosse bisogno di un modo diverso di approcciarsi alla pedocriminalità. Senza allarmismi ma permettendo ai giovani e ai meno di acquisire strumenti di osservazione perché – come dico io- “E’ importante che un bambino sappia bene la differenza tra una carezza sulla fronte e una data fra le cosce”. Tutto il nostro agire si fonda sull’esperienza: è da lì che ci attiviamo per cercare una soluzione. La cosa che ci ha fatto scattare è stato renderci conto che il fenomeno della pedofilia era in crescita e a farsene promotore era un numero sempre maggiore di abbienti, professionisti. Una vera rete d’élite. E’ infatti assolutamente raro che si avvicini al commercio pedofilo di immagini l’operaio che paghi 2mila, 3mila euro per vedere un neonato violentato.
Come siete passati dal progetto alla prassi?
A spingerci sono stati sempre eventi di cronaca. Lo stretto collegamento con la realtà è uno dei cardini della nostra azione. Abbiamo capito che era ora di smettere di immaginare e fare congetture, era il momento di cominciare ad agire. Il problema fu che a due anni dalla nascita de La caramella buona eravamo ancora una realtà piccola. Ci fu poi il caso eclatante di un pedofilo molto noto che si era trasferito in un piccolo paese dell’emiliano con sgomento della cittadinanza. Fu in quell’occasione che le Forze di polizia iniziarono a chiedere il nostro supporto e da lì cominciò una bella sinergia che ci porta oggi ad essere una delle associazioni più attive in Italia.
In che consiste il vostro operato?
Maggiormente in un’opera di formazione mirata alla prevenzione dell’abuso. E’ fondamentale offrire strumenti e conoscenze agli adulti che hanno il compito di “ascoltare” i bambini: solo così si può affrontare un serio discorso di prevenzione dell’abuso (abuso non solo fisico, ma anche psicologico). Facilitare la “lettura” di eventuali disagi nei bambini è obiettivo primario dei corsi di formazione dell’organizzazione. Ci rivolgiamo tanto agli adulti quanto ai bambini e i nostri operatori sono in grado di parlare di pedofilia con entrambi. Quello che cambia è il linguaggio, i contenuti sono gli stessi. All’inizio abbiamo incontrato difficoltà con questo approccio. Molti insegnanti e operatori sociali ritenevamo che di “determinate tematiche non si dovesse parlare coi bambini”. Noi riteniamo l’esatto contrario ma che ci sia un modo specifico per rivolgerci a loro.
La prima volta che abbiamo messo in atto questa scelta è stato quando ci toccò andare a parlare con dei genitori e raccontare loro che i loro figli erano stati per un anno vittime di abusi sessuali. Come dirglielo? Quale linguaggio usare? Ci siamo riusciti e di lì abbiamo tentato di riprodurre questo esempio con il tentativo di non generare mai allarmismo.
Oltre all’informazione e alla formazione di base diretta a genitori, maestri e bambini c’è poi la formazione specialistica. Quella rivolta agli esperti del settore, ad avvocati, psicologi e Forze di polizia. A completare il tutto ci sono poi le consulenze gratuite: via mail o via telefono. Nell’arco di 24/48 ore dalla richiesta di aiuto o informazioni i nostri operatori rispondono cercando di consigliare la persona che chiede indicazioni o di supportare – anche attraverso la consulenza dei nostri legali – chi ha bisogno di loro.
Come promuovete i vostri progetti?
Oggi La caramella buona è una realtà che comincia ad essere piuttosto nota. All’inizio abbiamo cominciato col passaparola ma dopo aver cominciato a lavorare costantemente sul territorio abbiamo ricevuto un finanziamento dalla Regione Emilia che ci ha permesso di attivare i corsi di base e promuovere le nostre attività.
Il progetto “Pollicino” in che consiste?
Il progetto “Pollicino” è partito l’8/11/03 ed è rivolto agli agenti di Polizia Municipale, promosso dal Comune di Soliera in collaborazione con l’associazione La caramella buona per la prevenzione ed il contrasto degli abusi sui minori. E’ un progetto "anti-pedofilia" co-finanziato dalla regione Emilia Romagna che mira a fornire strumenti utili di investigazione del fenomeno criminoso da un lato, ma più in generale a formare/informare una vasta platea di soggetti - dai genitori, agli educatori, agli insegnanti sino ai bambini stessi - per imparare a riconoscere il fenomeno (dagli adescamenti ai siti pedofili su internet, al disagio manifestato dal minore) e prevenire gli abusi sui soggetti più deboli della società.
In quell’occasione, docenti, esperti informatici, medici e psicoterapeuti, criminologi ed investigatori, si avvicendano per fornire il contributo, le loro inchieste, la loro testimonianza.
Oltre alla formazione investigativa degli agenti di Polizia Municipale e ai metodi di coordinamento tra le varie Forze dell'ordine, il progetto “Pollicino” prevede fasi successive con l’ampio coinvolgimento di diversi soggetti sociali.
Nel programma per genitori e studenti è prevista anche la proiezione di “Territori d’ombra” di Paolo Modugno, film drammatico raccontato con la struttura ed il ritmo di un film noir, da urlo di rabbia contro la violenza esercitata sui deboli, sui puri, sugli innocenti.
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Lettera di una mamma
Mi chiamo Marinetta, ho 44 anni, vivo a Modena e da quasi 25 anni lavoro come educatrice d'infanzia presso un nido del Comune di Modena. Però sono soprattutto la mamma di Valentina, una splendida ragazzina che oggi ha quasi 13 anni.
Nel caso di mia figlia, il pedofilo era una persona conosciuta, in apparenza una brava persona: marito, padre di due figli ormai grandi.
Conoscevamo lui e la sua famiglia da tempo, perché durante le vacanze estive, occupavano l’appartamento attiguo al nostro.
Così quando Valentina mi ha comunicato il suo disagio nei confronti di quest’uomo che la veniva a spiare e che le diceva delle “cose”, io non volevo credere che proprio lui, che mia figlia l'aveva vista crescere, potesse farle del male.
Gli occhi di Valentina (allora undicenne) però parlavano chiaro e l’ho smascherato.
Abbiamo sporto denuncia, abbiamo scelto di costituirci parte civile e di chiedere un risarcimento per i danni morali che avremmo devoluto all’associazione “La caramella buona”; abbiamo quindi atteso con fiducia per quasi due anni il processo.
Il nostro avvocato, la dottoressa Cristina Girardi di Cattolica, ci disse che c’era stato il rinvio a giudizio e che anche l’ormai terzo pm titolare del caso, la dottoressa Francesca Zavaglia, aveva dato garanzia che non avrebbe mai accettato il patteggiamento per simili reati. Invece, qualche giorno prima dell’udienza, il nostro avvocato ci comunicò che lo stesso pm aveva acconsentito al patteggiamento della pena!
La sentenza: dieci mesi e un giorno con sospensione della pena, spese di giudizio che non andranno a coprire la metà di quelle da noi sostenute, nessun risarcimento da devolversi all’Associazione contro la pedofilia.
La delusione è stata tanta. Il patteggiamento mette sullo stesso piatto il ladruncolo e il pedofilo ma, cosa più grave, mette di conseguenza sullo stesso piatto una bicicletta rubata e un bambino violato.
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