Le statistiche mondiali dimostrano
in modo inequivocabile
che il fenomeno è in netta espansione
ma che può essere combattuto e sconfitto
con la collaborazione di tutti i cittadini.
Le operazioni di Polizia in Italia
Adolescenti, bambini e talvolta neonati intrappolati nella rete di adulti senza scrupoli. Obiettivo il piacere; mezzo, lo sfruttamento dei più piccoli. In poche parole la pedofilia, un fenomeno in continua crescita nei paesi del cosiddetto “mondo nord”.
E’ notizia recente l’imponente operazione contro la pedofilia su internet svoltasi a Milano col nome di “icebreaker”. Dopo mesi di indagini sono finite nel mirino degli inquirenti oltre 150 persone in tutta Europa. L’indagine si è avvalsa della collaborazione dell’Interpol e delle polizie di 13 paesi.
Tutto è cominciato circa 2 anni fa, quando l’associazione “Arcobaleno” denunciò ai Nas di Firenze un possibile traffico di organi che avveniva attraverso un sito internet. Le indagini si ampliarono e passarono alla procura di Pistoia che, capendone le proporzioni, chiese il supporto del Nucleo Operativo di Roma.
Venne fuori un ampio scenario legato alla pornografia minorile che coinvolgeva, oltre all’Italia, numerosi paesi. A questo punto si chiese l’intervento dell'Europol che ha prodotto 150 indagati e decine di perquisizioni simultanee che hanno permesso il sequestro di 100 pc, 2900 dvd e cd, 300 videocassette e 35 schede di macchine fotografiche. Gli indagati italiani sono 56, sparsi per tutta la penisola.
Per capire le proporzioni dell’operazione, gli inquirenti hanno parlato di “11 mila contatti quando è stato messo sotto controllo il sito”.
A sentire alcuni specialisti, informatici conoscitori della rete: “Tutto gira attorno ai Bbs (Bullettin Board System). I Bbs sono delle bacheche elettroniche, una sorta di forum ma con delle differenze sostanziali. Mentre per attivare un forum occorre un server a cui appoggiarsi (in quel caso la polizia può risalire a chi lo gestisce), queste comunità virtuali hanno dei server che ogni volta rimandano ad altri”. La procedura d’accesso ai siti è, purtroppo, molto facile. “Utilizzando parole chiavi – spiegano - qualsiasi motore di ricerca propinerà centinaia, migliaia di risultati linkando altrettante pagine da visitare. Il 90 % sono siti ragnatela, costruiti con il solo ed unico scopo di attirare i visitatori verso vane promesse del "tanto agognato" materiale, ma il restante 10 % contiene veramente materiale pedopornografico, con tanto di indicazioni verso altri siti”.
Il problema è che risalire al pc connesso è molto difficile. Se è possibile identificare un numero telefonico, non è altrettanto semplice dimostrare la presenza fisica dell’eventuale incriminato davanti al computer mentre veniva commesso il reato e poi – fanno notare gli esperti – “Anche se il fatto venisse accertato, l’utente può sempre scaricare la colpa su speciali programmi che permettono ad un altro utente, dal suo pc, di controllare e manipolare un pc altrui, potendo, a rigor di logica, caricare immagini pedopornografiche sul computer controllato”.
Le indagini sono rese più difficili dal fatto che nella stragrande maggioranza dei casi, i siti contenenti materiale illegale risiedono fisicamente su servers in paesi e stati lontani, senza i dovuti organi di controllo ma soprattutto senza i collegamenti con i nuclei informatici degli altri stati. Purtroppo a rinforzare le schiere dei pedofili sono sempre più professionisti, persone esperte che il mondo telematico e giuridico lo conoscono bene. Ma anche individui attratti dal business che gira intorno. Nel mondo, la pedofilia alimenta un mercato di almeno centomila miliardi all’anno. Un mercato che conta: dai 2 ai 3 milioni in Thailandia; dai 40mila ai 200mila nelle Filippine, dai 70mila ai 100mila in Giappone; circa 2 milioni in Brasile e 25mila nella Repubblica Dominicana; 60mila in Russia.
