Mi chiamo Marinetta, ho 44 anni, vivo a Modena e da quasi 25 anni lavoro come educatrice d'infanzia presso un nido del Comune di Modena. Però sono soprattutto la mamma di Valentina, una splendida ragazzina che oggi ha quasi 13 anni.
Nel caso di mia figlia, il pedofilo era una persona conosciuta, in apparenza una brava persona: marito, padre di due figli ormai grandi.
Conoscevamo lui e la sua famiglia da tempo, perché durante le vacanze estive, occupavano l’appartamento attiguo al nostro.
Così quando Valentina mi ha comunicato il suo disagio nei confronti di quest’uomo che la veniva a spiare e che le diceva delle “cose”, io non volevo credere che proprio lui, che mia figlia l'aveva vista crescere, potesse farle del male.
Gli occhi di Valentina (allora undicenne) però parlavano chiaro e l’ho smascherato.
Abbiamo sporto denuncia, abbiamo scelto di costituirci parte civile e di chiedere un risarcimento per i danni morali che avremmo devoluto all’associazione “La caramella buona”; abbiamo quindi atteso con fiducia per quasi due anni il processo.
Il nostro avvocato, la dottoressa Cristina Girardi di Cattolica, ci disse che c’era stato il rinvio a giudizio e che anche l’ormai terzo pm titolare del caso, la dottoressa Francesca Zavaglia, aveva dato garanzia che non avrebbe mai accettato il patteggiamento per simili reati. Invece, qualche giorno prima dell’udienza, il nostro avvocato ci comunicò che lo stesso pm aveva acconsentito al patteggiamento della pena!
La sentenza: dieci mesi e un giorno con sospensione della pena, spese di giudizio che non andranno a coprire la metà di quelle da noi sostenute, nessun risarcimento da devolversi all’Associazione contro la pedofilia.
La delusione è stata tanta. Il patteggiamento mette sullo stesso piatto il ladruncolo e il pedofilo ma, cosa più grave, mette di conseguenza sullo stesso piatto una bicicletta rubata e un bambino violato.
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