“Una riduzione in schiavitù - leggiamo sul portale dell’associazione emiliana contro la pedofilia La caramella buona (si veda in queste pagine l’intervista al Presidente dell’Associazione) - riservata anche a molte meninas de rua che, rapite dalle strade di Fortaleza o di Rio de Janeiro, vengono vendute e trasportate nei garimpos: i giacimenti diamantiferi dell’Amazzonia. Queste ragazzine sono costrette a vivere nei bordelli, dentro il cuore della foresta amazzonica, completamente isolate e con poche possibilità di uscirne libere o vive. La loro età va dai 10 anni per non superarne i 20. Sono sottomesse giorno e notte a uomini sporchi e violenti, abituati a qualsiasi trattamento, come la curra (lo stupro di gruppo), come le frustate e il limone sulle ferite, come il far abortire le giovani a calci sul ventre o utilizzando i ferri da calza. Le meninas dei garimpos non posso fuggire, non hanno scampo: la schiavitù per debito le imprigiona in una spirale senza fine che, per molte di loro, significa morte”.
Tra i tratti più agghiaccianti c’è poi quello della chicken porn o pornografia minorile che conta circa 250 milioni di copie di video vendute in tutto il mondo. Video che spesso sfociano in autentici snuff movies in cui le vittime di sevizie vengono uccise durante il girato. La merce oggetto del business è venduta e sfruttata, ma non solo in loco. E come i materiali vengo diffusi e trasportai in giro per il mondo, così anche i minori. In Asia, le rotte del traffico sono: dalla Thailandia e dalle Filippine, verso l’Europa occidentale, passando dalla Russia, dalla Polonia e dall’ex Cecoslovacchia, o verso gli Usa, il Canada, l’Australia e la Nuova Zelanda. Spesso le giovani sono reclutate con false promesse lavorative o con l’inganno del matrimonio. In Europa, invece, le rotte che coinvolgono i minori nel traffico internazionale sono: dall’America Latina all’Europa; dal sud est asiatico al nord Europa; e la formazione di un mercato interno europeo, caratterizzato da movimenti est-ovest. Solo per fare un esempio – racconta Roberto Mirabile, presidente dell’associazione La caramella buona - “Si contano in Germania 15mila minorenni russe nei bordelli tedeschi, di cui il 5% con meno di 5 anni; e circa 100mila “intrattenitrici” thai, taiwandesi e filippine nei locali giapponesi”.
“La pedocriminalità – spiega Mirabile - è purtroppo presente ovunque, in ogni ambiente sociale: spesso, oltre alla famiglia, chi opera direttamente con i piccoli è coinvolto dal problema. La classe politica, le istituzioni, il clero, ognuno ha le proprie responsabilità. Gli educatori non sempre hanno la preparazione necessaria per capire gli eventuali segnali di disagio nei bambini”. Per identificarli non c’è bisogno di arrivare ai segni sulla pelle quanto piuttosto ai messaggi che i piccoli ci inviano. La violenza, infatti, non è solo fisica. Prima di tutto viene quella psicologica e già questo è sufficiente per parlare di abuso all’infanzia.
In nazioni come il Canada con l’aumento degli abusi è fortunatamente cresciuto il numero delle denunce, il numero di coloro che hanno deciso di dire “basta”. La guerra dichiarata dal Canada alla pedofilia on-line inizia a dare i suoi primi, sorprendenti risultati. Il progetto Cybertip.ca - un sito lanciato dal governo canadese il 24 gennaio del 2005 - si è dimostrato uno strumento estremamente efficace. Nei primi tre mesi di vita, grazie a Cybertip.ca, sono stati denunciati in tutto 1.394 siti in cui era possibile scambiare materiale pedofilo. Un ottimo risultato, con un aumento delle denunce pari al 298 per cento rispetto ai tre mesi precedenti, quando il sito funzionava semplicemente come progetto pilota.
“La sicurezza dei nostri bambini - ha dichiarato il vice primo ministro Anne McLellan - è una priorità per il governo canadese. Queste statistiche presentate oggi dimostrano in modo inequivocabile come tutti i cittadini possano recitare un ruolo decisivo nella lotta contro la pedofilia su internet”.
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Nessun patteggiamento
Giro di vite nella lotta contro la pedofilia e la pedopornografia.
Approvata in Commissione giustizia alla Camera una proposta di legge che inasprisce fino a due terzi la pena (oggi di tre anni) per chi commette violenza sessuale sui minori di 16 anni e per chi detiene o pubblica materiale pedopornografico “in grande quantità”. “Per questi reati - ha spiegato la relatrice Marcella Lucidi - è stato anche escluso il patteggiamento”.
Il testo di legge deve ora tornare in Senato.
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